L’Europa cresce, ma ha di che preoccuparsi. L’indice Morningstar dedicato al Vecchio continente nell’ultimo mese (fino all’8 aprile e calcolato in euro) ha guadagnato il 4,82%, portando a +15,56% la performance da inizio anno (-11% nel 2018).
Indice Morningstar Europe
Dati in euro aggiornati all'8 aprile 2019
Fonte: Morningstar Direct
Caos Brexit
Pur indicando un cambio di rotta rispetto all’anno scorso, il trend deve fare i conti con alcune incognite. La prima riguarda la situazione caotica dell’uscita del Regno Unito dall’Ue che ogni giorno registra novità sulla tempistica e sulle modalità dell’addio (gli ultimi colloqui fra Unione Europea e il Regno Unito hanno portato a un nuovo rinvio flessibile di Brexit. In pratica il Regno Unito avrà tempo fino al 31 ottobre per uscire dall’Ue. Potrà farlo però se prima il Parlamento britannico voterà a favore di un accordo sulle condizioni di uscita). “Al di là dei timori iniziali di una disintegrazione del blocco economico e politico, il timore principale degli investitori è la possibilità che il Regno Unito lasci l’Unione europea senza accordo, soprattutto a causa degli effetti negativi che potrebbe avere sull'economia”, spiega Ludovic Colin, Head of Global Flexible Bonds di Vontobel. “A nostro avviso, in questo momento e a breve termine, l’innesco più probabile di una recessione nell'Unione europea sarebbe un’uscita disordinata”.
Nell’immagine in basso (elaborazione BBC) sono illustrati i possibili prossimi passaggi legati a Brexit.
A livello di categorie Morningstar dedicate ai fondi che investono nel Vecchio continente, la più esposta al Regno Unito è quella riservata agli strumenti che investono nelle small cap dove, mediamente, il paese pesa per il 22,4%. Nella tabella sotto sono elencati i 10 fondi che hanno la maggiore esposizione netta all’azionario UK.
Chi frena l’area euro
A complicare le cose per chi investe nella regione sono arrivate le ultime previsioni del Fondo monetario internazionale. Per l’area della moneta unica, la crescita è vista in rallentamento all’1,3% quest’anno (dall'1,8% dell'anno scorso e 0,6 punti in meno di quanto stimato a ottobre). Potrebbe poi esserci un rafforzamento all'1,5% nel 2020. Il fondo ricorda come la crescita sia peggiorata particolarmente per alcune economie: spiccano la Germania, la Francia e l’Italia. I motivi sono simili per tutti: domanda interna debole e spread elevati. Per altro, proprio ai rendimenti alti è collegato il rischio di “mettere sotto pressione le banche, pesare sull'attività economica e peggiorare la dinamica del debito pubblico”, dice il Fondo.
Versione aggionata all'11 aprile 2019
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