In Italia, il 19% dei gestori è donna. A dirlo è l’ultimo rapporto Morningstar “Women in investing”. Siamo lontani dalla parità con gli uomini, ma la percentuale è superiore alla media globale (14%). Il Belpaese ha un posizionamento simile ad altri centri finanziari europei, come la Spagna (23%), il Portogallo (18%) o la Francia (19%). Le grandi capitali della finanza, invece, sono ancora dominate dagli uomini. Negli Stati Uniti, solo l’11% dei fund manager appartiene al gentil sesso, a Londra il 13%.
Il numero di donne-gestore, così come le quote rosa nei consigli di amministrazione, non sono però l’unico aspetto di una politica di genere nelle aziende. Temi come le uguali opportunità di carriera o l’equità retributiva sono altrettanto importanti. In questo senso, la normativa sta evolvendo nella direzione di migliori pratiche nelle imprese.
Il Regolamento di Banca d’Italia
In Italia, quando si parla di diversità di genere nelle società di gestione, il primo punto di riferimento normativo è il Regolamento della Banca d’Italia di attuazione degli articoli 4-undecies e 6, comma 1, lettere b) e c-bis) del Testo unico della finanza (TUF), che ha introdotto delle novità in tema di governo societario, incluse quelle riguardanti i criteri di composizione degli organi sociali.
In particolare, al Capo II, articolo 13, stabilisce che la composizione degli organi sociali rifletta “un adeguato grado di diversificazione in termini, tra l’altro, di competenze, esperienze, età, genere”. Il successivo articolo 14 riguarda i comitati endo-consiliari, ossia quelli con competenze consultive, istruttorie e propositive su determinate tematiche (ad esempio remunerazioni, nomine o rischi). Banca d’Italia ha specificato che, se è presente all’interno degli organi di supervisione strategica quello sulle nomine, esso deve svolgere i suoi compiti tenendo conto di assicurare un adeguato grado di diversificazione nella composizione collettiva degli organi con funzione di supervisione strategica, anche fissando un obiettivo in termini di quota di genere meno rappresentato, nonché deve evitare che i processi decisionali siano dominati da un unico soggetto o da pochi che possono recare pregiudizio all’intermediario.
La legge di bilancio 2020
Un secondo riferimento regolamentare riguarda gli intermediari quotati, così come tutte le società presenti sui mercati regolamentati. Nella legge di bilancio 2020 (n.160 del 27 dicembre 2019) si prevede che i rinnovi dei consigli di amministrazione successivi all’entrata in vigore riservino alla quota meno rappresentata i due quinti dei membri (con la precedente normativa era un terzo). La quota si applica per sei mandati consecutivi (prima erano tre). In una comunicazione del 30 gennaio, la Consob ha poi chiarito che per gli organi costituiti da soli tre membri, la regola dell’arrotondamento si applica per difetto (in questi casi, la riserva dei due quinti è impossibile dal punto di vista aritmetico), mentre in tutti gli altri per eccesso.
La normativa europea
Un terzo ordine di disposizioni sulla diversità di genere è stato introdotto dal legislatore europeo, con un regolamento relativo ai requisiti prudenziali delle imprese di investimento (n. 2019/2033), che dovrà essere applicato in Italia entro il 26 giugno 2021, e una direttiva sulla vigilanza prudenziale delle imprese di investimento (n. 2019/2034), da recepire entro la stessa data.
Come si legge in una nota di Assogestioni dello scorso 3 febbraio, “con tali provvedimenti, il legislatore europeo impone agli Stati membri di assicurare che le imprese d’investimento siano dotate di politiche di remunerazione neutrali rispetto al genere e che il comitato remunerazione, ove istituito, presenti una composizione equilibrata sotto il profilo del genere”.
Le Linee guida di Assogestioni
Proprio l’associazione di categoria del risparmio gestito ha approvato il 25 settembre 2019 le Linee guida in tema di diversità e inclusione dei gestori (la cui adozione è volontaria da parte dei membri). Il documento include politiche in materia di diversità e inclusione negli organi sociali in termini, tra l’altro di età, genere, competenze ed esperienze. Prevede anche aspetti quali la pianificazione delle carriere per il personale in linea con gli sforzi inclusivi e misure per assicurare la parità di trattamento e opportunità personali. Il riferimento, dunque, è anche al gap retributivo, dove le migliori pratiche dovrebbero ispirarsi al principio “salario uguale per lavoro di valore equivalente”.
Con riferimento alle società di gestione quotate, oltre a quanto richiesto dalla legge, le Linee guida di Assogestioni invitano a valutare la pubblicazione, con aggiornamenti almeno annuali, di informazioni sulla politica di diversità e inclusione adottata nella selezione dei membri degli organi sociali, i relativi obiettivi e il loro conseguimento (in caso di non raggiungimento spiegare le motivazioni e le strategie per assicurare di centrare gli obiettivi in futuro), la definizione, in termini di processo, dei piani di successione negli organi gestionali.
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