I timori di inflazione negli Stati Uniti sono stati un tema centrale sui mercati emergenti, come nel resto del mondo, negli ultimi mesi. Tuttavia, non hanno causato grandi scossoni perché prevale la convinzione che la fiammata dei prezzi sia un fenomeno temporaneo. Dall’inizio dell’anno, l’indice azionario Morningstar EM è in crescita di oltre il 10% in euro (al 16 luglio 2021) ed è positivo anche il reddito fisso (misurato dal JPM Embi Global diversified). Le Borse delle aree in via di sviluppo, tuttavia, non hanno tenuto il passo con l’equity globale che avanza di quasi il 15% da gennaio.
Le dinamiche inflazionistiche non sono l’unica questione all’ordine del giorno sui mercati emergenti. Altri temi-chiave sono le ondate pandemiche che in alcune nazioni, come India e Brasile, sono state molto forti e la campagna vaccinale che procede a rilento.
Gli occhi degli operatori restano poi puntati sui rapporti tra la Cina e il resto del mondo che, come è emerso nell’ultima riunione del G7 a giugno, potrebbero incrinarsi. “La decisione di Biden di firmare un ordine che vieta investimenti Usa a favore di 59 aziende legate con l'esercito cinese, tra cui figura anche Huawei, ne è una conferma”, commenta Giacomo Calef, country manager di Notz Stucki. “Anche l’Europa nelle scorse settimane ha posto un freno alle relazioni con Pechino, dato che il Parlamento ha sospeso l’accordo Ue-Cina in materia di investimenti (Comprehensive Agreement on Investment - CAI), concordato solo nel dicembre 2020”. La situazione è delicata perché c’è una forte interconnessione commerciale tra oriente e occidente. Basti pensare che il 15% del debito pubblico verso l’estero degli Stati Uniti è nelle mani del colosso asiatico o che i leader dell’industria automobilistica tedesca, come Volkswagen, hanno in Cina il loro principale mercato di sbocco.
Dai gestori di portafoglio sono arrivati negli ultimi tempi messaggi contrastanti. C’è chi ha annunciato di voler uscire dall’azionario cinese in favore della Borsa di Tokyo, come Ethenea, e chi (ad esempio Carmignac) guarda alle opportunità nei prossimi dieci-quindici anni derivanti soprattutto dall’innovazione tecnologica e medicale, dalla transizione energetica e dall’evoluzione delle modalità di consumo.
Più in generale, gli investitori si domandano se prevarranno i fattori a favore dei mercati emergenti, come ad esempio i tassi di crescita economica generalmente più alti rispetto alle aree sviluppate, o quelli a sfavore, tra cui un aumento dell’avversione al rischio da parte degli operatori di Borsa.
Come devono dunque orientarsi gli investitori interessati ai mercati emergenti tra timori economici e geopolitici? Morningstar dedica l’intera settimana all’analisi dei rischi e delle opportunità nelle regioni in via di sviluppo e alle migliori strategie in base alla ricerca Morningstar.
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