In estate dovrebbero essere arrivati a molti risparmiatori i rendiconti dei costi sostenuti nel 2018, come previsto dalla direttiva Mifid 2. Il clima vacanziero potrebbe aver indotto molti ad ignorarli. Ma il ritorno alla vita quotidiana è un buon momento per riprendere in mano quella comunicazione, nella quale le banche e gli altri intermediari devono illustrare le spese sostenute realmente, non solo in percentuale, ma in valore assoluto, suddivise per prodotti e servizi.
Non essendoci standard condivisi per la rappresentazione dei costi, gli operatori si sono mossi in ordine sparso, come già era avvenuto per l’informativa ex-ante, che, in base alla direttiva comunitaria, deve essere consegnata prima della stipula del contratto di intermediazione. Lo scorso 28 febbraio, la Consob era intervenuta sul tema con un “Richiamo di attenzione”, nel quale ricordava che “le informazioni devono essere corrette, chiare e non fuorvianti e vanno rese in una forma comprensibile”.
Uno studio condotto da Moneyfarm e la School of management del Politecnico di Milano sull’informativa ex-ante di venti principali intermediari italiani, nel periodo febbraio-luglio 2019, mostra come il “richiamo” dell’autorità di vigilanza fosse più che mai motivato. Nel 75% dei casi, infatti, la documentazione relativa alla consulenza in materia di investimenti e alla gestione di portafogli non riportava la totalità delle informazioni raccomandate da Mifid 2. In circa l’80% della reportistica esaminata, inoltre, non è stata riscontrata trasparenza sull’effetto cumulativo dei costi sulla redditività dell’investimento.
In attesa di avere un quadro più chiaro sulla qualità della rendicontazione ex-post, Morningstar ha deciso di dedicare un’intera settimana agli investimenti a basso costo e agli strumenti a disposizione degli investitori per comprendere quanto questa variabile incida sulle loro performance, a partire dall’indicatore di “costo rappresentativo”, per arrivare alla nuova metodologia di analisi di fondi ed Etf (Exchange traded fund).
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