Intuitivamente, la teoria suggerisce che per ogni investimento sia bene proteggersi dal rischio di perdita. Se un titolo perde il 50%, dovrà in seguito risalire del 100% per recuperare il proprio valore iniziale. Eppure, l’enfasi sull’importanza di proteggere la caduta potenziale potrebbe essere sopravvalutata.
Hendrik Bessembinder, professore presso la W. P. Carey School of Business dell’Arizona State University, ha recentemente pubblicato una ricerca che mostra come i rendimenti del mercato azionario siano concentrati in poche aziende ad alta crescita. Se non le si hanno in portafoglio, è un po’ come lasciare i soldi in banca.
Alla base dello studio di Bessembinder c'è il fatto che i maggiori guadagni provengono da pochissimi titoli nel complesso. In effetti, solo 86 titoli sono responsabili di ben 16 mila miliardi di dollari di ricchezza (la metà del totale del mercato azionario) creata negli ultimi 90 anni. E la creazione di ricchezza totale può essere attribuita ai 1.000 titoli con le migliori performance nel periodo.
Il 96% del mercato non conta
Specularmente, i rendimenti generati dal restante 96% delle azioni hanno collettivmente corrisposto nel periodo quelli offerti dai buoni del Tesoro Usa a un mese. Ciò significa che 25.000 delle 26.000 società prese in esame dall’analisi non hanno avuto alcuna incidenza sui rendimenti azionari a lungo termine.
Seguendo questa logica, è molto più importante trovare quella manciata di titoli responsabile della vasta creazione di ricchezza, piuttosto che concentrarsi sul non perdere denaro negli altri. Helen Xiong, gestore del Baillie Gifford American Fund (non venduto in Italia), ha sottolineato durante un’intervista con Morningstar che, sebbene la perdita potenziale di ogni singola partecipazione sia pari al 100%, il rialzo potenziale è illimitato.
Xiong mette questo in termini di portafoglio confrontando il proprio investimento in Lending Club, una holding aggiunta al portafoglio nel 2015, che successivamente ha perso quasi il 70%, con la decisione di non investire in Netflix nel 2011, acquistata poi nel 2016, dopo che il titolo aveva già realizzato un rendimento del 700%. “Non comprare Netflix alla fine del 2011 mi è costato dieci volte di più in termini di prestazioni rispetto alla perdita di Lending Club”, ha commentato il gestore.
Un argomento convincente per un certo approccio alle strategie di tipo growth. “Il problema”, dice Xiong, “è che gli investitori non sono bravi a comprendere la crescita esponenziale - che 2x2x2 dà 8. Ciò significa che tendono a sottovalutare il potenziale di crescita delle grandi aziende, come Amazon, Netflix, Alphabet, per citarne solo alcune”.
Tuttavia, Gary Potter, responsabile multi-manager di BMO Global Asset Management, afferma che questo può essere un messaggio difficile da recepire per gli investitori perché, inevitabilmente, questo approccio potrebbe portare più volatilità rispetto a uno focalizzato sulla protezione del potenziale ribasso: “Significativi drawdown hanno un’implicazione per il capitale a lungo termine e per i singoli clienti che rimangono sul mercato. Se un cliente perde il 40% in una correzione di mercato, le probabilità che tre o cinque anni dopo sia ancora sul mercato sono scarse”.
I titoli growth sono cari
Un argomento, questo, importante poiché le azioni di tipo growth appaiono più care di quanto non lo siano da tempo. È vero che negli ultimi dieci anni gli investitori hanno guadagnato molto più selezionando i vincitori rispetto alle società medie, anche a prezzi più convenienti, ma in questo momento tali “vincitori” sembrano molto apprezzati. Il supporto per le aziende in forte crescita si è basato su di un certo numero di fattori: l’allentamento quantitativo e i bassi tassi di interesse sono stati un elemento importante, riducendo il tasso privo di rischio e aumentando il valore dei flussi di cassa futuri per le aziende ad alta crescita.
La conclusione scomoda è che mentre trovare i vincitori è quasi sicuramente un approccio migliore, il sentimento degli investitori deve adattarsi. Dalla crisi finanziaria, gli investitori si sono concentrati così tanto sull'evitare il rischio a tutti i costi, che oggi raramente sono disposti a guardare tre o cinque anni in avanti.
Le aziende di tipo growth sono in un momento delicato, dopo una forte performance. Per Helen Xiong di Baillie Gifford, che guarda al lungo termine, questo non è un problema: nel 2000 le azioni di Amazon sembravano molto costose eppure oggi valgono 20 volte di più. Tuttavia, gli investitori dal grilletto facile, inclini a svendere tutto quando cominciano i tempi difficili, hanno bisogno di rimanere investiti per coglierne davvero i benefici.
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