I bond convertibili potrebbero essere pronti a tornare. E con essi, dicono gli analisti di Morningstar, anche i fondi dedicati a questo strumento particolare che nasce come obbligazione corporate ma che può trasformarsi in titolo azionario della società emittente.
L’asset class, ultimamente, non ha regalato grandi soddisfazioni agli investitori. I fondi raccolti nella categoria Morningstar dedicata ai portafogli che investono nei Global convertible bond nel 2017 hanno perso (mediamente e in euro) lo 0,37%. Da inizio anno si sono lasciati per strada l’1,7%. E’ andata un po’ meglio nel lungo periodo: in 10 anni hanno segnato +5,5% (annualizzato). Ma quando suonerà la sveglia? “Ci sono due elementi da tenere in considerazione”, spiega Michael Ryval, analista di Morningstar. “Il rialzo dei tassi da parte delle Banche centrali, che potrebbe rendere interessanti le obbligazioni, unito al calo dei mercati azionari che, soprattutto in alcune zone del mondo, fa vedere nuove opportunità in tutti gli strumenti legati all’equity”.
La Federal Reserve, da parte sua, ha già iniziato l’opera di stretta monetaria. “L’Europa deve ancora muoversi, ma è solo una questione di tempo prima che l’inflazione, anche nel Vecchio continente, inizi ad alzarsi costringendo l’Eurotower a intervenire”, dice Ryval. L’Asia può fare la sua parte. “Le azioni dei paesi emergenti sono state ignorate per molto tempo e, nonostante stiano attraversando una fase di ripresa, sono molto più a sconto rispetto a quelle delle regioni sviluppate. Anche questo può contribuire ad illuminare gli strumenti di investimento equity based”.
Un Bronze per i convertibili
Nei diversi insiemi che formano l’universo dei fondi dedicati ai Global convertible bond venduti in Italia, l’unico con Analyst rating positivo (Bronze) è Jupiter Global Convert L nelle sue versioni in euro (EUR Acc HSC), in dollari (USD Acc HSC), in franchi svizzeri (CHF Acc HSC) e in sterline (GBP Acc HSC). “Questa strategia cerca di ottenere il massimo dall’asimmetria di rendimento che nasce dalla sua sensibilità all’equity e dalla sua natura obbligazionaria che agisce anche come paracadute nelle fasi di debolezza”, dice Mara Dobrescu, fund analyst di Morningstar in un report del 27 dicembre 2017. “Secondo noi il processo di investimento è rigoroso nel combinare l’analisi macroeconomica con uno studio dettagliato degli emittenti. Il livello generale di rischio, l’allocazione settoriale e quella regionale sono il risultato di decisioni top down che cercano di valutare nel loro insieme lo stato dell’economia mondiale e quello dei mercati di capitali. Il delta del fondo (la sua sensibilità ai mercati equity) va dal 20% al 60% ma di solito viene mantenuto in una forchetta tra il 30% e il 50%. Si tratta di un range più stretto rispetto a quello dei concorrenti, quindi più prudente. Per quanto riguarda gli emittenti, il gestore si concentra sull’analisi del credito per assicurarsi che le obbligazioni siano solide. Per la parte equity viene utilizzato un sistema di screening proprietario che enfatizza le componenti di valore e qualità, ma che tiene in considerazione anche il momentum. Gli emittenti che ottengono il giudizio migliore vengono sottoposti a un’ulteriore analisi che considera anche la posizione dell’azienda all’interno del settore di riferimento. Crediamo che sia un processo sicuro, applicato diligentemente nel corso del tempo”, conclude Dobrescu. (Per il report completo clicca qui. L’analisi è valida per tutti i fondi Jupiter Global Convert L, ma potrebbero esserci delle differenze nei rendimenti e nei profili commissionali delle diverse classi).
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