Il traguardo è ancora lontano, ma l’Europa ha già percorso molta strada nella realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) contenuti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (in tutto sono 17). L’indice SDG (Sustainable development goals), che misura le performance dei diversi paesi a livello globale, con riferimento a questi obiettivi, mostra che ci sono sette stati dell’Ue-27 nelle prime dieci posizioni su 156 nazioni e tutti i membri sono tra i 50 migliori.
In particolare, come si legge nel Documento di riflessione della Commissione europea “Verso un’Europa sostenibile entro il 2030”, Eurolandia ottiene mediamente un punteggio più alto nell’OSS 1 (Eliminare la povertà in tutte le sue forme e in tutto il mondo) e il secondo più elevato nel 3 (Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età). Sul tema della riduzione delle diseguaglianze ci sono differenze tra paese e paese, mentre sugli obiettivi 12 (garantire modelli sostenibili di sviluppo e consumo) e 14 (conservare in modo durevole oceani, mari e risorse marine) i punteggi sono bassi.
Ue al lavoro
Dall’adozione di questi Obiettivi nel 2015, l’Unione europea ha lavorato su diversi fronti per promuovere politiche sostenibili tra cui il pacchetto sull’economia circolare e il Piano di azione per la finanza sostenibile. Recentemente (ottobre 2018), la Commissione guidata da Jean-Claude Juncker ha presentato “la visione strategica a lungo termine per un’economia Ue prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra entro il 2050”, con l’obiettivo di creare i presupposti per un cambiamento strutturale che incentivi la crescita sostenibile e l’occupazione.
Il debito ecologico
Se quello climatico è il tema più caldo, esistono altre sfide che devono essere affrontate per favorire uno sviluppo umano compatibile con l’ambiente. Il Documento della Commissione indica come “il più grave deficit di sostenibilità”, il debito ecologico causato dal sovrasfruttamento e dall’esaurimento delle risorse naturali che mette in pericolo l’esistenza delle future generazioni. Oggi l’umanità usa l’equivalente di 1,7 pianeti (fonte: Global footprint network).
Non meno importante è il tema delle disuguaglianze, in un contesto dove la tecnologia, la globalizzazione e i cambiamenti demografici stanno trasformando la natura del lavoro e mettendo a rischio la solidarietà tra generazioni e l’aspettativa di quelle future di ereditare un mondo migliore. Il rapporto dell’Ue denuncia che la percentuale di lavoratori con un salario medio si sta riducendo, perché aumenta il divario tra chi guadagna molto e chi troppo poco. E’ a rischio povertà circa il 22,5% della popolazione europea. La lista delle disparità può essere davvero lunga: tra uomini e donne, tra giovani e anziani (la percentuale di ultra-sessantacinquenni rispetto alle persone in età lavorativa è destinata a crescere, con conseguente diminuzione di coloro che pagheranno i contributi previdenziali e un aumento di chi ne dovrà usufruire e anche per più lungo tempo), di opportunità di trovare un’occupazione, di avanzamento di carriera, ecc.
La mappa ESG dei mercati azionari
Le questioni ambientali, dunque, sono solo una parte del problema e non possono essere considerate separatamente dagli aspetti sociali. La regolamentazione svolge un ruolo importante nell’indirizzare questi temi, ma anche i privati (singoli e imprese) hanno le loro responsabilità. Se guardiamo alla sostenibilità delle aziende quotate sulle principali Borse mondiali, quelle europee ottengono nel complesso punteggi migliori, soprattutto quelle del nord del continente (per approfondire, leggi i risultati del Morningstar Sustainability Atlas di aprile 2019).
Considerando i singoli pilastri che formano l’acronimo ESG (Environmental, social e governance), notiamo che le migliori performance in termini ambientali sono sempre nell’Europa occidentale, Italia compresa. Il punteggio viene attribuito guardando aspetti quali le emissioni inquinanti, le procedure di smaltimento e gestione dei rifiuti, l’efficienza energetica, la produzione e utilizzo di fonti rinnovabili, ecc. Nella mappa qui sotto, i paesi in verde hanno gli score più alti; quelli in rosso i più bassi.
L’Atlante della Sostenibilità di Morningstar: i punteggi ambientali degli indici azionari mondiali
Anche l’analisi del pilastro sociale, che comprende temi quali la sicurezza dei prodotti, gli standard lavorativi (politiche di genere, libertà di associazione sindacale, condizioni sul luogo di lavoro, ecc.) e la gestione della catena dei fornitori, mostra che l’Europa occidentale è meglio posizionata del resto del mondo e il Belpaese non fa eccezione.
L’Atlante della Sostenibilità di Morningstar: i punteggi sociali degli indici azionari mondiali
La situazione è più articolata con riferimento alla governance, che considera fattori quali la composizione dei consigli di amministrazione (in particolare la presenza di figure indipendenti e la diversità di genere), l’etica nel business (casi di corruzione, cause legali, riciclaggio di denaro), le pratiche di retribuzione dei manager, le procedure di controllo, ecc. Nel complesso, le aziende quotate europee hanno punteggi elevati, ma i top performer sono prevalentemente nel nord del Vecchio continente (l’Italia è nel secondo miglior quintile).
L’Atlante della Sostenibilità di Morningstar: i punteggi di governance degli indici azionari mondiali
Se i mercati azionari europei sono ben posizionati con riferimento ai criteri ESG, non sono però immuni dai rischi ad essi legati. Gran parte degli indici ha punteggi relativi alle controversie (danni ambientali e sociali che rappresentano un pericolo anche per le aziende stesse) elevati (raffigurati in rosso e arancione nella mappa) e l’Italia non fa eccezione.
L’Atlante della Sostenibilità di Morningstar: i punteggi di controversie degli indici azionari mondiali
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