Petrolio, Morningstar conferma le stime di lungo periodo

Per il 2020 è atteso un calo del 2,8% della produzione. Ma in futuro il mercato tornerà in equilibrio con un prezzo del barile di 55 dollari.

Francesco Lavecchia 07/04/2020 | 11:08
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Il settore energetico è stato il vero protagonista in negativo del primo trimestre del 2020. Nei primi tre mesi dell’anno l’indice Morningstar US Energy ha ceduto il 49% (in USD), sottoperformando il mercato americano che è sceso del 19%, a causa delle aspettative di una riduzione della domanda di greggio in seguito allo scoppio del Coronavirus e del mancato accordo dei paesi dell’OPEC+ sui tagli alla produzione di petrolio, con successivo incremento dell’output da parte di Russia e Arabia Saudita.

Nel breve termine gli investitori hanno tutte le ragioni per essere preoccupati. Prevediamo per il 2020 una riduzione di 2,8 milioni di barili al giorno (pari al 2,8% del totale) sul lato della domanda: la peggior contrazione su base annua degli ultimi 40 anni. Dato che i produttori di greggio non sono in grado di adeguare istantaneamente la loro produzione alla variazione delle richieste, è probabile che nel 2020 vi sia sul mercato un eccesso di offerta nell’ordine di 3,3 milioni di barili al giorno. Un dato comunque migliore rispetto a quello osservato durante la recessione del 2014-16.

Le previsioni di lungo termine
Nel lungo termine, tuttavia, riteniamo che la domanda di petrolio non sarà influenzata dal Coronavirus. Ipotizziamo, infatti, una ripresa economica pressoché completa e manteniamo le nostre stime del barile rispettivamente pari a 55 dollari per il WTI e a 60 dollari per il Brent. Vediamo inoltre enormi opportunità nel settore energia (ora scambiato a un tasso di sconto del 49% rispetto al fair value medio) nonostante il calo dei ricavi previsto nel 2020 e nel 2021.

Senza un rimbalzo del prezzo del petrolio i produttori non avranno alcun incentivo ad aumentare la loro produzione e questo produrrà una contrazione dell’offerta che potrebbe alla fine trasformare l'attuale surplus in una carenza di greggio sul mercato. I produttori americani di shale oil riescono a mantenere costi di produzione molto più contenuti rispetto alle grandi compagnie oil & gas, per questo motivo ci aspettiamo che saranno loro a raggiungere con più facilità il break-even.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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