Coronavirus, guerra commerciale, caos post-elezioni. Gli Stati Uniti non stanno vivendo un periodo facile – d’altronde nessun altro paese lo sta vivendo – ma l’economia a stelle e strisce ha tutto quello che serve per riprendersi prima di altre.
Il futuro presidente Joe Biden s’installerà alla Casa Bianca nel pieno della pandemia e con una situazione economica tutt’altro che rosea, ma a differenza del 2008 (quando Barack Obama subentrò a George W. Bush), ci sono segnali che lasciano intravedere un miglioramento e che spingono verso un maggiore ottimismo.
Nel terzo trimestre dell’anno, il Pil americano è balzato del 33,1% (annualizzato e meglio del 32% atteso), il record di sempre, che ha però seguito un altro record, negativo: il -31,4% segnato nel secondo trimestre del 2020 a seguito del lockdown nazionale.
A seguito della vittoria di Biden e soprattutto dell’annuncio di Pfizer sull’efficacia del proprio vaccino (il quale potrebbe già venire distribuito negli Usa entro la fine del 2020), anche Goldman Sachs ha aggiornato il suo modello di previsioni per l’economia americana. La banca d’affari stima che il Pil Usa dovrebbe tornare ai livelli pre-pandemici entro la metà del 2021.
Secondo le stime di Morningstar, il Pil degli Stati Uniti nel 2020 sarà in calo del 3,4%, circa 550 punti base al di sotto delle attese pre-Covid. “Questa discesa è molto più grave di quella vista nel momento peggiore della recessione del 2009, tuttavia prevediamo un forte recupero nel 2021 e negli anni successivi”, spiega Preston Caldwell, equity analyst di Morningstar. “La seconda ondata del virus, ad esempio, ha avuto il suo picco a luglio ha rallentato la spesa per i consumi, ma non è riuscita a farla crollare. Anzi, è rimasta molto al di sopra dei livelli minimi di aprile.” A seguito della vittoria di Biden e soprattutto dell’annuncio di Pfizer sull’efficacia del proprio vaccino (il quale potrebbe già venire distribuito negli Usa entro la fine del 2020), anche Goldman Sachs ha aggiornato il suo modello di previsioni per l’economia americana. La banca d’affari stima che il Pil Usa dovrebbe tornare ai livelli pre-pandemici entro la metà del 2021.
Il mercato, dal canto suo, non è stato a guardare (il fatto che il Senato resterà molto probabilmente repubblicano e che al Congresso i democratici non hanno ottenuto una maggioranza schiacciante è piaciuto agli investitori, in quanto la possibilità di un forte aumento delle tasse sembra più remota). “Anche nelle fasi più drammatiche, in cui sarebbe potuto sembrare che le elezioni non avrebbero consegnato nessun vincitore, la reazione dei mercati è stata positiva e focalizzata sulle prospettive di medio termine, a riprova del fatto che gli operatori non hanno preso troppo seriamente la retorica e le denunce di Trump, che paventava il presunto rischio di brogli già da settimane”, commenta in una nota Richard Flax, responsabile investimenti di Moneyfarm.
Passata la tempesta di marzo, l’indice Morningstar US Market NR ha guadagnato il 31% dal primo aprile al 12 di novembre (in euro), portando la performance da inizio anno al 6,5%, contro il 2% del Morningstar Global Markets Index NR e il -5,2% del Morningstar Eurozone Index NR.
“Tutto sommato, mentre ci avviciniamo al 2021, crediamo che i fattori macroeconomici prenderanno il sopravvento sulla questione politica – prosegue Flax – Ciò potrebbe essere positivo per gli asset rischiosi, a condizione che Covid-19 non diventi di nuovo fuori controllo e che la crescita inizi a prendere slancio nel primo trimestre. Certo, esiste l’incognita dei ricorsi, con gli avvocati di Trump già in azione ancor prima che il risultato fosse confermato, per evidenziare eventuali irregolarità. Una coda lunga di polemiche (sullo stile di quella seguita alla vittoria di Bush nel 2000), creerebbe sicuramente incertezza sui mercati.”
L’offerta europea
Gli investitori del Vecchio continente possono scegliere tra 96 Exchange traded fund domiciliati in Europa dedicati ai titoli azionari large cap blend statunitensi (non tutti si trovano su Borsa Italiana). Nella tabella sottostante, i 21 coperti dalla ricerca qualitativa di Morningstar.
Con rispettivamente 35 e 23 miliardi di euro in gestione, l’iShares Core S&P 500 UCITS ETF USD (Acc) (EUR) e il Vanguard S&P 500 UCITS ETF (EUR) sono di gran lunga i più grandi replicanti di categoria.
Lo S&P 500 è un indice ponderato per la capitalizzazione di mercato aggiustata per il flottante, che racchiude le 500 azioni statunitensi a maggiore capitalizzazione. Nato nel 1957 è considerato il benchmark più rappresentativo della Borsa Usa. A livello settoriale, il portafoglio è dedicato principalmente al comparto tecnologico (28%), a quello sanitario (14%), ai beni di consumo (11,5%), al settore elle comunicazioni (11%) e ai titoli finanziari (9,7%).
Oltre ad aver cambiato la propria esposizione settoriale (alla fine del 2015 i titoli finanziari erano al secondo posto con il 16% del portafoglio e un anno più tardi il settore energetico pesava il 7,6% contro il 2% attuale), Il benchmark ha sensibilmente aumentato la propria concentrazione negli ultimi anni, coi primi dieci titoli che pesano attualmente il 27,4% del totale (cinque anni fa erano intorno al 17%). Le aziende più pesanti in portafoglio sono Apple (6,5% - record assoluto per una singola azienda nello S&P 500), Microsoft (5,5%), Amazon (4,5%) e Facebook (2,2%).
“I fondi che replicano lo S&P 500 hanno costantemente sovraperformato la media della categoria di un intervallo compreso tra lo 0 e il 4% su base annua, rappresentando così un valido motivo di investimento in strumenti passivi a basso costo quando si cerca un’ampia esposizione azionaria statunitense”, commentano gli analisti di Morningstar. “D’altra parte, guardando le valutazioni, gli investitori non hanno pagato premi significativi per la detenzione di azioni statunitensi a grande capitalizzazione rispetto a titoli a piccola e media capitalizzazione, il che suggerisce che la sovraperformance delle società più grandi negli ultimi 10 anni non necessariamente implica delle valutazioni gonfiate. Gli investitori dovrebbero tuttavia essere sempre ben consapevoli della concentrazione sottostante la crescita degli utili in questo indice, fortemente trainata dalle prime 10 società del portafoglio.”
Tra i 21 replicanti coperti dalla nostra ricerca, inoltre, ce ne sono sei che ricevono la Low Carbon Designation, un parametro che Morningstar assegna ai fondi che si distinguono per un basso rischio legato alle emissioni inquinanti dei titoli in portafoglio. All’interno di questo gruppo, l’unico a ottenere un Analyst Rating pari a Gold è l’iShares MSCI USA ESG Screened UCITS ETF USD (Acc). Il più grande in termini di asset, invece, è l’iShares MSCI USA SRI UCITS ETF USD (Acc) (EUR), al quale viene assegnato un rating pari a Bronze, ma che sfoggia cinque stelle Morningstar e un Sustainability Rating di cinque globi, il giudizio massimo.
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