Più della metà dei cittadini europei (61%) prevede di non poter contare sulla pensione per mantenere lo standard di vita desiderato durante la vita post-carriera, mentre una percentuale molto simile (54%) pensa che non avrà altra scelta che continuare a lavorare anche dopo aver maturato il diritto al pensionamento. In Italia, queste percentuali salgono rispettivamente al 65 e al 59%. In questo senso, tuttavia, gli italiani non sembrano essere quelli messi peggio. Spagnoli (69%), francesi (67%) e polacchi (66%) occupano il podio dei popoli più preoccupati rispetto alla propria pensione.
A dirlo sono i risultati del recente sondaggio della banca ING, dal titolo International Survey on Savings. L’analisi ha potuto contare su un campione di 14.695 intervistati cittadini di 13 paesi europei, oltre a Stati Uniti e Australia. Il campione italiano è formato da 1.634 persone.
Lo studio, che analizza in generale le abitudini di risparmio e investimento, suggerisce che la nozione di “pensionamento tradizionale” stia rapidamente diventando obsoleta. Infatti, quasi un terzo di coloro che ancora lavorano dichiara di non essere in grado di conoscere quando andrà in pensione (29%), e un ulteriore 11% crede che lavorerà per il resto della vita.
“Questi risultati fanno luce sulla reale portata dei problemi che molti stanno affrontando nel raggiungere obiettivi di risparmio a lungo termine, in particolare la pensione”, commenta in una nota Jessica Exton, analista comportamentale di ING. “La pianificazione a lungo termine è difficile quando ci si trova ad affrontare sfide di risparmio a breve termine, una tendenza osservata in tutti i paesi esaminati”.
Una mano potrebbe arrivare dall’innovazione tecnologica. Il sondaggio, infatti, suggerisce anche che, malgrado l’interesse attorno al fintech, solo il 21% delle persone in Europa usa delle app per fare investimenti e solo un quarto (25%) le utilizza per visualizzare investimenti a lungo termine. Queste hanno maggiori probabilità di essere impiegate per spendere o trasferire denaro (50%), indicando che lo sviluppo e l’adozione di strumenti che possono avere un impatto positivo sui risparmi a lungo termine rimane un’opportunità non ancora sfruttata.
Certo, avere a disposizione degli strumenti che permettano di controllare le proprie finanze, i propri consumi e di poter pianificare anche a lunghissimo tempo è fondamentale, ma forse occorrerebbe innanzitutto fare un passo indietro e partire dall’educazione finanziaria, soprattutto in un paese come l’Italia che non primeggia certo per conoscenze in materia.
Secondo uno studio pubblicato l’anno scorso da State Street Global Advisors in collaborazione con Prometeia, infatti, il 75% degli under-35 italiani afferma di avere nozioni limitate o inesistenti sulle pensioni, e il 70% delle famiglie pensa di non avere informazioni sufficienti sulle pensioni integrative. La prima conseguenza di questa mancata conoscenza in materia riguarda il poco successo delle forme di previdenza integrativa. Malgrado la riduzione del welfare, di fatti, le somme investite in fondi pensione e altri strumenti del secondo pilastro rimangono in Italia molto contenute e rappresentano appena il 9,6% del Pil, una delle percentuali più basse tra i paesi Ocse.
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