Gli occhi dei gestori internazionali si spostano sempre più spesso sul Giappone. Una scelta inevitabile, dicono gli investitori che lavorano sui paesi sviluppati, in un momento in cui gli Stati Uniti continuano a correre e in Europa non si placano le preoccupazioni legate agli sviluppi di diverse situazioni politiche. “Gli argomenti che portano i gestori sono diversi”, spiega David Brechley, analista di Morningstar. “Parlano di crescita dei profitti più veloce rispetto ad altri mercati, delle riforme del premier Shinzo Abe che funzionano, della corporate governance che migliora e di un maggior rispetto per i piccoli azionisti”.
Value o Growth?
Quando si parla di investire in Giappone, tuttavia, una questione resta aperta: meglio i titoli value o quelli growth? Il problema non è di poco conto in un paese che ha grandi aziende di vecchio tipo che possono essere considerate value (auto e banche), ma che ha dato il passo al resto del mondo in segmenti tipicamente growth come la tecnologia e dove nascono aziende che stanno costrunendo la cosiddetta New Japan Economy (o Shin Nippon). Fra queste ci sono alcune società all’avanguardia nell’intelligenza artificiale. “Su questo punto le opionini dei manager divergono”, dice Brechely. “Secondo alcuni la struttura del mercato giapponese è tipicamente value e il numero delle aziende growth non giustifica ancora un totale cambiamento di approccio. Altri ritengono che il crescente numero di società altamente innovative giustifichi un cambio di prospettiva quando si parla dell’Arcipelago. Tutti però sono d’accordo su una cosa: l’equity giapponese è decisamente a sconto”. L’indice Morningstar Japan da inizio anno (fino al 12 settembre e in euro) ha perso l’1,3% (-5,5% in yen).
Dati in euro aggiornati al 12 settembre 2018
Fonte: Morningstar Direct
Chi ha più Giappone
Fra i fondi internazionali growth, quello che ha il maggior peso sul Giappone (25,24% del portafoglio, dati al 31 maggio 2018) è Comgest Growth World EUR R Acc (Morningstar rating 4 stelle). Tra quelli con Analyst rating, il Sol Levante è più presente (8,25% del portafoglio, dati al 30 giugno 2018) in NN (L) Global Sustainable Eq X Cap EUR (Bronze, tre stelle). “Gli analisti stabiliscono il target price per le azioni basandosi su una combinazione di modelli e di metriche di valutazione”, spiega Ronald van Genderen, fund analyst di Morningstar in un report del 13 dicembre 2017. “I candidati preferiti per entrare in portafoglio sono quelli che hanno un buon punteggio sia in termini ESG che dal punto di vista quantitativo e fondamentale. La gestione tende ad essere attiva, ma il mandato non permette di scostarsi di oltre il 3% rispetto ai nomi e del 5% dal punto di vista settoriale rispetto al paniere di riferimento”.
Fra i fondi internazionali value quello che ha il maggior peso sul Giappone (14,4%, dato al 31 dicembre 2017) è Azimut Trend (tre stelle). Tra quelli con Analyst rating il Sol Levante è più presente (10,3%, dati al 31 agosto 2018) in Nordea 1 - Global Stable Equity E EUR (Bronze, tre stelle). “Al cuore della strategia c’è la convinzione che le società con utili stabili abbiano un rapporto rischio/rendimento migliore rispetto al resto del mercato”, spiega Mathieu Caquineau, fund analyst di Morningstar in un report del 20 aprile 2018. “I gestori usano un modello quantitativo per analizzare un universo di circa 8mila nomi che siano convincenti dal punto di vista dei guadagni, dei dividendi, dei flussi di cassa e della volatilità delle azioni. Vengono preferite le società con le valutazioni più basse, ma i manager hanno un certo grado di flessibilità su questo punto. La riunione che tengono tutte le settimane serve anche per trovare un accordo sugli eventuali cambi da apportare al portafoglio in base alle indicazioni arrivate dagli analisti quantitativi di Nordea”.
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