Lo sbarco in Borsa è uno dei sistemi che gli investitori privati - in particolar modo i venture capitalist - utilizzano per capitalizzare l’investimento che hanno fatto in una start up e aprirsi a un pubblico di soci più ampio. La quotazione può avvenire in tre modi:
-Offerta pubblica di sottoscrizione: la possibilità data agli investitori di sottoscrivere azioni di nuova emissione;
-Offerta pubblica di scambio: cessione di azioni già esistenti e possedute dagli attuali azionisti;
-Offerta pubblica di sottoscrizione e scambio: un’ibrido fra i due.
Un sistema per arrivare in Borsa sono le Spac (Special Purpose Acquisition Company), cioè società create per fare un investimento collettivo e poi sparire. Sono strumenti di investimento che, dopo aver identificato una azienda da acquisire, servono a raccogliere capitale con lo scopo di arrivare alla quotazione.
Nel caso dell’Italia lo sbarco è sul mercato Aim di Borsa Italiana. La Spac, nel mondo dei mercati privati, viene anche chiamata accelleratore, cioè una società che offre soldi e capitali per una rapida crescita in cambio di quote della start up. In pratica, la Spac prevede una società-veicolo che, quotandosi, raccoglie i capitali per acquisire una piccola o media impresa. Una volta completata l’acquisizione la società cosiddetta target viene fusa con il veicolo e si trova quotata in Borsa Italiana.
Contrariamente alle aspettative, nonostante le incertezze create dalla pandemia, il 2020 è stato un ottimo anno per le Ipo. Secondo i dati di Borsa Italiana, nel 2020 sul mercato Aim ci sono state 23 nuove quotazioni sul mercato dedicato alla crescita delle Pmi, per un totale raccolto di 136 milioni di euro. I dati si confrontano con il record segnato nel 2019 (35 quotazioni e 207 milioni di euro). Il 2020 ha visto anche la nascita del nuovo segmento Aim Professional, dedicato a start up e scale up (così vengono anche chiamate le società che hanno superato la fase di early stage).
A livello globale, secondo i dati di PitchBook ci sono state 1.291 Ipo per una raccolta totale di 331,47 miliardi di dollari. In pratica il record dal 2011.
Dove ci saranno i debutti
Il 2021 promette di essere un altro anno interessante. “Non è possibile ancora fare una stima sul numero di società o di capitali che verranno raccolti. Molto dipenderà dall’andamento dell’economia e dalla situazione dei mercati in cui intendono sbarcare”, spiega Paul Condra, analista di PitchBook. “Tuttavia, in base ad alcuni parametri, si possono individuare i settori da cui arriveranno le possibili debuttanti”. Non soprende, visto l’interesse dimostrato dagli investitori privati, che si parli di segmenti in cui a farla da padrone sono le rivoluzioni tecnologiche.
Consumer fintech
Le società fintech per il segmento consumer hanno attirato un notevole interesse da parte degli investitori negli ultimi anni. In nord America e in Europa, dal 2018 al 2020 queste società hanno raccolto 11,7 miliardi di dollari dal 2018 al 2020.
“La pandemia di Covid-19 ha modificato il modo in cui i consumatori e le imprese gestiscono le proprie finanze”, dice l’analista. “L'elevata disoccupazione, l'accesso limitato alle banche fisiche e i lockdown hanno cambiato il panorama e hanno creato la domanda per soluzioni bancarie flessibili. Le startup hanno risposto offrendo nuove modalità di accesso e gestione delle finanze”.
Questa acceleraziome ha avuto due risultati. Da una parte ha spinto sempre nuovi clienti verso le banche e i servizi virtuali riducendo il gap con gli istituti fisici. “Dall’altro ha fatto crescere il valore delle società fintech spingendo i venture capitalist a quotare queste aziende per capitalizzare l’investimento prima che sul mercato arrivino concorrenti con nuovi strumenti all’avanguardia”, dice Condra.
Possibili Ipo nel Consumer Fintech
Information security
Un discorso analogo vale nel settore dell’information security dove, peraltro, i debutti in Borsa sono sempre stati scarsi. Anche qui la pandemia ha cambiato le cose. “Le aziende che lavorano in questo settore hanno sempre potuto contare su revenue costanti che hanno tenuto tranquilli gli investitori nei diversi round di finanziamento”, spiega l’analista. L’arrivo della pandemia ha costretto molte aziende a ricorrere allo smartworking e a utilizzare nuovi e più sofisticati sistemi di sicurezza. Questo ha portato a spendere più soldi per trovare nuove soluzioni tecnologiche”. Il problema, dal punto di vista dei venture capitalist è che le dimensioni di queste società sono diventate tali da ridurre i margini di crescita. “Continuare a puntarci significherebbe utilizzare capitali che potrebbero essere meglio spesi per altre start-up”, dice Condra. “A questo punto, l’unica soluzione è la Borsa”.
Consegne-last mile delivery
Anche in questo caso la spinta ad arrivare in Borsa, soprattutto per le società cosiddette last mile delivery (in sostanza quelle che si occupano direttamente delle cosegne a casa), è un effetto della pandemia.
“Secondo le nostre stime è un settore che, nel 2025, varrà 560 miliardi di dollari, con una crescita del 7,7% all’anno rispetto al 2019”, spiega l’analista. “Dal punto di vista degli investitori, anche quelli dei public market, potrebbe essere un buon sistema per avere in portafoglio società in grado di resistere a eventuali nuove crisi sanitarie”.
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