Negli Stati Uniti, è alle porte la stagione delle assemblee societarie, che generalmente va da metà aprile a fine giugno ed è anche chiamata proxy season perché gli azionisti sono chiamati a votare direttamente o per delega su questioni legate alla governance e alla direzione strategica di un’azienda. Le questioni all’ordine del giorno possono essere le più diverse da eventi relativi alla struttura del capitale sociale, a fusioni e acquisizioni, a cambiamenti nei consigli di amministrazione e così via.
Il termine “proxy”, in senso stretto, si riferisce a come gli azionisti esercitano il loro voto, ma con un significato più ampio è arrivato ad abbracciare tutte le attività connesse alle assemblee delle aziende, che, per altro sono sottoposte a regolamentazione da parte delle autorità di vigilanza (la Sec negli Usa).
Oltre la governance, più attenzione ai rischi ambientali e sociali
“Gli azionisti usano il voto in assemblea per influenzare le pratiche di governo societario da circa 80 anni”, spiega Jackie Cook, Director of Manager Research Sustainable stewardship di Morningstar , intervenuta al Salone del risparmio il 4 aprile. “Se guardiamo lo storico delle risoluzioni, vediamo come queste pratiche mirassero a rafforzare la corporate governance, combattendo visioni strategiche di breve periodo, già prima della crisi finanziaria del 2008”.
Negli ultimi anni, tuttavia, qualcosa è cambiato. Sono aumentate le proposte e le delibere sui temi ambientali e sociali perché gli azionisti sono sempre più preoccupati per i rischi che l’impresa può correre se non prende in seria considerazione questi aspetti. I dati Morningstar rivelano che il supporto a queste risoluzioni è passato dal 12 al 24% negli ultimi quindici anni.
Come è cambiato il supporto alle risoluzioni su ambiente e società negli ultimi 15 anni nelle assemblee degli azionisti USA
Il ruolo dei grandi investitori
“Nel 2018, dieci delibere su questioni E&S (environmental e social) sono passate nonostante l’opposizione del management”, precisa Cook. “Quelle che hanno ricevuto più consensi erano relative ai cambiamenti climatici e al rischio reputazionale”. In molti casi le risoluzioni sono state ritirate prima di arrivare in assemblea grazie al dialogo intrapreso tra gli investitori, spesso grandi case di gestione, e le aziende per affrontare le questioni legate alla sostenibilità e al governo societario. In termini tecnici, questa attività è definita engagement o partecipazione attiva.
L’altra faccia della medaglia è la stewardship, un termine inglese che non è facilmente traducibile in italiano e che si riferisce proprio al coinvolgimento attivo degli investitori istituzionali nella governance delle società che hanno in portafoglio. Proporre risoluzioni nelle assemblee, utilizzare il voto in delega (proxy) e fare engagement con i manager delle imprese possono essere tutte considerate strategie di stewardship per proteggere il valore di lungo termine del patrimonio gestito.
Trasparenza sul voto
Dal 2004, i fondi comuni di investimento americani hanno l’obbligo di pubblicare le politiche, le procedure e i loro voti nelle assemblee (che sono archiviati dalla Sec). Con l’acquisizione di Fund Votes research, società fondata da Jackie Cook, Morningstar è stata in grado di analizzare questi dati, con riferimento agli ultimi 15 anni.
“L’analisi mostra chiaramente che i grandi asset manager hanno accresciuto nel tempo il loro supporto alle delibere relative a temi ambientali e sociali”, spiega Cook. Non solo, ma hanno cominciato a guardare tutte le proposte assembleari con gli occhi della sostenibilità. “State Street ha detto pubblicamente che voterà contro i consigli di amministrazione che non promuoveranno azioni per diversificare la composizione di genere”, continua la ricercatrice. “BlackRock ha dichiarato che si aspetta effettive competenze ambientali nei board delle aziende esposte ai rischi climatici. Queste iniziative possono influenzare il voto anche su aspetti di governance come ad esempio la nomina dei consiglieri e il Say-on-Pay (dal 2011, la Sec richiede che le società offrano agli azionisti un voto consultivo sui compensi dei dirigenti nel precedente anno fiscale, Ndr). E’ un fatto importante dato che agli alti livelli il controllo dei rischi ESG e carente e le strutture di incentivo raramente incorporano le metriche di sostenibilità”.
Supporto dei grandi asset manager americani alle risoluzioni sul clima e gender diversity
Tuttavia, l’analisi mostra anche che non sempre le dichiarazioni di intenti dei grandi gestori si sono tradotte in voti a favore di risoluzioni sul clima. Al contrario, in alcuni casi sono stati contro. “Una possibile ragione sono le pratiche di proxy voting”, spiega Cook. “In alcune società, tali attività di voto sono coerenti per tutta la gamma, in altre il gestore ha più discrezionalità in alcuni casi” (Per approfondimenti, leggi qui).
Pericolo lobby
Il diritto di proporre e votare risoluzioni nelle assemblee societarie è considerato un pilastro della democrazia degli azionisti negli Stati Uniti. Tuttavia, rischia di essere messo in discussione dalla richiesta di alcune lobby industriali di porre dei limiti a questa attività. “Morningstar si è fermamente opposta a tali cambiamenti durante un incontro promosso dalla Sec, in quanto considera l’attuale procedura un contributo prezioso al funzionamento del mercato azionario statunitense”.
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