Se un investitore avesse puntato 10 mila euro nei fondi azionari del settore metalli preziosi, oggi si ritroverebbe con quasi 12 mila euro. Se avesse optato per le biotecnologie o l’hi-tech, ora ne avrebbe circa 11 mila (tutti i dati al 30 giugno). Per contro, un investimento della stessa somma in comparti specializzati sul Brasile, l’America latina o l’energia avrebbe comportato perdite tra il 38 e il 32%.
Pochi segni più
Sono le due facce di una stessa medaglia, ossia il primo semestre 2020, un periodo che sarà ricordato per la pandemia di Covid-19 e le conseguenze sull’economia, il lavoro e la vita quotidiana. Il bilancio complessivo per gli investitori in fondi è pesante. Solo il 18% delle categorie Morningstar ha avuto un rendimento positivo. Le Borse mondiali non si sono ancora del tutto riprese, nonostante il rimbalzo nel secondo trimestre. E’ andato un po’ meglio il mercato obbligazionario in forma aggregata, ma anche qui ci sono differenze tra le tipologie di bond, con high yield ed emergenti che hanno sofferto di più.
Un semestre di riscatti
La complessità del quadro di riferimento si è riflessa nelle scelte degli investitori. I dati sui flussi nei fondi europei rivelano che nei primi cinque mesi dell’anno gli obbligazionari (attivi e passivi) sono stati i più colpiti dai riscatti (-15,8 miliardi), seguiti dagli azionari (-8,4). In termini di raccolta, i protagonisti sono stati gli strumenti specializzati sulle materie prime, in particolare l’oro (+13,2 miliardi).
I settori al top
Il metallo giallo ha rispolverato tutte le sue doti di bene rifugio in una fase di volatilità delle Borse, incertezza sul futuro, bassi rendimenti obbligazionari, recessione economica e timori per una risalita dell’inflazione. Diverso è il discorso per gli altri due settori che sono usciti vittoriosi, in termini di performance, dal primo semestre. In entrambi i casi c’è un legame con l’epidemia. I titoli tecnologici si sono ripresi rapidamente dopo il sell-off di marzo perché il Coronavirus ha accelerato alcuni trend di lungo periodo come il cloud computing, il lavoro da remoto e l’e-commerce. Per quanto riguarda il biotech e, più in generale, l’industria farmaceutica, il focus è stato sulla ricerca di un vaccino e di cure efficaci.
In coda alla classifica
La pandemia ha messo a dura prova i mercati emergenti. L’America latina e in particolare il Brasile stanno ancora facendo i conti con l’aumento dei contagi e dei decessi. Ma sono anche altri i fattori che hanno penalizzato la regione nel primo semestre, tra cui la situazione economica, la fuga dei capitali esteri e l’andamento del petrolio. Il settore energetico, infatti, è stato l’altra maglia nera da gennaio a causa del crollo dei prezzi dell’oro nero. Il 20 aprile il contratto future Wti con scadenza a maggio è addirittura sceso in territorio negativo per poi riportarsi intorno ai 40 dollari al barile a fine giugno. Ma rimane l’incertezza sugli sviluppi dell’epidemia, che deprime la domanda.
Europa indietro
Tra le categorie di fondi che si sono lasciate alle spalle lo shock del primo trimestre, ci sono quelle specializzate sull’azionario cinese che segnano rialzi intorno al 6% in euro e sull’equity Usa a larga capitalizzazione e orientato alla crescita (titoli growth). In quest’ultimo caso, a fare la differenza è il peso del settore tecnologico all’interno dei portafogli, che è in media del 27%.
Non hanno ancora recuperato le perdite, invece, gli azionari specializzati sull’Europa, dove la “migliore” performance è quella dei prodotti con stile growth (-4,52%). E’ pesante il bilancio per i fondi con focus su Piazza affari (-16,2% in media). Le Borse del Vecchio continente erano rimaste indietro rispetto a quelle globali, ancor prima dello scoppio dell’epidemia di Coronavirus e il lockdown ha accentuato i problemi economici, deprimendo il sentiment degli investitori. Inoltre, il peso dei settori ciclici, come auto e finanziari, ha reso il sell-off più impetuoso rispetto ad altre aree.
L'articolo è stato pubblicato in anteprima su WeWealth il 7 luglio 2020.
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