Fusioni bancarie in arrivo? Qualcosa in Europa si muove e potrebbe portare una ondata di consolidamenti che avrebbe l’effetto di ridisegnare il settore in Italia. Ad aprire la porta a un’opzione del genere è stato nelle settimane scorse Andrea Enria, presidente del consiglio di sorveglianza della Banca centrale europea che, parlando in una riunione congiunta con la Federazione bancaria europea, si è impegnato a rimuovere alcuni ostacoli alle fusioni bancarie transnazionali nella zona euro.
La Banca centrale europea ha chiesto a lungo azioni di consolidamento in un settore che fatica a guadagnare a causa dei bassi tassi di interesse e degli alti costi delle reti di filiali. “Sebbene si tratti di opinioni preliminari”, ha detto, “spero siano convincenti riguardo al fatto che la vigilanza bancaria della Bce è seriamente impegnata nella promozione di un settore bancario europeo integrato”.
L’Italia si muove
I matrimoni potrebbero fare piacere al settore bancario italiano. “Con circa un quarto dei crediti deteriorati dell'Eurozona iscritti nei bilanci degli istituti italiani, le banche del paese hanno molto da fare”, spiega Paul Smillie, analista senior degli investimenti nel reddito fisso di Columbia Threadneedle Investments. “Secondo le nostre stime, le banche del Belpaese hanno bisogno di un'iniezione di capitale compresa tra i 30 e i 40 miliardi di euro, pari a circa il 2% del Pil. Un consolidamento transfrontaliero del sistema bancario sarebbe d'aiuto. Le casse di risparmio francesi, ad esempio, siedono su circa 30 miliardi di euro di capitale in eccesso.
Le banche tricolori (in particolare quelle di medie dimensioni), intanto, hanno già iniziato a guardarsi intorno. La scorsa estate c’era stato un tentativo di avvicinamento fra Ubi e Banco Bpm. Le discussioni, tuttavia, non hanno portato a un risultato positivo. Dopo, anche a seguito del varo del nuovo patto di sindacato di Ubi, è stata valutata una possibile aggregazione fra questa e Bper.
Attualmente i colloqui sono in stand by in attesa delle prossime scadenze. Ad esempio, la presentazione dei nuovi piani industriali di Ubi e Banco Bpm (entro marzo) e il rinnovo del board di Banco Bpm in primavera. Da seguire, anche in prospettiva di un più generale riassetto bancario, ci sono poi quelle che saranno le scelte che gli istituti potrebbero compiere (o non fare) in ambito assicurativo. Dopo aver trattato a lungo con Cattolica, stesso partner di Banco Bpm, secondo le voci di Borsa pubblicate dalle cronache finanziarie, pare che Ubi intenda non fare mosse in questo campo, restando più agile nel caso dovesse negoziare al meglio un’eventuale fusione.
La partnership nel bancassurance è invece un elemento che il Monte dei Paschi di Siena potrebbe apportare in caso di nozze con un altro istituto. Rocca Salimbeni è legata al colosso francese Axa che, a seguito di una fusione con Ubi ad esempio, potrebbe diventare partner assicurativo del maxi-polo che si verrebbe a creare.
Intesa, Unicredit e Mediobanca
Gli operatori, intanto, studiano le mosse di Intesa, Unicredit e Mediobanca. “Saremmo sorpresi di vedere Intesa o Unicredit fare delle acquisizioni”, dice Johann Scholtz, analista di Morningstar. “L’istituto guidato da Pierre Mustier ha esplicitamente negato la possibilità di fare merger & acquisition. Intesa, da parte sua, si è sempre mossa in maniera prudente, preferendo restituire il capitale in eccesso ai propri azionisti”.
Diverso il discorso per Mediobanca. “Piazzetta Cuccia è sempre stata molto aggressiva e crediamo che continuerà ad aumentare la sua presenza nel segmento del wealth management attraverso acquisizioni”, dice l’analista.
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