Quali sfide si prospettano per le banche europee? Gli istituti di credito della regione devono fare i conti con un periodo prolungato di bassi tassi d’interesse che restringe gli spazi di crescita. Per tornare a salire negli utili e garantire una stabilità ai propri conti sono costrette dunque a razionalizzare i costi. Ma devono fare anche i conti con le nuove sfide che gli propone il mercato. Le banche in grado di combinare al meglio queste esigenze, dicono gli analisti di DBRS Morningstar nel loro outlook sull’industria in Europa, riusciranno a essere redditizie e a mantenere i bilanci in salute.
I bassi tassi di interesse danneggiano i ricavi
Il contesto in cui gli istituti di credito europei sono costretti a operare è tutt’altro che favorevole. In base ai dati dell’EBA (European Banking Authority) e alle stime di DBRS Morningstar, la voce principale delle entrate bancarie, il reddito da interessi, è calato negli ultimi cinque anni a un tasso medio dell’1%. Questa tendenza è destinata a durare ancora per molto a causa della decisione della Banca centrale europea di mantenere i tassi di interesse ai minimi storici. La buona notizia, per gli istituti di credito, è che questo implica per loro anche dei costi di finanziamento bassi, anche se non abbastanza da impedire la costante discesa del margine da interesse. In una situazione del genere, le banche di grandi dimensioni sono le favorite poiché hanno un modello di business maggiormente diversificato, che comprende anche le attività di asset management e di assicurazione e possono dunque attingere a più fonti di reddito e mantenere alta la redditività.
La prima sfida che riguarda tutte le banche europee è quella della riduzione dei costi di gestione attraverso riorganizzazioni aziendali e severe riduzioni del personale. Anche se il raggiungimento di questo obiettivo è complicato dalla necessità degli istituti di credito di continuare a investire in tecnologia e di ottemperare alle richieste in tema di regolamentazione del settore. Negli ultimi sei anni, in media, il numero di dipendenti degli istituti di credito europei è sceso ogni anno del 2%. Le più attente al taglio dei costi sono state le banche italiane, olandesi e britanniche, con percentuali superiori al 5%, mentre quelle spagnole, anche a causa di operazioni di M&A, hanno registrato numeri in controtendenza (+2,5%). Nonostante questo, però, la redditività delle banche europee, anche delle più grandi, è rimasta bassa (attorno al 7%). L’unica eccezione in questo senso è rappresentata da quelle svedesi che mostrano un Roe (Return on equity, una misura della redditività) del 13%.
Le banche che vogliono mantenere solidi i propri conti non possono inoltre fare a meno di investire nella gestione dei rischi operativi. Negli ultimi anni sono raddoppiati i casi di riciclaggio di denaro e di finanziamento a gruppi terroristici, evidenziando le lacune nei sistemi di controllo interni. L’impatto che questi eventi hanno sui bilanci è potenzialmente enorme, in termini di reputazione, di sanzioni e risarcimenti. Ma, al tempo stesso, l’impegno economico per costruire una struttura che aiuti a tutelarsi da questi rischi è importante e a farne le spese è la redditività delle aziende.
I cambiamenti climatici riguardano anche le banche
Secondo gli analisti di DBRS Morningstar il tema ESG, e in particolar modo della sostenibilità ambientale, sarà una delle priorità del settore bancario nei prossimi anni. I cambiamenti climatici hanno un impatto sempre più crescente sulla stabilità dei conti e dei bilanci di molte aziende e la solvibilità di queste ultime si ripercuote fortemente sul patrimonio degli istituti di credito. Per questo motivo l’EBA ha deciso di partire già da quest’anno, con un campione di banche volontarie, a inserire il rischio climatico nei suoi stress test. La Bank of England è ancora più avanti in questo senso. Ha previsto di pubblicare, nella seconda metà del 2021, i dati dei suoi primi stress test sul rischio climatico e ipotizza la presenza di un ruolo ad hoc nelle aziende bancarie per la gestione di queste problematiche e la possibilità di imporre vincoli di capitale più stringenti in caso di cattiva gestione di questo rischio.
L’ultima sfida per le banche europee, in particolare quelle dei paesi più indebitati come Italia, Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo, è quella dei non-performing loan (Npl), ovvero dei prestiti insoluti. Negli ultimi anni si sono registrati forti miglioramenti in questo senso: la percentuale di questi asset è scesa in Italia dal 17% all’8%, in Irlanda dal 22% al 4,6%, mentre la Grecia è ancora molto indietro (39%). Il Governo di Atene ha messo in piedi un programma che permetterà la cartolarizzazione e la successiva vendita di questi crediti sotto la garanzia dello Stato (Hercules Asset Protection Scheme) che dovrebbe aiutare le banche a ridurre sensibilmente l’incidenza dei Npl nei prossimi anni.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.