Dopo un lungo periodo di calma piatta, nel 2018 la volatilità ha fatto è prepotentemente tornata sui mercati. L’indice VIX, il barometro della volatilità della Borsa americana, ha toccato lo scorso febbraio il livello più alto degli ultimi due anni. Da allora, la volatilità è in gran parte diminuita, ma con le banche centrali in procinto di chiudere i rubinetti, gli investitori si stanno preparando per una nuova era di maggiore instabilità sui listini.
Evoluzione dell’indice CBOE Market Volatility su sei mesi
Dati in euro al 29 maggio 2018
Fonte: Morningstar Direct
Storicamente, le strategie difensive come quelle offerte dagli Exchange Traded Fund ad alto dividendo hanno offerto una protezione durante periodi di maggiore incertezza del mercato. Tuttavia, quest’anno, almeno per il momento, non è stato il caso. Come spiega l’ultimo Asset-Class Spotlight—US Equities di Morningstar, da gennaio ad aprile, la maggior parte degli ETF ad alto dividendo statunitensi ha sottoperformato l'indice S&P 500. Lo SPDR S&P US Dividend Aristocrats ETF, che ha un Morningstar Analyst Rating pari a Silver, ha registrato un rendimento negativo del 3,32% rispetto a un rendimento negativo dello 0,55% per lo S&P 500.
Il ruolo della Fed
Questa prima parte dell’anno ha rivelato uno dei maggiori rischi dei fondi orientati ai dividendi: la loro sensibilità all'aumento dei tassi d’interesse. A marzo, la Federal Reserve ha innalzato il saggio di riferimento a un intervallo dell’1,5 -1,75%, ma con un’inflazione americana che si aggira attorno al 2%, sono previsti ulteriori rialzi dei tassi. Insomma, per la prima volta da un decennio a questa parte, i fondi azionari orientati ai dividendi competono in termini di rendimento con le strategie a reddito fisso.
Analogamente ai fondi di dividendo, i prodotti a bassa volatilità sono esposti a settori sensibili ai movimenti dei tassi d’interesse. Anche i fondi low volatility hanno sottoperformato lo S&P 500 dall'inizio dell'anno, tuttavia sono riusciti a superare il benchmark da quando il VIX ha iniziato a salire a febbraio.
Come sempre, gli investitori che cercano un’esposizione passiva e strategica attraverso gli ETF sono invitati a capire come questi prodotti siano costruiti. Due ETF che si dicono a bassa volatilità, infatti, possono presentare due portafogli completamente diversi. È il caso, ad esempio, dell’iShares Edge S&P 500 Minimum Volatility ETF e del PowerShares S&P 500 High Dividend and Low Volatility ETF. Il primo mira a costruire il portafoglio meno volatile possibile partendo dalle azioni dello S&P 500, con l’obiettivo generale del fondo è ridurre il rischio. Il secondo, invece, seleziona i titoli dello S&P 500 con i dividendi più elevati, tenendo sotto controllo i rischi filtrando alcuni dei nomi più volatili di questo gruppo e limitando il peso di singoli titoli.
L’approccio multifattoriale è la migliore difesa
L'attuale contesto dei tassi in aumento negli Stati Uniti testimonia la ciclicità dei fattori. I fattori hanno dimostrato e continueranno a dimostrare che il mercato funziona per cicli. Periodi di espansione dei mercati, saranno inesorabilmente seguiti da siccità prolungate. Con questo in mente, la diversificazione attraverso dei fattori complementari, quelli che hanno correlazioni più basse l'uno con l'altro, ha senso. “La combinazione multifattoriale – si legge nell’analisi di Morningstar – può risultare in un profilo di rischio-rendimento più stabile rispetto a qualsiasi fondo a fattore singolo”.
Gli investitori che cercano un’esposizione verso ETF azionari Usa multifattoriali possono prendere in considerazione ad esempio l’iShares Edge MSCI USA Multifactor ETF o l’UBS MSCI Select Factor Mix ETF (entrambi con Analyst Rating pari a Bronze). Non sorprende che questi fondi abbiano superato i loro concorrenti ad alto dividendo e a bassa volatilità dall’inizio dell’anno.
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