Christine Benz: Buongiorno, sono Christine Benz di Morningstar. Negli Stati Uniti, gli asset delle strategie passive azionarie hanno recentemente superato quelli dei fondi azionari attivi, mentre l’utilizzo di fondi indicizzati obbligazionari è rimasto indietro rispetto a quello dei fondi azionari. Qui con me per discutere del ritmo di adozione dei replicanti obbligazionari c’è Rich Powers, responsabile della gestione dei prodotti ETF di Vanguard.
Rich, grazie mille per essere qui.
Rich Powers: Grazie.
Benz: Rich, parliamo dei trend che in Vanguard potete osservare nell’universo della gestione passiva obbligazionaria. Storicamente, i prodotti passivi sono rimasti un po’ indietro; forse c'è la percezione tra alcuni investitori che in questo campo sia meglio utilizzare un attivo. Parliamo delle tendenze che hai modo di vedere, sembra che comunque qualcosa stia cambiando.
Powers: Beh, è un fatto che molti più investitori hanno confidenza con la gestione passiva azionaria, mentre sono un po’ più lenti a risalire la curva in termini di indicizzazione nel reddito fisso. Ci sono diverse ragioni per questo. Noi, ad esempio, abbiamo lanciato il nostro primo fondo indicizzato azionario nel 1976, mentre il nostro primo fondo obbligazionario è stato lanciato nel 1987. Ed è stato il primo fondo passivo obbligazionario dell’industria. Insomma, c’è un vantaggio di 10 anni per le azioni. L’esperienza è molto simile anche dal lato degli ETF. Il primo azionario è stato lanciato nel 1993. Il primo sul reddito fisso è stato lanciato 10 anni dopo. E così, c’è questo naturale vantaggio iniziale che penso spinga gli investitori a sentirsi più a loro agio con l’indicizzazione azionaria che con quella nel reddito fisso. Ma ci sono anche altre considerazioni.
Benz: Eppure recentemente sembra che ci sia una buona dose di entusiasmo verso i prodotti passivi obbligazionari. Parliamo di ciò che mostrano i dati.
Powers: Se si considera l’industria degli ETF come proxy, circa il 18-19% del patrimonio totale è rappresentato da ETF su indici a reddito fisso. Al contrario, negli ultimi due anni i flussi hanno visto circa il 30-40% della raccolta netta verso ETF obbligazionari (negli Usa, Ndr). Insomma, gli investitori stanno aumentando progressivamente l’utilizzo di ETF obbligazionari, il che suggerisce che sono a loro agio con questo tipo di strumenti che evidentemente permettono di raggiungere i loro obiettivi.
Benz: Credo ci sia molto di positivo nell’utilizzo di un ETF che replica un indice obbligazionario “core” da usare come una specie di elemento di diversificazione in un portafoglio azionario. Parliamo però anche di quello che spesso sentiamo dire da alcuni gestori attivi di fondi obbligazionari, cioè: “Il benchmark non è realmente rappresentativo di ciò che stiamo facendo”. Quindi, parliamo di come un indice obbligazionario si differenzia rispetto a ciò che vediamo nei principali fondi attivi obbligazionari a medio termine.
Powers: Ci sono un paio di differenze chiave che possiamo riscontrare dal lato del manager attivo, per esempio nel caso del Barclays Bloomberg Aggregate, replicato anche da un nostro prodotto. La prima, scontata, è che i fondi attivi tendono ad avere una maggiore inclinazione verso le obbligazioni societarie rispetto a un tradizionale indice di mercato. In secondo luogo, il gestore attivo di solito sposta la duration di portafoglio in base alla sua visione dell’evoluzione dei tassi d’interesse rispetto al benchmark. E poi, in terzo luogo, i gestori attivi di solito si dilettano in obbligazioni non investment grade. Quindi, bond di tipo high yield o di bond non statunitensi, mentre l’indice Barclays Bloomberg si concentra esclusivamente su obbligazioni investment grade in dollari USA.
Benz: Pertanto, possiamo dire che in caso di un grande shock nel mercato azionario, gli indici obbligazionari tradizionali, poiché hanno una qualità creditizia più elevata nel complesso, potrebbero tendere a sovraperformare, ma che invece in altri momenti di mercato potrebbero non funzionare anche perché lo yield non è così alto.
Powers: Giusto. In un ambiente in cui gli spread di credito si stanno restringendo essere in sovrappeso di corporate bond è sicuramente un vento contrario per il gestore attivo, in confronto a un tradizionale indice di tipo “core”, come appunto il Barclays Bloomberg Aggregate, che ha circa un terzo del portafoglio in corporate bond, quando i fondi attivi avranno probabilmente un'esposizione molto maggiore.
Benz: Quindi, penso che gli investitori quando guardano alle obbligazioni oggi, sia che si tratti di un fondo passivo che di uno attivo, hanno a che fare con rendimenti certamente molto bassi. E così, parlo con molti investitori che potrebbero dire: “Perché ho bisogno di obbligazioni nel mio portafoglio quando posso ottenere un rendimento competitivo sulla liquidità e allontanarmi del tutto dal rischio di tasso di interesse?” Cosa ne pensi?
Powers: Penso che bisogna ricordarsi perché i bond sono detenuti in un portafoglio diversificato. La ragione è per avere un ammortizzatore in momenti di mercato molto volatili dal punto di vista azionario. Allo stesso modo, se l'investitore sta considerando di detenere liquidità, penso che debba essere consapevole di quando è il momento giusto per passare alla liquidità e quando per tornare verso il reddito fisso.
Come sappiamo, e come dimostrano tutti i diversi studi accademici che sono stati intrapresi, la capacità di anticipare i futuri ambienti di mercato, compresi i movimenti dei tassi di interesse, è molto difficile per gli investitori professionali, per non parlare di un privato o di un consulente. Quindi la chiave è l’asset allocation strategica e se il reddito fisso è destinato a far parte di quel portafoglio, mantenere quella parte relativamente statica nel tempo è probabilmente la risposta giusta.
Benz: Molto interessante Rich, grazie mille.
Powers: Grazie Christine.
Benz: Per Morningstar, Christine Benz, grazie per l’attenzione.
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