“Terricidio” è un termine coniato dal movimento di donne indigene Mapuche (Argentina) per denunciare l’omicidio degli ecosistemi e dei popoli che li abitano, oltre che di tutte le forze che regolano la vita sulla terra, ossia che costituiscono la condizione essenziale per la sopravvivenza di uomini, animali e vegetali. I rischi anche economici, spesso sottovalutati, della perdita di biodiversità sono enormi.
I numeri del degrado
Secondo il Living planet index, una misura dello stato di salute della diversità biologica nel mondo, circa il 60% delle specie vertebrate si sono estinte dal 1970. Inoltre, l’organismo intergovernativo indipendente Ipbes (Intergovernmental science-policy platform on biodiversity and ecosystem services) stima che quasi un milione di animali e piante siano a rischio attualmente. Sul sito delle Nazioni unite dedicato agli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) si legge che nonostante qualche segnale di miglioramento, i target 2020 per il goal n. 15 (la vita sulla terra) “è improbabile siano raggiunti, perché il degrado ambientale continua, la perdita di biodiversità è a livelli allarmanti, le specie alloctone (quelle che si trovano a vivere in ambienti diversi dagli originali a causa dell’opera dell’uomo) e il traffico illecito di animali selvatici continua a vanificare gli sforzi di proteggere gli ecosistemi vitali e le specie”. Il tema sembra più che mai di attualità in un momento in cui si cerca di capire l’origine del Covid-19 e la diffusione dell’epidemia in tutto il mondo.
Il Living planet index dal 1979 al 2014
Non c’è economia senza biodiversità
Secondo quanto riporta l’Onu, dal 2000 al 2015, più di un quinto della superficie terrestre ha subito un degrado, a causa soprattutto dell’attività dell’uomo (desertificazione, deforestazione, espansione delle coltivazioni e urbanizzazione). Quello che si dimentica troppo facilmente è che la biodiversità è la colonna vertebrale dell’economia, senza la quale le attività produttive non sarebbero possibili.
L’Unione europea si è posta nel 2011 l’obiettivo di porre fine alla perdita di biodiversità entro il 2020 e a gennaio 2020 il Parlamento europeo ha chiesto target vincolanti, nella strategia per il 2030, non solo per la regione, ma a livello globale. I principali nel Vecchio continente sono:
- Il 30% del territorio dell’Ue dovrebbe essere costituito da aree naturali.
- Almeno il 10% del bilancio a lungo termine dovrebbe essere riservato alla tutela della biodiversità.
- Sono necessari obiettivi vincolanti di riduzione dell’uso di pesticidi.
Il Piano di azione per la finanza sostenibile
Inoltre, la tassonomia delle attività eco-compatibili, cui sta lavorando un gruppo di esperti nell’ambito del Piano di azione dell’Ue per finanziare uno sviluppo sostenibile è concepito come uno strumento per guidare le scelte di investitori e imprese verso una crescita economica priva di impatti negativi sull’ambiente, in particolare sul clima. In particolare, i sei obiettivi indicati dalla Commissione europea sono:
- Mitigazione del cambiamento climatico
- Adattamento al cambiamento climatico
- Uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine
- Transizione verso l’economia circolare
- Prevenzione e controllo dell’inquinamento
- Protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi
Gestire il rischio finanziario della biodiversità
Il prossimo ottobre avrebbe dovuto tenersi a Kunming in Cina la Conferenza Onu sulla biodiversità, ma è stata posticipata a data da destinarsi a causa dell’epidemia di Covid-19. Tuttavia, incorporare nell’analisi dei rischi finanziari questa tematica può diventare sempre più importante. Nel report “10 for 2020”, i ricercatori di Sustainalytics sostengono che potrebbe ridurre i tassi di default e di contenziosi nel settore bancario, oltre a creare opportunità nel fornire finanziamenti e altri servizi all’agricoltura sostenibile. In questo modo, le banche potrebbero contribuire all’obiettivo n. 15 dell’Onu. Ad esempio, implementando protocolli di risk management della biodiversità potrebbero incentivare i clienti che chiedono prestiti a gestire e ridurre il loro impatto sull’ambiente e la protezione delle specie.
Allo stesso modo, siccome l’accesso ai finanziamenti è uno dei principali colli di bottiglia nella transizione verso un’agricoltura sostenibile, le banche potrebbero strutturare i prestiti in modo da privilegiare le aziende più allineate con l’obiettivo n. 15 o che stanno sviluppando tecnologie e soluzioni per la transizione a pratiche più rispettose dell’ambiente.
I pionieri
“Le politiche sulla biodiversità non sono molto comuni nell’industria finanziaria attualmente”, spiegano i ricercatori di Sustainalytics. “Abbiamo però individuato alcune realtà che sono all’avanguardia, molte delle quali hanno firmato i Principi per le attività bancarie responsabili lanciati nel settembre 2019 dall’Iniziativa finanziaria del programma Onu per l’ambiente (United Nations Environment programme - Finance initiative), che richiede agli istituti di credito di allineare le loro attività ai Sustainable development goals e all’Accordo di Parigi”. Tra i pionieri ci sono soprattutto banche di Paesi sviluppati a partecipazione pubblica o con struttura cooperativa, tra cui l’olandese De Volksbank che si distingue per la trasparenza in tema di biodiversità.
Punteggio di rischio non gestito con riferimento al fattore ESG Integration – Financials (più basso è migliore è il posizionamento)
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