I record saranno ritoccati al rialzo o è meglio prepararsi al crollo? La domanda gira dalla fine della prima settimana di novembre, partita con il botto sui listini americani. La prima ottava del mese per gli indici di Wall Street ha visto forti progressi che sono stati ritoccati al rialzo nel corso delle sedute seguenti. Al 20 novembre la situazione era:
-Il Dow a quota 27.860 punti;
-Nasdaq a quota 8.333 punti
-S&P 500 a quota 3.117 punti
Indici Dow, Nasdaq e S&P 500 a confronto
Dati in dollari aggiornati al 20 novembre 2019
Fonte: Morningstar Direct
Tra i motivi alla base dell'ottimismo che ha portato i listini al rally (i tre panieri, da inizio anno, hanno guadagnato circa il 25% in dollari ciascuno) ci sono l'ottimismo sugli esiti della guerra commerciale da una parte, anche se negli ultimi giorni sembra esserci stato qualche passo indietro, e dall'altra il buon andamento delle trimestrali. Secondo i dati elaborati da Bloomberg, l’80% dei titoli ha battuto le stime di utili, in media di un 4,65%, mentre il 58% ha battuto quelle di fatturato (in media di uno 0,5%).
Occhio agli utili
Nonostante le buone sorprese la crescita degli utili (EPS) resta però in territorio negativo nei confronti del terzo trimestre 2018 di un -1%, mentre il fatturato registra una crescita positiva del 3,5% sul medesimo periodo. Proprio gli utili potrebbero essere uno dei leitmotiv, nel bene o nel male, delle Borse Usa nel prossimo anno. “A nostro avviso, i profitti delle aziende americane non deluderanno le aspettative”, spiega Mark Haefele, Chief Investment Officer Global Wealth Management di Ubs. “La nostra attesa per l’anno prossimo è di un’espansione degli utili per azione (EPS) del 5% negli Stati Uniti”.
Un altro fattore che va tenuto in considerazione è che le notizie sugli utili non rappresentano gli unici elementi con cui hanno a che fare gli operatori, nemmeno nei periodi dedicati alle trimestrali. “Rispetto all'inizio dell'anno, le Banche centrali sono molto più espansive, molti dei principali indicatori non sono più in caduta libera, e il clima nella controversia tariffaria Usa-Cina sembra essere un po' più conciliante”, spiega Thomas Bucher, Equity Strategist di DWS.
Tutto questo è sufficiente a giustificare l'ottimismo? "Le stime sui guadagni sono state riviste al ribasso da oltre un anno, con una coerenza quasi spaventosa. Le previsioni per il 2020 vengono ulteriormente ridotte. Questa non è la base per una sostenuta ripresa del mercato azionario" dice Bucher.
Chi spinge gli indici
C’è poi un’altra questione da tenere in considerazione: chi sta spingendo gli indici? Il paniere S&P 500 da inizio anno è cresciuto del 25% circa. Secondo i dati della società di analisi DataTrek Research, il contributo maggiore è arrivato da Apple, Microsoft, Visa, Mastercard e Oracle. Cinque titoli che, da soli, rappresentano circa la metà del settore tecnologico del paniere. Senza la loro spinta il paniere principale di Wall Street avrebbe segnato +14%, un risultato in linea con quello dell’Msci All Country Index. E molti ora iniziano a chiedersi cosa potrebbe succedere se quelle società dovessero iniziare a tirare qualche colpo a vuoto.
Ci sono poi da considerare gli andamenti di lungo periodo. “Dal 1926 ci sono stati otto severi crolli del mercato Usa”, spiega Alina Lamy, senior analyst del quantitative research team at Morningstar. “Il più pesante è stato quello della Grande Depressione del 1929. Più di recente c’è stato un decennio con due forti downturn che sembravano aver scoraggiato molti investitori. Tuttavia, il mercato Usa nella fase di ripresa iniziata a marzo 2012 ha guadagnato il 143,1%. Basandoci sull’andamento delle fasi di espansione passate, c’è ancora un ampio potenziale per una crescita futura”.
Fasi di ribasso (viola), recupero (azzurro) ed espansione (blu) del mercato Usa
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