A leggere i titoli dei giornali e dei telegiornali, si potrebbe credere di essere tornati nel 2011, quando gli italiani scoprirono improvvisamente cosa fosse lo spread, cioè il differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e il Bund tedesco.
Nel periodo che va dal 9 al 29 maggio, lo spread tra il Btp e il Bund a dieci anni ha superato quota 300 punti, cosa che non capitava dall’estate del 2013. Esploso anche il rendimento dei tassi a due anni, aumentati di oltre il 3%. Tutto ciò mentre Moody’s ha deciso di mettere sotto osservazione il debito sovrano dell’Italia, avvertendo che il rating (attualmente pari a Baa2) verrà ridotto qualora il prossimo governo metterà in campo politiche fiscali che non saranno sufficienti a collocare il debito pubblico su una rotta sostenibile verso il basso per i prossimi anni.
Fonte: AXA IM
“Lo spread tra i decennali governativi italiani e tedeschi suggerisce che i mercati sono ancora lontani dal prezzare la possibilità che l’Italia abbandoni l’euro”, commenta Luke Hickmore, senior investment manager di Aberdeen Standard Investments in una nota. “Gli spread sono molto lontani da quelli registrati durante la crisi del debito europeo del 2011, quando i titoli di Stato dei cosiddetti paesi periferici, come l'Italia, il Portogallo e la Grecia, erano negoziati in modo simile. In altre parole, i rendimenti italiani a questo livello riflettono solo l'incertezza politica del Paese. Se gli effetti di secondo ordine, come ad esempio l’uscita dall’euro, si ripercuotessero sui prezzi, i rendimenti sarebbero molto più elevati di quanto non lo siano attualmente”.
Verso un prolungamento del Qe?
Il debito pubblico italiano (come quello di tutti i paesi dell’Ue) si appresta, prima o poi, a perdere la protezione del Quantitative easing della Banca centrale europea. Da quando il Qe è partito, nel marzo 2015, Francoforte ha acquistato 341 miliardi di euro di obbligazioni italiane e, sebbene l’ammontare si sia ridotto nel tempo, sta ancora acquistando circa 4 miliardi di euro di nuovi bond al mese. Teoricamente, da settembre di quest’anno, il ritmo di acquisti dovrebbe ulteriormente diminuire fino alla chiusura del programma a dicembre.
Tuttavia, secondo Ioannis Sokos, analista obbligazionario di Nomura, il rallentamento della crescita economica visto nel primo trimestre dell’anno e ora la crisi politica italiana, con il balzo dello spread, potrebbero convincere Mario Draghi a posticipare la normalizzazione della politica monetaria, continuando con gli acquisti di obbligazioni europee fino a settembre 2019.
Panico sui mercati, ma l’Italexit resta molto improbabile
Intanto, nell’ultimo mese Piazza Affari è scesa di quasi 9 punti percentuali, come segnato dall’indice Morningstar Italy, sulla scia dei timori di una possibile uscita dall’euro dell’Italia. In realtà, nonostante i timori degli investitori internazionali, ad oggi l’uscita di Roma dall’Eurozona appare molto improbabile: diversi sondaggi confermano che la maggioranza degli italiani non vorrebbe lasciare la moneta unica.
Ultimo in ordine di tempo, un sondaggio compiuto di recente dall'istituto EumetraMR di Milano (intervistando un campione rappresentativo della popolazione al di sopra dei 17 anni di età), ci dice che il 60% degli intervistati, in caso di referendum, voterebbe senza dubbio per la permanenza dell'Italia nell'euro. Ma i restanti non sono tutti contrari: solo il 20% (un italiano su cinque) voterebbe contro. Molti, un altro 20%, sono indecisi o, più spesso, propensi all'astensione.
Evoluzione degli indici Morningstar Italy NR e Morningstar Eurozone NR su tre mesi
Dati in euro al 30 maggio
Fonte: Morningstar Direct
“La nostra convinzione è che alla fine si troverà la soluzione più ‘alta’, con l'Italia ancorata in Europa dopo aver trovato un compromesso con Bruxelles”, si legge in un’analisi a cura di Hervé Goulletquer e Stephane Deo, responsabili della gestione de La Banque Postale Asset Management. “Il percorso che porterà a questa conclusione sarà certamente caotico, sarà quindi necessario seguire attentamente i segnali di debolezza, ma facendo attenzione a non sovrastimarli”.
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