L’Europa si aggrappa alla Bce e non ha paura della Germania

Gli asset del Vecchio continente continuano a salire ma, dicono da MIM, sono un’occasione. L’Eurotower parla di Pil in calo e prosegue con l’atteggiamento accomodante. L’economia tedesca conferma il suo indebolimento e rende il suo azionario interessante. 

Marco Caprotti 25/09/2019 | 15:21
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Gli investitori interessati all’Europa nelle ultime settimane hanno tenuto d’occhio soprattutto la Germania. Un po’ per vedere quali informazioni sarebbero arrivate da Francoforte (sede della Banca centrale europea) e un po’ per capire meglio qual è la situazione dell’economia tedesca, considerata la locomotiva della regione, che da qualche tempo manda segnali preoccupanti.

Le ultime analisi dell’Eurotower parlano di un taglio del Pil dell’Eurozona all’1,1% per il 2019 (da 1,2% a giugno), all’1,2% per il 2020 (da 1,4%) e di una conferma all’1,4% per il 2021. Anche l'inflazione è stata ribassata a 1,2%, 1% e 1,5% nel triennio 2019-2021. L’indicatore, peraltro, è rimasto stabile all’1% ad agosto in Eurolandia (fonte Eurostat), mentre è rimasto fermo all’1,4% nel territorio dell’Unione europea. Complessivamente ci sono otto paesi dell’Ue (sei dei quali con la moneta unica) con l’indice del costo della vita sotto l’1%, a cui si aggiunge il Portogallo (anch’esso con l’euro) con inflazione negativa (-0,1%).

Le mosse della Bce
In un quadro del genere, il consiglio direttivo della Bce ha deciso di varare un nuovo programma di Quantitative easing (Qe, allentamento monetario), che prevede l’acquisto di bond per 20 miliardi di euro al mese e che partirà a novembre. Il programma, varato nel penultimo consiglio guidato da Mario Draghi (lascerà la carica a fine ottobre), durerà “tutto il periodo necessario a rafforzare l’impatto accomodante dei tassi” ha detto la Banca centrale.

La Bce ha anche deciso il taglio del tasso su depositi a -0,50%. Invariati il tasso principale a 0% e quello sui prestiti marginali a 0,25%. L’Eurotower “si aspetta che i tassi di interesse chiave rimangano ai loro livelli attuali o inferiori fino a quando non si vedranno le prospettive di inflazione convergere saldamente a un livello sufficientemente vicino, ma inferiore, al 2%”.

Germania debole
Si conferma, intanto, lo stato di debolezza dell’economia tedesca. A dirlo è l’Istituto tedesco per la ricerca economica (Ifo) con le sue ultime analisi. Secondo i suoi ricercatori, la Germania vedrà la propria economia crescere dello 0,5% nel 2019, a fronte dello 0,6% inizialmente previsto. Anche per il 2020 le prospettive dell’Ifo non sembrano incoraggianti. L’1,7% di crescita stimata inizialmente per l’anno prossimo è sceso all’1,2%.

Dal punto di vista operativo, gli investitori (complice l’atteggiamento accomodante della Bce) hanno deciso di giocare la carta dell’ottimismo. L’indice Morningstar Europe in un mese (fino al 24 settembre e calcolato in euro) ha guadagnato il 5,1%, portando a +18,2% la performance da inizio anno.

Indice Morningstar Europe
indice europa

Dati in euro aggionati al 24 settembre 2019
Fonte: Morningstar Direct

Nella tabella in basso sono elencate le categorie Morningstar in cui si dividono i fondi che investono nell’equity europeo (ordinate in base al rendimento a un mese).

Categorie Europe

“L’Europa fa fatica a raggiungere numeri come quelli americani e presenta forti incertezze”, spiega Keith Speck, Portfolio specialist di Morningstar Investment Management (MIM). “Detto questo, le valutazioni ci sembrano convenienti. Le prese di beneficio in determinati settori e paesi hanno creato delle opportunità. La Germania, che è stata molto venduta dagli operatori, ci pare particolarmente interessante”.

Nella tabella in basso sono elencati i cinque fondi della categoria Morningstar Europe Large cap growth (dove è più pesante l’equity tedesco, con una media del 14,5%) con la maggiore presenza netta di azionario Germania.

Fondi Germania

Ultime da Brexit
Sul fronte Brexit, intanto, va segnalata la decisione della Corte suprema inglese che ha giudicato illegale la decisione del premier britannico, Boris Johnson, di chiudere Westminster per cinque settimane, dal 10 settembre al 14 ottobre. La riapertura del Parlamento due settimane prima della data dell’addio, secondo il fronte che si oppone all’allontanamento del Regno Unito dalla Ue avrebbe portato a un’uscita senza accordo. Una scelta che genera diverse incognite, anche dal punto di vista economico e commerciale.

Per leggere altre analisi sull’Europa, vai nella sezione dedicata del sito Morningstar.it

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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