Una maggior trasparenza sul gender gap nelle imprese contribuirà a ridurlo? In alcuni paesi, è già obbligatorio fornire informazioni su tematiche come le differenze retributive o di opportunità di occupazione, come ad esempio in Australia (dal 2012), nel Regno Unito (dal 2017), oltre che in Ontario (Canada) e California (da gennaio 2021, ma non nel resto degli Usa). Nell’Eurozona, la direttiva 2014/95/UE è quella di riferimento in tema di “comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni”.
E’ stata recepita in Italia dal decreto legislativo del 30 dicembre 2016, n. 254, che prevede che, all’interno della relazione sul governo societario, sia inclusa una descrizione delle politiche in materia di diversità applicate in relazione alla composizione degli organi di amministrazione, gestione e controllo. La norma è obbligatoria per le aziende di grandi dimensioni, mentre per le altre è su base volontaria.
In aumento l’engagement
In assenza di un obbligo di disclosure, o laddove questo è parziale, gli investitori negli ultimi anni hanno svolto un ruolo importante nel chiedere una rendicontazione adeguata, oltre a un miglioramento delle pratiche sulla diversità. La campagna Fearless Girl di State Street, lanciata per la Giornata internazionale della donna nel 2017, ha attirato l'attenzione del settore finanziario sull'importanza delle donne nella leadership aziendale e ha stimolato l’impegno di molte società di gestione su queste tematiche. Secondo i dati Morningstar, nel 2020, le proposte degli azionisti che chiedevano un reporting sulla diversità della forza lavoro e dell'alta dirigenza hanno raggiunto un livello record del 45% di sostegno. “Le risoluzioni portate nelle assemblee degli azionisti sull’equità retributiva tra generi - che nel 2020 si sono estese per includere quelle riferite alle minoranze etniche - sono ora molto frequenti negli Stati Uniti”, spiega Jackie Cook, direttore della Sustainability Stewardship Research di Morningstar.
Oltreoceano, è in crescita il numero di asset manager che aderiscono alla Corporate Call to Action: Coalition for Equity & Opportunity (CEO), un gruppo di lavoro lanciato da Connecticut Office of the Treasurer e dalla Ford Foundation, che si è impegnato a rendere pubblici i dati demografici forniti alla Commissione per le pari opportunità statunitense, permettendo così a investitori e consumatori di avere per la prima volta informazioni di questo tipo e misurare i progressi sulla diversità. La coalizione rappresenta 26 mila miliardi di patrimonio gestito e tra le case di investimento figurano Aberdeen Standard Investments, AllianceBernstein, Franklin Templeton, Invesco, Schroder Investment Management North America, oltre a BlackRock, Goldman Sachs, Morgan Stanley, State Street Global Advisors, and T. Rowe Price.
La trasparenza in Italia
In Italia, l’implementazione della Sustainable finance disclosure regulation (SFDR) dovrebbe contribuire ad aumentare le informazioni su gap retributivi, diversità di genere nei consigli di amministrazione e sulle discriminazioni o altre violazioni nel luogo di lavoro, dal momento che questi aspetti sono tra gli indicatori proposti dal comitato congiunto delle autorità di vigilanza europee (European supervisory authorities, ESAs) nel report finale sugli standard tecnici di regolamentazione (Regulatory technical standard, RTS) con riferimento gli impatti negativi delle decisioni di investimento sui fattori sociali (Principle adverse impact).
In base all’Osservatorio sulle dichiarazioni non finanziarie, che ha analizzato circa 200 società (dati 2019), le differenze di genere rimangono pronunciate, in particolare per quanto riguarda la percentuale di donne nelle posizioni di vertice che è, nella maggior parte dei casi, tra il 20 e il 30%. Per quanto riguarda il rapporto percentuale tra il salario base femminile e il salario base maschile nei ruoli dirigenziali, i dati sono disponibili per un centinaio di società: in 56 di esse sembra prevalere una certa parità, mentre 40 hanno un gap sfavorevole alle donne, un numero che appare ancora piuttosto elevato, considerato anche che il campione è ristretto. Un altro dato su cui riflettere è quello dei dipendenti: il 37% è donna contro il 63% di uomini. Il divario, come ha ricordato il Presidente del consiglio, Mario Draghi, nel suo discorso programmatico alle Camere, è tra i più alti d’Europa (circa 18 punti su una media europea di 10). Secondo le stime di Banca d’Italia, se il tasso di occupazione femminile salisse dall’attuale 47% al 60%, il Pil (Prodotto interno lordo) aumenterebbe del 7%.
Differenze di genere nelle aziende italiane in base ai dati della DNF (2019)
Lontani dall’equità
Le donne ai vertici delle aziende sono ancora troppo poche anche negli Stati Uniti. Secondo uno studio di Morningstar, dal titolo “The Gender gap in the C-suite”, tra il 2015 e il 2019, la quota di donne nelle posizioni manageriali di alto livello è cresciuta al 12,2% dal 9,4%. In altre parole, le donne sono passate a detenere 1 su 8 posizioni dirigenziali, mentre prima il rapporto era di 1 su 11. “A questi ritmi, la parità di rappresentanza si avrà solo nella seconda metà di questo secolo”, dice Cook.
Il gap retributivo resta ampio, anche se è diminuito rispetto al 2015. Nel 2019, le donne senior executive più pagate hanno guadagnato 84,6 centesimi per ogni dollaro di retribuzione maschile (81,5 quattro anni prima). La paga mediana delle donne ai vertici, che non ricoprono la carica di amministratore delegato, è pari al 91,5% di quella guadagnata dagli uomini con cariche simili. Tuttavia, è interessante notare che per le poche donne (6%) che raggiungono il grado di Ceo (Chief executive officer), il pay gap non si è solo annullato, ma è ora favorevole: 103 centesimi per ogni dollaro dei Ceo-uomini.
Differenze retributive e di rappresentatività nelle aziende quotate Usa negli alti ruoli dirigenziali (Neo, Named executive officer)
Allarme Covid
La fase pandemica che stiamo attraversando è critica per i futuri sviluppi delle donne nel mondo del lavoro. I rischi di tornare indietro, rispetto a una situazione che è lontana dall’equità sono elevati. L’indagine McKinsey Women in the Workplace 2020 rivela che una donna su quattro sta valutando di rivedere la propria carriera o licenziarsi a causa del sovraccarico di lavoro per la cura dei figli, degli anziani o della casa dopo che il Covid-19 ha drasticamente cambiato la nostra quotidianità. Questo potrebbe avere impatti forti sulle future dinamiche demografiche nelle aziende e sulla crescita economica.
La battaglia, però, non è persa. “La maggiore consapevolezza delle disuguaglianze di genere ed etniche sfida le aziende a fissare nuovi obiettivi di diversità e a essere più trasparenti e proattive nel perseguirli”, dice Cook. “E’ in crescita anche l’appetito degli investitori per i dati sulla diversità e l'inclusione sul posto di lavoro e, di conseguenza, la richiesta di regole obbligatorie per la loro comunicazione”. Insomma, il tema della discloure è fondamentale in questa fase.
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