Saudi Aramco bocciata sotto il profilo della sostenibilità. Secondo gli analisti di Sustainalytics il gruppo petrolifero saudita è esposto a numerosi fattori di rischio che potrebbero avere un forte impatto sulle sue finanze, ma i vertici aziendali non sembrano in grado di poterli gestirli al meglio. L’ESG Risk Rating è pari a 53,4 e indica un livello di rischio severo (il più alto nella scala di Sustainalytics).
Le crescenti tensioni geopolitiche a cui è esposta la società rappresentano uno dei rischi principali. Quest’anno i suoi impianti di trattamento e le petroliere sono stati presi di mira da ribelli e da gruppi terroristici causando importanti perdite in termini di produzione e alimentando i timori sulla sua capacità di continuare a generare ricavi a livello internazionale e in particolare sui mercati asiatici.
Nel lungo termine, la dipendenza del suo modello di business dalla produzione di petrolio espone Aramco al rischio che un progressivo calo della domanda di greggio si potrebbe tradurre in una diminuzione delle entrate. La scarsa attenzione al rispetto dei diritti umani da parte dell’azionista di maggioranza del gruppo, cioè il Governo saudita, potrebbe rappresentare un ostacolo alla capacità di accedere al capitale degli investitori istituzionali e delle banche.
Il problema di avere il Governo nel cda
La presenza di membri dell’Esecutivo nel consiglio di amministrazione della società lega Aramco a possibili controversie in tema di restrizione dei diritti civili. Inoltre, l’Arabia Saudita ha guidato una coalizione militare contro i ribelli dello Yemen che ha causato centinaia di migliaia di morti. Ha inoltre imposto un embargo al paese che ha prodotto devastanti danni all’economia e al sistema sanitario.
A questi rischi fa da contraltare una gestione aziendale il cui obiettivo non è quello di massimizzare il valore degli azionisti. Nel prospetto della sua offerta pubblica d’acquisto, infatti, la società ha ribadito il fatto che l’azionista di maggioranza ha il diritto di veto sulle proposte avanzate degli azionisti e che può perseguire progetti e obiettivi che non sono legati al core business dell’azienda. Questo, dunque, limita enormemente le possibilità di affrontare le problematiche relative al rispetto dei diritti civili e ai rischi legati ai cambiamenti climatici.
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