Quella dei beni di consumo difensivi è uno delle poche zone di caccia rimaste agli investitori azionari in cerca di buone occasioni. “L’universo equity, a livello globale, al momento è correttamente valutato dai mercati”, spiega Daniel Rohr, direttore della ricerca azionaria di Morningstar. “Il rapporto prezzo/fair value degli oltre 1.600 titoli che copriamo con la nostra ricerca in questo momento è pari a 1. Il segmento dei beni di consumo difensivi ha una valutazione di 0,94. In generale, comunque, in questo momento siamo positivi su tutti i comparti che sono poco sensibili all’andamento del ciclo economico. Questa posizione non deve sorprendere: l’economia mondiale è entrata nel suo nono anno consecutivo di espansione e ora c’è il rischio che le cose possano cambiare”.
Un altro segmento interessante, in ottica di peggioramento delle condizioni macro, è quello healthcare. “Ma rispetto ai consumer defensive ha valutazioni leggermente più alte (price/fair value: 0,98, Ndr)”, dice l’analista.
Perché sono sottovalutati
La sottovalutazione dei beni di consumo nasce da due fattori che si incrociano. “Alcune società del settore hanno visto un indebolimento dei loro fondamentali e molti investitori sono diventati prudenti sull’intero comparto”, spiega Erin Lash, responsabile della ricerca azionaria sulle società di beni di consumo di Morningstar. “A questo si è unito un leggero aumento dei tassi di interesse che ha reso meno interessanti i dividend yield. La situazione, però, secondo noi non dovrebbe impedire agli investitori di costruire posizioni in un segmento che presenta molti nomi con un buon vantaggio competitivo”.
In questo universo, tuttavia, bisogna muoversi con attenzione anche alla luce delle traformazioni che lo stanno interessando. “L’aumento del numero degli hard discount in Europa, in Australia e, sempre di più, negli Usa e le sfide poste dall’e-commerce hanno abbassato le barriere all’ingresso di nuovi concorrenti e hanno intensificato la corsa al ribasso dei prezzi dei prodotti”, spiega Lash. “Nel frattempo i consumatori cercano alternative ai grandi marchi: sia rivolgendosi a merce no-branded o spostandosi verso nicchie particolari come, ad esempio, i piccoli produttori artigianali di birra. Per ora le aziende consumer stanno rispondendo cercando di contenere i costi”.
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