La terza freccia del Giappone scoccata dal premier Shinzo Abe inizia a far sentire i suoi effetti. Si tratta, in sintesi, di un programma di riforme strutturali di lungo periodo (iniziato nel 2015) per consentire un aumento degli investimenti nel settore privato, maggiore competitività e un innalzamento del tasso di popolazione attiva soprattutto con l’inserimento del lavoro femminile. In poche parole: un miglioramento della corporate governance.
La prima freccia prevedeva (e prevede) un’audace politica monetaria espansiva. La seconda consiste in una politica fiscale flessibile (entrambi i punti hanno l’obiettivo di stimolare la crescita attraverso l’aumento della spesa pubblica e dei consumi).
Azionisti più ricchi
Uno dei sistemi per misurare i miglioramenti del Giappone in termini di corporate governance sono i dividendi, un elemento per il quale il Sol levante non ha mai brillato in quanto a generosità. Secondo le ultime elaborazioni basate sul Janus Henderson Global Dividend Index, il paniere che periodicamente fotografa l’andamento delle cedole a livello globale, nel quarter chiuso a settembre 2018 il Giappone attraverso i dividendi ha messo nelle tasche degli azionisti delle sue società il 9% in più rispetto al trimestre precedente.
Indice Janus Henderson dividend relativo al Giappone
Fonte: Janus Henderson
I dividendi non sono l’unico fronte sul quale il Giappone sta cambiando atteggiamento. “In passato le aziende avevano l’abitudine di effettuare grossi investimenti nelle fasi di espansione economica, creando una dannosa situazione di sovrainvestimento all’apice del ciclo, seguita da un crollo della redditività e da un’impennata delle svalutazioni nelle fasi di rallentamento della crescita”, spiega Alex Lee, Gestore azionario di Columbia Threadneedle Investments. “Oggi, invece, le imprese sembrano adottare un approccio molto più meditato, anche perché stentano ad assicurarsi la manodopera di cui hanno bisogno per espandersi. Di conseguenza, i loro investimenti sono sempre più concentrati sull’efficienza anziché sulla crescita della capacità. Le aziende antepongono la redditività a un’espansione inappropriata delle vendite. L’impiego più efficiente del capitale contribuisce a proteggere i margini e a sostenere i prezzi. La fine di questo andamento fortemente pro-ciclico degli investimenti riveste una notevole importanza, poiché accrescerà la capacità di tenuta delle imprese nelle fasi di recessione economica, riducendo pertanto la loro esposizione al ciclo economico globale”.
Il quadro macro
In Giappone la produzione industriale ha mostrato a febbraio un rialzo dello 0,7% rispetto al mese precedente, secondo la lettura finale, diffusa oggi, che si confronta con un +1,4% della stima preliminare. Il dato è comunque in miglioramento rispetto a gennaio, quando la produzione delle industrie giapponesi era scesa del 3,4%. Su base annua la variazione è stata negativa e pari a -1,1% contro il -1% della stima preliminare. Nel mese di marzo l’inflazione del Giappone misurata dall’indice dei prezzi al consumo è salita dello 0,5% su base annua, in linea con le attese, e in ripresa rispetto al +0,2% precedente. Escludendo la componente dei beni alimentari, il dato ha segnato un incremento dello 0,8% su base annua, meglio del +0,7% stimato e del +0,7% precedente.
Dal punto di vista borsistico il Giappone sta mostrando un buono stato di forma anche se è sottovalutato rispetto al resto del mondo. Da inizio anno l’indice Morningstar dedicato all’Arcipelago ha guadagnato l’8,9% (fino al in euro) che, tuttavia, non è ancora sufficiente a recuperare il -8,8% fatto segnare nel 2018.
Dati in euro aggiornati al 19 aprile 2019
Fonte: Morningstar Direct
Da gennaio il paniere Global market ha guadagnato il 16,6% dopo aver perso poco più del 5% nel 2018.
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