I mercati emergenti sono un’opportunità? La domanda nasce guardando l’andamento dei paesi in via di sviluppo nell’ultimo mese. L’indice Morningstar dedicato agli emerging market in quattro settimane ha perso il 6% circa (in euro e fino al 4 giugno), portando a +7% la performance da inizio anno.
Dati in euro aggiornati al 6 giugno 2019
Fonte: Morningstar Direct
Performance che si sono riflesse in quelle della categoria che raccoglie i fondi che investono sui paesi in via di sviluppo a livello globale. “Nel complesso i mercati emergenti offono interessanti valutazioni”, spiega Suzanne Ramadan, Client portfolio manager Asia-Pacific di Morningstar Investment Management (MIM). “Soprattutto in relazione agli Stati Uniti. Va sottolineato, tuttavia, che ci sono disparità all’interno delle singole regioni e anche fra i settori”.
L’asset che va sotto la definizione di mercati emergenti è formato da aree molto differenti fra loro che comprendono l’Asia, l’Africa l’est Europa e l’America latina. “Di conseguenza, i driver della crescita possono essere molto diversi”, spiega Ramadan. “Siccome gli emerging non sono omogenei rappresentano un terreno fertile per gli investitori che guardano alle valutazioni e che possono scegliere i singoli investimenti per aggiungere valore nel lungo termine, scartando quelli che presentano uno scarso rendimento in rapporto ai rischi”.
Il grafico in basso mostra i rendimenti attesi nei prossimi dieci anni per le diverse aree che formano l’universo emerging anche in relazione ad alcune regioni sviluppate.
Occhio ai finanziari
Non mancano i rischi, soprattutto se si guarda l’asset class sotto l’aspetto settoriale. Il segmento più delicato, da questo punto di vista, secondo il manager di MIM è quello dei finanziari. “Sappiamo che dalla crisi finanziaria del 2008 le banche cinesi hanno visto crescere gli asset a rischio facendo ingenti prestiti a imprese e famiglie”, dice Ramadan. “Questo ha un impatto sui finanziari emerging in generale. Da questo punto di vista la maggiore esposizione geografica è sulle banche cinesi che pesano per il 29% del benchmark, mentre un altro 42% è diviso equamente fra India, Brasile, Taiwan, Sud Africa e Corea del Sud. In una situazione del genere, i finanziari non sono solo una isolata storia cinese, ma vengono molto influenzati dalle banche del colosso asiatico”.
Il grafico in basso mette a confronto il Roe (return on equity) dei finanziari dei paesi emergenti con quello dell’equity emerging in generale e con quello dell’azionario delle aree sviluppate.
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