Il nuovo nemico di Donald Trump sono le sigarette elettroniche. La decisione dell’amministrazione Usa di mettere al bando (si parla di giugno 2020) i liquidi aromatizzati che servono ad alimentarle potrebbe colpire le società del settore quotate in Borsa?
Emergenza sanitaria
La scelta di contrastare il fenomeno delle e-cigarette (o vaper) aromatizzate nasce da quella che viene considerata a tutti gli effetti una emergenza. Secondo le autorità sanitarie americane, in circa 30 stati si sono già verificati 380 casi di malattie respiratorie legate a inalazioni di fumi di sigarette elettroniche (il liquido di solito, ma non sempre, è composto da nicotina, glicole propilenico, glicerina e aromi. Alcuni prodotti possono contenere THC, il principio attivo della marjuana).
Allarme a New York
Il tabacco elettronico aromatizzato con diversi sapori viene ritenuto responsabile dell’intossicazione di 41 persone solo a New York, mentre nell’intero paese sette decessi sono stati imputati a device di questo tipo.
Un allarme sull’uso di sigarette elettroniche fra i giovani è stato lanciato anche dal Dipartimento della salute della Grande mela:
-circa 13 mila studenti di scuola media (uno ogni quindici) risultano consumatori abituali di tabacco elettronico.
-Più del doppio, circa 29 mila, sono quelli che hanno provato almeno una volta.
Un mercato in crescita
Il mercato che un eventuale bando andrebbe a intaccare è di tutto rispetto. Secondo le stime di Morningstar, in Usa due terzi di un settore che vale circa 9 miliardi di dollari è composto dai liquidi di ricarica delle sigarette elettroniche. Uno studio di Worldwide Market Report dice che il mercato globale dei vaper vedrà una crescita del 22,1% nei prossimi cinque anni, raggiungendo una cifra di quasi 16 miliardi di dollari nel 2024.
A occuparsi della questione negli Stati Uniti sarà la Food & Drug Administration (Fda, l’ente americano di controllo sui farmaci e sul cibo) che, secondo le prime indicazioni, entro il 2022 dovrà presentare le sue proposte per cambiare il settore. “A quel punto i produttori potrebbero reintrodurre sul mercato i loro liquidi sotto la vigilanza dell’Fda”, spiega Philip Gorham, Associate director della ricerca equity di Morningstar. “Questo non risolverà il problema dei giovani, ma permetterà all’Fda di avere un maggiore controllo sulla qualità dei prodotti e sugli ingredienti”.
Espansione a rischio per i big?
I grandi nomi del tabacco osservano con comprensibile preoccupazione l’evolversi della situazione, anche alla luce dei forti investimenti messi in campo in questi anni per espandersi nel settore.
Altria, ad esempio, a dicembre 2018 ha acquistato il 35% del leader di mercato Juul per 12 miliardi di dollari con l’intenzione di arrivare a una fusione con Philip Morris. Imperial Brands nel 2014 ha acquisito per 7,1 miliardi il marchio Blu da Lorillard aprendosi la strada per l’espansione nel mercato internazionale del vaping.
“Per la maggior parte dei produttori l’impatto del bando americano sarebbe abbastanza limitato”, dice Gorham. “Il settore non è ancora maturo, i costi per guadagnare clientela sono ancora alti rispetto alle sigarette tradizionali e ci vogliono forti investimenti per creare prodotti destinati a nuovi consumatori, come ad esempio, i non fumatori. Un bando nel breve termine influirebbe poco sugli utili operativi e costringerebbe le aziende a concentrarsi sulle sigarette tradizionali che danno margini di guadagno più alti”.
Guardando più nel lungo termine, bisognerà però occuparsi di quello che avverrà a livello internazionale. “I regolatori fuori dagli Stati Uniti fino ad ora sono stati più permissivi rispetto all’Fda riguardo la categoria vaping e nel breve la situazione potrebbe continuare”, dice l’analista. “Nel lungo periodo, tuttavia, è presumibile che i regolamenti sulla questione diventino più stringenti in tutto il mondo, mano a mano che ci saranno maggiori informazioni riguardo agli impatti sulla salute”.
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