Benjamin Graham, economista considerato il padre del value investing, nel 1949 affermava: “Il maggior problema nonché il peggior nemico di ogni investitore è se stesso”.
Dopo la loss aversion e l’endowment effect, chiudiamo con la distorsione cognitiva forse più comune: la overconfidence, ovvero la troppa fiducia in se stessi.
Il modo più comune in cui la overconfidence è stata studiata è quello di chiedere alle persone quanto sono fiduciose sulle loro convinzioni o sulle risposte che forniscono. In uno studio del 2006 intitolato “Behaving Badly”, si dimostrò che il 74% dei 300 gestori professionisti intervistati credevano di aver fornito prestazioni superiori alla media. Del restante 26% degli intervistati, la maggioranza si considerava nella media. In pratica, quasi il 100% del gruppo di studio riteneva di aver raggiunto risultati nella media o superiori. Chiaramente, solo il 50% del campione può essere superiore alla media, il che dimostra il livello irrazionalmente elevato di overconfidence di questi gestori.
Da un punto di vista psicologico, la overconfidence scaturisce dall’asimmetria nel peso che gli investitori danno alle informazioni di cui dispongono. In pratica, quando abbiamo un’idea d’investimento, le informazioni che potrebbero supportare la nostra tesi sono mentalmente considerate più attendibili delle informazioni che vanno nella direzione contraria. Non solo, se col passare del tempo la nostra tesi non si avvera, anche in questo caso la fiducia nella nostra scelta tende a rimanere stabile. Questa distorsione è conosciuta anche come confirmation bias, la tendenza cioè a ignorare i dati e le informazioni che potrebbero convincerci di aver avuto torto.
Nel corso degli anni, molti studi hanno confermato l’esistenza della “troppa fiducia” e molte delle sue proprietà sono state chiarite. In particolare, ci sono alcuni punti fermi: meno si sa, più si è sicuri (vale anche il contrario: più si sa, meno si è sicuri); con domande più difficili, si tende a essere più fiduciosi; la overconfidence non è correlata né con l’età né con il genere sessuale.
In conclusione, ne siamo tutti soggetti, soprattutto quando il problema in esame è difficile e la conoscenza personale limitata. Due caratteristiche ben presenti nell’attività d’investimento.
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