Gli investitori americani esplorano l’Europa, quelli da questa parte dell’Atlantico vanno sui mercati azionari globali e strizzano l’occhio a Wall Street. L’analisi della raccolta dei fondi nei primi nove mesi del 2021 fa riflettere sulle sfide per i risparmiatori nell’attuale momento economico-finanziario.
Partiamo dagli Stati Uniti. Morningstar ha stimato che, dall’inizio dell’anno, i flussi verso i fondi azionari specializzati sul Vecchio continente siano stati superiori a 15 miliardi di dollari. La categoria ha avuto il tasso di crescita organica più elevato (+30%) tra quelle internazionali del mercato statunitense. Per contro, gli investitori europei, nello stesso periodo, hanno allocato 141,6 miliardi di euro negli azionari globali e 14,8 miliardi nell’equity americano. Per i fondi con focus sulle società a larga capitalizzazione continentali hanno riservato “appena” 4,2 miliardi di euro. Addirittura, nel mese di settembre, questi ultimi hanno subito oltre un miliardo di riscatti netti, mentre le altre categorie hanno continuato a raccogliere.
“Negli Stati Uniti, sembra che gli investitori siano andati a caccia di titoli con valutazioni interessanti piuttosto che inseguire le performance”, afferma Katherine Lynch, data journalist di Morningstar. “Le Borse europee hanno fatto peggio di Wall Street quest’anno e la raccolta dei fondi ha avuto il suo picco in estate quando il mercato americano era decisamente sopravvalutato. Probabilmente, in molti hanno creduto che la crescita dell’economia nel Vecchio continente potesse seguire quella d’oltreoceano. I flussi rimangono positivi anche adesso, nonostante la crisi energetica ostacoli la ripresa”.
Il dilemma
Sono gli investitori americani che credono più alla ripresa europea rispetto a quelli di questa sponda dell’Atlantico oppure sono questi ultimi che preferiscono inseguire il rally di Wall Street, convinti che possa ancora durare a lungo?
L’indice Morningstar Usa ha guadagnato il 28,4% in euro nei primi dieci mesi del 2021, contro il 19,7% del benchmark europeo. Quest’ultimo non è riuscito a tenere il passo con il resto del mondo (+21,5% il Morningstar global markets index). Se guardiamo ai rendimenti in valuta base, le distanze si accorciano con Wall Street a +21,4% in dollari, sostanzialmente in linea con le azioni globali. Per gli investitori europei, dunque, c’è stato un effetto positivo dovuto al cambio tra le due valute.
Dal punto di vista delle valutazioni, invece, sembrano esserci poche buone ragioni per investire a Wall Street. Secondo il barometro di Morningstar, il mercato americano è sopravvalutato del 7% in base al rapporto prezzo/fair value delle azioni che lo compongono. Tra i principali è uno dei più cari. In Europa, invece, se si esclude la Francia, la Svizzera e alcune Borse nord-europee, i listini mostrano ancora delle opportunità. Ad esempio, l’Italia e la Germania sono a sconto del 2% (i dati si riferiscono all’universo di titoli coperti dalla ricerca Morningstar al 15 novembre 2021).
Dove investire se è tutto caro
“In base all’indice Shiller cyclically adjusted price/earnings ratio, il mercato statunitense è più costoso di quanto non sia mai stato negli ultimi 150 anni”, spiega John Rekenthaler, vice president per la ricerca di Morningstar. “In passato, gli investitori avevano due possibilità nelle fasi Toro: seguire il gregge sperando che il trend continuasse, oppure andare controcorrente, prendendosi un rischio maggiore ma acquistando a prezzi inferiori. Oggi non è più possibile perché solo una piccola parte dei mercati finanziari globali è a sconto”. Il ricercatore suggerisce di ripensare l’approccio di investimento di lungo periodo, combinando alla componente centrale (core) del portafoglio una “esplorativa”.
Il momento di esplorare
E’ possibile che gli investitori americani abbiano cominciato ad esplorare l’Europa proprio per questa ragione, mentre per quelli europei continuare a puntare su Wall Street può diventare sempre più costoso e rischioso. E’ vero che per i secondi il Vecchio continente è una parte core del portafoglio, così come l’azionario globale. L’esplorazione, quindi, dovrebbe prendere altre direzioni, ricordando che il suo compito fondamentale è quello di proteggere dalle fasi di ribasso. Seguendo il ragionamento di Rekenthaler (e in modo un po’ provocatorio), perché non riconsiderare i titoli di Stato di miglior qualità? “I rendimenti sono davvero bassi, tanto che non meritano neppure più lo status di core asset”, dice. “Tuttavia, non hanno perso la loro caratteristica di dare una copertura al portafoglio quando le azioni crollano”. L’alternativa è la liquidità, da intendere come un parcheggio in attesa di tempi migliori, ricordando che l’aumento dell’inflazione erode il potere di acquisto, per cui non si hanno perdite in termini nominali, ma il denaro “reale” varrà di meno.
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