Abitudini, paura, costi irrecuperabili sono i tre possibili canali di trasmissione del Covid-19 all’economia che possono generare conseguenze gravi nel lungo termine. A dirlo è uno studio di Morningstar dal titolo Lezioni dalla storia per navigare in un mondo post-pandemia, che analizza cinque avvenimenti shock del passato per capire cosa potrebbe accadere quando ci lasceremo alle spalle il Coronavirus. Tra questi ci sono la Seconda guerra mondiale, la crisi petrolifera degli anni Settanta, gli attentati alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001 e le epidemie degli ultimi vent’anni (Sars, influenza suina e aviaria).
I mercati oggi stanno inglobando nei prezzi dei titoli un cambiamento economico rispetto a prima della pandemia ed è chiaro a tutti che se non si dovesse trovare un vaccino o cure efficaci le conseguenze nel futuro sarebbero pesanti. Ma sono pochi a credere in questo scenario; al contrario prevale l’ipotesi dello sviluppo di un vaccino entro la prima metà del 2021. Meglio, dunque, concentrarsi su altri fattori.
Le abitudini
Il primo sono le abitudini, che sono cambiate durante il lockdown. Ad esempio, sono aumentati gli acquisti online a discapito di quelli nei negozi, è diminuita la frequenza con cui si va al ristorante e hanno prevalso le vacanze in Italia sull’estero. Ma saranno cambiamenti permanenti? Lo studio Morningstar suggerisce che alcune abitudini, come il lavoro da casa, lo shopping su Internet o la maggiore igiene personale, potrebbero persistere anche dopo la pandemia; mentre altri, tra cui il viaggiare meno o l’evitare i ristoranti e i luoghi affollati hanno meno probabilità di durare nel tempo, perché i nostri comportamenti sono condizionati dal contesto in cui ci troviamo.
La storia ci insegna che l’impatto è stato minimo o nullo nel passato. Durante la Seconda guerra mondiale, la popolazione ha sofferto privazioni e razionamenti per diversi anni, ma successivamente la gente è tornata a spendere e consumare, cancellando quel periodo difficile. Il conflitto, però, ha determinato un altro fenomeno, l’aumento delle donne nella forza lavoro, che si è rivelato poi un aspetto duraturo e positivo della vita sociale ed economica. In questo senso, si potrebbe fare un’analogia con la diffusione del lavoro da remoto durante la pandemia.
La paura
Il secondo fattore è psicologico, la paura di infettarsi o di una nuova ondata di Coronavirus con conseguenti chiusure delle attività e obblighi di distanziamento sociale. Il vaccino ridurrà i rischi, ma per liberarci del tutto dai timori, probabilmente ci vorrà del tempo. E’ difficile, dunque, prevedere l’impatto di questo aspetto su attività come il turismo, i trasporti o la ristorazione. L’analisi dei precedenti shock, in particolare gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 e le epidemie degli ultimi vent’anni, mostra che il panico non ha avuto effetti duraturi sull’economia.
Cosa ci insegna il passato
I costi irrecuperabili
Dal punto di vista economico, i costi irrecuperabili sono probabilmente il più rischioso canale di trasmissione del Covid-19 agli anni futuri. La pandemia ha generato costi per le imprese e i consumatori che non ci sarebbero stati se il virus non si fosse diffuso su scala globale. Ad esempio, le aziende hanno dovuto dotare i lavoratori di strumenti per il remote working. Gli oneri non sono solo monetari ma bisogna mettere in conto anche il tempo impiegato per implementare nuove procedure per svolgere le attività da remoto e comunicare con i colleghi e i manager. Inoltre, la produttività del lavoro da casa è tutta da dimostrare, dato che non è mai stato applicato in modo così diffuso.
Se guardiamo alle crisi passate, i costi irrecuperabili hanno avuto in qualche misura un impatto, in particolare durante lo shock petrolifero degli anni Settanta. I consumatori risposero all’impennata dei prezzi riducendo la domanda di prodotti derivati dal greggio. Ne è seguito un lungo periodo di aumento dell’efficienza nei processi produttivi, grazie soprattutto alle nuove tecnologie e questi miglioramenti non sono stati vanificati quando il costo è sceso alla fine degli anni Ottanta. Anche la legislazione, che ha imposto standard energetici più rigorosi, ha avuto un ruolo importante. Uno shock di breve periodo, dunque, ha avuto un impatto duraturo sulla domanda.
Il quadro macro
Guardando i dati macro recenti, la pandemia ha colpito alcune aree più di altre, in particolare il sud Europa, la Francia e il Regno Unito, tanto che gli analisti di DBRS Morningstar, in una nota del 10 settembre, hanno rivisto al ribasso le previsioni contenute nei loro scenari moderati ed avversi. Tuttavia, rimangono positivi per il futuro con l’attesa di una ripresa nel 2021. Il rischio maggiore è che i contagi tornino a salire a livelli preoccupanti, portando a nuove chiusure e restrizioni.
Pil reale nel secondo trimestre 2020 in rapporto al quarto trimestre 2019
Mercato del lavoro, osservato speciale
Un settore da monitorare con attenzione è il mercato del lavoro. “I dati sulla disoccupazione non raccontano tutta la storia”, si legge nella nota di DBRS Morningstar. “In alcuni paesi come l’Italia e la Francia, c’è stato addirittura un calo, ma questo riflette in parte un sostanziale aumento della non partecipazione al mondo del lavoro (persone che non sono occupate e non cercano a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia). Ci sono poi le misure governative, che hanno permesso di tagliare le ore di lavoro, ma di mantenere lo stesso numero di dipendenti a salario ridotto”. Il vero interrogativo è cosa accadrà quando i provvedimenti a sostegno dell’occupazione saranno ridotti o ritirati. Probabilmente, dovremo attenderci un incremento dei disoccupati in Europa, a parità di altre condizioni. Per contro, gli Stati Uniti hanno registrato una perdita record di posti di lavoro tra marzo e aprile, ma successivamente ne hanno recuperati circa la metà.
Nonostante la pandemia continui a mietere vittime in tutto il mondo, le principali economie hanno mostrato una certa resilienza. E’ chiaro che errori nel contenere la diffusione o ritardi nel trovare un vaccino e una cura potrebbero ritardare una piena ripresa.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.