I prodotti d’investimento a basso costo, Exchange traded product (ETP) e fondi indicizzati non quotati, continuano a guadagnare fette di mercato. Certo, l’industria europea dei fondi (monetari esclusi) è ancora ampiamente dominata dai comparti gestiti attivamente con l’82% degli asset totali, ma la crescita della parte passiva negli ultimi anni è sotto gli occhi di tutti, negli Usa (dove ormai hanno superato il 40% degli asset) come in Europa.
Secondo i dati di Morningstar, gli index fund europei (ETP inclusi) esprimono un tasso di crescita organica annuale dell’8,7%, contro lo 0,5% dei fondi attivi (il tasso di crescita organica esprime i flussi in rapporto agli asset all’inizio del periodo preso in considerazione; dati a fine marzo 2020).
Raccolta netta mensile dei fondi europei (attivi vs. passivi, ETF inclusi) a un anno
Dati in euro al 31 marzo 2020 (fondi domiciliati in Europa, monetari esclusi).
Fonte: Morningstar Direct.
Tasso di crescita organica mensile dei fondi europei (attivi vs. Passivi, ETF inclusi) a tre anni
Dati in euro al 31 marzo 2020 (fondi domiciliati in Europa, monetari esclusi).
Fonte: Morningstar Direct.
Scendendo un po’ più nel dettaglio, a fine marzo contiamo 5.590 prodotti indicizzati domiciliati in Europa (di cui 3.689 sono ETP), i quali hanno raccolto quasi 136 miliardi di euro nel periodo tra aprile 2019 e marzo 2020. Notiamo anche che, all’interno dell’universo della gestione passiva, gli ETP abbiano raccolto di più rispetto ai replicanti non quotati, anche se quest’ultimi rappresentano un patrimonio gestito leggermente più importante.
Insomma, l’infatuazione degli investitori per gli ETF sembra continuare. Una tendenza che si riflette anche nel numero di prodotti disponibili e nei nuovi lanci. Gli asset gestiti dagli ETF sono in procinto di superare quelli dei fondi indicizzati tradizionali, segno che gli operatori apprezzano la flessibilità e la gamma di scelta offerta da tali strumenti. L’avvento di MiFID II, poi, ha spinto e spingerà questo trend in anche in futuro.
Gestori azionari in seria difficoltà
A livello di asset class, impressiona il gap tra la raccolta dei fondi passivi azionari e quella dei propri concorrenti attivi, nonostante quest’ultimi siano molto più numerosi (21.240 contro 2.939 a fine marzo). Sembra ormai chiaro che la comprovata difficoltà dei gestori azionari a battere il proprio benchmark sul lungo periodo e i costi di gestione particolarmente bassi ne fanno un’opzione convincente per un numero sempre maggiore di investitori.
Dando ancora uno sguardo al di là dell’Atlantico, per la prima volta nella storia l’anno passato negli Stati Uniti i prodotti indicizzati che replicano indici azionari hanno superato i propri concorrenti attivi in termini di masse gestite.
Fratelli ma non gemelli
Il successo della gestione passiva non deve però farci dimenticare che i replicanti quotati (gli ETP) e i fondi indicizzati tradizionali non sono la stessa cosa. Lo scopo è comune (replicare la performance di un indice), ma con caratteristiche differenti. La distinzione sta nel fatto che il primo è un fondo quotato sul mercato e scambiato in tempo reale come un titolo azionario, mentre il secondo non è sul listino e le quote possono essere comprate o vendute quando si conosce il Nav a fine seduta.
Questo ha delle importanti conseguenze soprattutto per quanto riguarda i costi. In media, gli ETF presentano delle commissioni più basse rispetto ai fondi indicizzati, ma i replicanti hanno a che fare con una serie di spese legate proprio alla loro quotazione sul mercato, soprattutto in termini di costi di transazione, ad esempio a seguito del turnover dell’indice replicato, e dallo spread denaro-lettera del fondo quotato, che a sua volta dipende dalla liquidità del sottostante.
Non bisogna dimenticare infatti che gli ETF sono un’evoluzione dei fondi passivi, nati una ventina d’anni prima, ma che rispondono a un bisogno diverso. Mentre i primi comparti indicizzati nacquero come conseguenza ad alcuni studi che dimostravano che la maggior parte dei gestori di fondi non riuscivano a far meglio del mercato sul lungo periodo, gli ETF furono la risposta all’esigenza di molti investitori istituzionali di scambiare grosse quantità di azioni intra-day, soprattutto in momenti di forte volatilità.
Di seguito un confronto tra i dieci ETF e i dieci fondi aperti passivi che hanno raccolto di più nell’ultimo anno.
L’analisi è stata realizzata con la piattaforma per professionisti finanziari Morningstar Direct. Clicca qui per saperne di più sulle sue funzionalità.
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