L’Asia emergente corre mentre osserva la Cina, l’America latina soffre in mezzo agli scontri politici e l’Europa emerging guarda la Germania mentre cerca di ritrovare un buon stato di forma. Nel frattempo, anche l’andamento degli indici Morningstar relativi alle tre macro-regioni che formano l’universo dei paesi in via di sviluppo nell’ultimo mese (fino al 27 novembre e calcolato in euro) mostra una situazione eterogenea.
Il paniere relativo alla regione asiatica in quattro settimane ha guadagnato più del 4%, mentre quello del Latam ha segnato -4,6%. L’indice dedicato all’emerging Europe, intanto, ha segnato +1,1%. In mezzo a tutto ciò, il benchmark che segue mercati in via di sviluppo a livello globale ha segnato +2,5%.
Indici Morningstar regionali EM a confronto
Dati in euro aggiornati al 27 novembre 2019
Fonte: Morningstar Direct
L’andamento si è riflesso nelle diverse categorie in cui sono suddivisi i fondi che investono nei mercati emergenti (vedi tabella sotto).
Andamento categorie Morningstar dedicate alle zone emergenti
La performance dei panieri, da solo, non basta però a raccontare quello che sta succedendo in alcune aree calde dell’universo emerging. A condizionare le performance dei paesi emergenti, in generale, sono state le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina e le preoccupazioni per la crescita mondiale che hanno smorzato la propensione al rischio degli investitori.
Nel caso dell’America latina, poi, ci sono elementi specifici come gli scontri politici in Ecuador, la crisi finanziaria che sta schiacciando il peso argentino, la strage politica dei candidati alle elezioni amministrative in Colombia, i tre presidenti arrestati e lo scioglimento del Congresso in Perù e l'attentato costituzionale con il quale il presidente della Bolivia, Evo Morale, ha cercato di restare al potere scatenando scontri e proteste anche a livello internazionale.
Gli occhi sulla Cina
In mezzo a questo quadro, l’osservata speciale per chi investe negli emerging resta la Cina, anche in relazione a quelli che potrebbero essere gli sviluppi della guerra commerciale con gli Stati Uniti. La questione si è complicata in questi giorni quando il presidente Usa, Donald Trump, ha firmato una legge che sostiene le proteste per la democrazia a Hong Kong. Il provvedimento:
-Prevede il rinnovo annuo dello status speciale conferito da Washington all’ex colonia britannica.
-Apre la strada a sanzioni nei confronti dei funzionari cinesi e di Hong Kong accusati di violare le libertà garantite all’ex colonia.
-Vieta la vendita a Hong Kong di gas lacrimogeni, proiettili di gomma e di tutto il materiale usato dalla polizia per contrastare le proteste dei manifestanti.
La mossa dai cinesi è stata giudicata un’ingerenza illecita e sono state minacciate ritorsioni diplomatiche e commerciali.
“Un brusco rallentamento dell’economia cinese graverebbe sulla crescita mondiale, ma l’impatto maggiore si avvertirebbe nel resto dell’universo emergente”, spiega Eric Moffett, gestore del fondo T. Rowe Price Funds SICAV – Asian Opportunities.
L’Europa dell’Est, intanto continua a guardare quello che accade nei vicini developed. “Il suo percorso economico è strettamente correlato agli indicatori manifatturieri dell’Eurozona, e più precisamente della Germania, che hanno registrato una decisa contrazione”, spiega Stéphanie de Torquat, macro strategist di Lombard Odier.
C’è da preoccuparsi?
“Il governo cinese dispone dei necessari strumenti di politica monetaria e fiscale per stimolare l’economia”, spiega il gestore. “Nel mentre, le pressioni del dollaro Usa sulle valute dei mercati emergenti dovrebbero attenuarsi ora che la Federal Reserve ha adottato un orientamento accomodante”.
Come conviene muoversi in mezzo a questo scenario? “Aree poco amate, come l’Europa emergente, offrono buoni rendimenti in rapporto al rischio”, spiega Dan Kemp, Chief Investment Officer di Morningstar Investment Management. “La parte emerging dell’Asia ci sembra particolarmente interessante”.
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