Calo del prezzo del petrolio, discesa dell’azionario, aumento delle tensioni legate alla guerra commerciale fra Usa e Cina. C’è n’è stato abbastanza, anche nelle ultime settimane, per spingere gli investitori in bond ad essere prudenti e ad alleggerire le posizioni nel reddito fisso corporate.
A livello di categorie, quella che raccoglie i fondi che investono nella carta aziendale a livello globale ha perso lo 0,25% (fino al 27 novembre e calcolato in euro), portando a +1,46% la performance da inizio anno. Anche gli indici hanno fotografato la situazione di incertezza. Lo spread medio del Morningstar Corporate Bond Index (un proxy del mercato investmement grade) si è allargato di 13 basis point alla fine della settimana chiusa il 23 novembre. Per quanto riguarda gli high yield, l’indice BofA Merrill Lynch High Yield Master Index ha visto un allargamento degli spread di 47 punti base. Da inizio anno, il differenziale medio del segmento investment grade è aumentato di 36 bp, mentre quello del debito ad alto rendimento di 55 pb.
Pesa l’energia
“La componente energy degli indici si è indebolita in seguito al calo del prezzo del petrolio che è scivolato del 25% rispetto ai massimi recenti”, spiega Dave Sekera, direttore della ricerca e dei rating sui corporate bond di Morningstar Credit Rating. “Da quando il barile ha toccato i massimi (il 3 ottobre, Ndr) a 76,40 dollari, lo spread medio del segmento energy del Morningstar cororate bond index si è allargato di 39 puni base. Va aggiunto, però, che da inizio anno il rafforzamento dell’economia e i buoni utili hanno ristretto gli spread in altri settori compensando buona parte dell’allargamento registrato dall’energia”.
Nella tabella sottostante sono elencati i fondi della categoria Morningstar Global corporate bond con l’andamento da inizio anno, a un mese e con il peso del settore energy in portafoglio.
Fonte: Morningstar Direct
Nel frattempo il mercato osserva gli sviluppi su altri fronti. “Lo scontro fra Stati Uniti e Cina non dà segnali di un raffreddamento e i due paesi continuano a minacciarsi a colpi di sanzioni commerciali e ritorsioni”, dice Sekera. “Avvicinandosi alla fine dell’anno, poi, gli investitori cominciano a preoccuparsi sempre più del fatto che il Regno Unito non riesca ad arrivare a un accordo commerciale con l’Unione europea prima della sua uscita dal blocco a marzo 2019”. L’agreement trovato nei giorni scorsi fra governo May e Ue dovrà essere votato a dicembre dal parlamento inglese (quello del Vecchio continente lo discuterà a inizio 2019). E non tutti sono pronti a scommettere che avrà il via libera di Westminster.
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