Lo stato di salute delle banche italiane migliora, anche grazie alla Bce e allo spread. I numeri del terzo trimestre, analizzati da DBRS Morningstar, dicono che gli istituti di credito del Belpaese hanno registrato progressi sotto il profilo della redditività e della solidità patrimoniale, mentre la crescita dei ricavi langue.
Mettendo insieme i dati delle cinque maggiori banche del paese (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banca BPM, Banca MPS e UBI Banca) si registra una crescita complessiva dell’utile netto (+28% rispetto al 3Q 2018 se si escludono i costi straordinari dello scorso anno, +38,5% rispetto ai primi 9 mesi del 2018), merito di una maggiore attenzione al controllo delle spese, come testimoniato dalla riduzione dei costi operativi (-1,8% vs 3Q 2018), dei più bassi accantonamenti per perdite sui prestiti e del maggior contributo della gestione finanziaria.
Figura 1: I numerid delle banche italiane al 3Q 2019
Le ragioni della crescita fiacca dei ricavi
L’aumento del reddito operativo è un risultato molto importante specie se si considerano le difficoltà delle banche italiane a crescere nei ricavi. Nel terzo trimestre il fatturato a livello complessivo è rimasto sostanzialmente invariato rispetto allo scorso anno, anche se la tendenza del 2019 è negativa. Come testimonia il -3,2% rispetto ai primi nove mesi dello scorso anno. La combinazione di più alti oneri di finanziamento da parte delle banche e del basso costo del denaro, in seguito all’azione accomodante da parte della Bce, ha prodotto un calo del 6.8% (vs il 3Q del 2018) della voce di ricavo più rilevante come l’utile netto da interessi. E in alcuni casi la contrazione ha raggiunto il 20%. A questo si aggiungono gli effetti prodotti dalle attività volte a garantire una maggiore stabilità patrimoniale come la riduzione dei NPL (non performing loan, cioè i prestiti a rischio) e la vendita degli asset più rischiosi.
Per compensare, seppur parzialmente, il negativo impatto sui conti aziendali della mancata crescita dei ricavi, le banche italiane stanno cercando di alzare il livello delle commissioni per le attività di asset management, trading e advisory. Tuttavia i margini di manovra sono limitati dalla crescente concorrenza sul mercato.
La riduzione dei NPL rispetto allo scorso anno certifica il buon risultato delle attività di rafforzamento della stabilità patrimoniale da parte delle banche italiane. La vendita sul mercato attraverso cartolarizzazioni e la riduzione organica dei prestiti sono stati i principali fattori, dicono gli analisti di DBRS Morningstar, ma hanno contribuito anche i più bassi tassi di default. La strada è quella giusta, aggiungono, ma è ancora lunga. Il taglio dei prestiti a rischio continua a essere una priorità per gli istituti di credito italiani che complessivamente continuano a mostrare le percentuali più alte in Europa.
Bce e spread danno una mano
Altre note positive arrivano dai ratio patrimoniali e dai costi di finanziamento. Il Common Equity Tier 1 ratio (CET1, il parametro principale a cui si fa riferimento per valutare la solidità di una banca) è costantemente migliorato da inizio anno passando dall’11,7% del primo trimestre al 12,7% del terzo. A sostenere questo trend positivo è stata non solo l’attività di razionalizzazione degli asset societari, ma anche l’accantonamento degli utili e il calo dello spread dei decennali italiani che ha fatto salire il valore delle riserve. L’azione accomodante della Banca centrale europea ha permesso agli istituti dell’area euro di finanziarsi a costi molto bassi e le attese degli analisti sono positive anche per il futuro, grazie al nuovo programma TLTRO che garantisce una ulteriore iniezione di liquidità nel mercato.
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