1. Le onde d’urto dell’inflazione
L’inflazione corre in Italia. A gennaio l’aumento è stato del 4,8% su base annua (dati Istat), un livello che non si registrava dall’aprile del 1996. Anche nell’Eurozona si fa sentire il caro-vita (+5,1% secondo Eurostat). Con questi numeri, i mercati hanno cominciato a scontare un inasprimento della politica monetaria della Banca centrale europea, il che ha provocato qualche scossone. “I rendimenti tedeschi a due anni sono saliti al di sopra del tasso sui depositi della Bce di -0,5% per la prima volta dal 2015, convinti che Lagarde si aprirà ad un rialzo dei tassi nel 2022”, osserva Althea Spinozzi, Senior Fixed Income per BG Saxo, che si aspetta che l'intera curva dei rendimenti tedesca si stabilizzi sopra lo 0%, mentre la Bce si preparerà a normalizzare la sua politica monetaria. E i governativi italiani sono destinati a soffrire di più la volatilità del mercato dei tassi.
2. La Bce non cambia rotta a differenza di Fed e BoE
Gli investitori non si attendevano grandi novità dal meeting della Bce del 3 febbraio, perché gran parte degli annunci erano stati fatti nei mesi scorsi. In effetti, l’istituto centrale ha lasciato i tassi fermi: il principale a zero, quello sui depositi a -0,50% e quello sui prestiti marginali a 0,25%. E’ stata, inoltre, confermata la conclusione del programma pandemico di acquisto di titoli (Pepp) alla fine marzo. Insomma, nessun cambiamento rispetto alla linea già tracciata, nonostante gli ultimi dati sull’inflazione. La Banca centrale europea, dunque, non sterza verso politiche più aggressive, in gergo da falco, distinguendosi rispetto alla Federal Reserve e alla Bank of England (BoE). Quest’ultima, sempre il 3 febbraio, ha annunciato un incremento dei tassi di riferimento dello 0,5%, dopo il precedente 0,25%. Gli operatori finanziari, tuttavia, stanno già ragionando sui cambiamenti nella politica monetaria di Christine Lagarde. “I mercati stimano che la Bce procederà con un aumento dei tassi entro la fine dell’anno, per poi approvare altri due aumenti nel 2023, portando così il tasso di deposito allo 0,25% entro la fine del prossimo anno”, afferma Kevin Thozet, membro del Comitato investimenti di Carmignac.
3. Il miglior risultato per l’Italia
La rielezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica è “il miglior risultato per l’Italia” secondo molti gestori patrimoniali. Lo spread tra BTP e Bund tedesco a dieci anni è sceso dopo aver sfiorato i 150 punti con proiezioni che lo davano verso i 200 pb nello scenario peggiore, anche se successivamente, nel corso della settimana, si è nuovamente allargato per la vulnerabilità alle politiche monetarie della Banca centrale. Per Alberto Gallo e Gabriele Foà, gestori di Algebris Investments, l’esito del voto “è positivo per gli asset di rischio italiani” perché si è allontanato il rischio di elezioni anticipate e il governo può continuare il proprio lavoro sul recovery fund. Inoltre, la credibilità di Mattarella “può proteggere almeno parzialmente gli asset dalla volatilità, in vista delle elezioni 2023”. Ma i due fund manager avvertono che i prossimi dodici mesi potrebbero essere più difficili, con la Banca centrale europea che detiene il 35% dei titoli di stato italiani e procederà nel corso dell’anno alla riduzione delle misure ultra-espansive, oltre al fatto che i tassi di interesse non potranno rimanere bassi per sempre.
4. Investitori coraggiosi nell’anno della Tigre?
L’anno della Tigre d’acqua in Cina è cominciato il 1° febbraio, a pochi giorni dall’inizio dei Giochi olimpici invernali di Pechino (4 febbraio). Al felino sono associati coraggio, passione e sicurezza in se stessi. In realtà, gli investitori non possono che sperare in un anno migliore rispetto a quello del Bue, che è stato uno dei peggiori sul mercato azionario. Nei commenti dei gestori di portafoglio pubblicati in questi giorni si vede un certo ottimismo. Jimmy Chen, portfolio manager di Comgest considera la Cina “un rifugio” perché l’inflazione rimane bassa e la politica monetaria potrebbe diventare più espansiva, a differenza di quanto sta accadendo negli Stati Uniti o in Europa. Per Michael Lai, gestore di Franklin Templeton, gli investitori “si stanno adeguando ai nuovi quadri normativi”, che tanta volatilità hanno generato nel 2021; mentre Louis Luo (abrdn) considera probabili nuovi interventi per stabilizzare il mercato immobiliare, dopo il caso Evergrande. Tuttavia, è bene non perdere d’occhio gli sviluppi geopolitici, in particolare le tensioni con gli Stati Uniti, ma anche le questioni dei diritti umani, con i Giochi olimpici che hanno riacceso l’attenzione sulle condizioni della minoranza etnica degli Uiguri.
5. Le trimestrali di Alphabet e Meta
Non è stato un inizio d’anno facile per i titoli tecnologici. L’indice Morningstar US Technology sector ha perso il 7,5% in euro a gennaio, più di Wall Street nel suo complesso (-4,5%). Febbraio è cominciato con un rimbalzo e bisognerà vedere se proseguirà. Una ventata di ottimismo l’ha portata la trimestrale di Alphabet (Google), che ha sorpreso in positivo, grazie alla crescita dei ricavi pubblicitari, di quelli derivanti dai servizi di cloud computing e da YouTube. I ricavi totali sono stati di 75,3 miliardi di dollari, in crescita del 32% rispetto a un anno fa. Gli analisti di Morningstar hanno aumentato il fair value del 4% a 3.600 dollari e il titolo ha 4 stelle (report di Ali Mogharabi del 2 febbraio 2022). La società ha anche annunciato uno split azionario pari a 20 nuovi titoli per ciascuno oggi in circolazione. Non è piaciuta agli investitori, invece, la trimestrale di Meta Platform (Facebook) e l’azione è scesa del 23% nel trading after-hour dopo l’annuncio. Secondo Mogharabi, il calo ha creato opportunità di investimento per la società a cui gli analisti di Morningstar riconoscono un ampio vantaggio competitivo.
6. Gas naturale e nucleare nella Tassonomia Ue
Il 2 febbraio, la Commissione europea ha adottato un atto delegato complementare sul clima che include (a determinate condizioni) il gas naturale e il nucleare nella Tassonomia delle attività sostenibili, nonostante il parere contrario della Piattaforma per la finanza sostenibile, il suo organo consultivo. “Le attività selezionate in questi due settori sono in linea con gli obiettivi climatici e ambientali dell'Ue e ci consentiranno di abbandonare più rapidamente attività più inquinanti, come la produzione di carbone, a favore delle fonti rinnovabili di energia, che saranno la base principale di un futuro a impatto climatico zero”, si legge in una nota della Commissione. La decisione è stata criticata da più parti. In Italia, il gruppo Banca etica ha espresso forte preoccupazione perché “autorevoli esperti sono concordi nel dire che il gas è una fonte climalterante e che le centrali nucleari pongono rilevantissimi problemi di sicurezza e di gestione delle scorie radioattive”. Con la loro inclusione potranno essere destinatari di fondi pubblici e investimenti privati che vogliono definirsi green.
7. Greenwashing al Festival di Sanremo?
L’organizzazione ambientalista, Greenpeace, ha accusato Eni di sfruttare la vetrina di Sanremo per promuovere un’immagine green quando in realtà punta ancora molto sulle fonti fossili. Secondo i dati di product involvement di Sustainalytics, la compagnia italiana ricava da oil&gas oltre il 68% dei suoi profitti. Quasi il 75% della produzione deriva da petrolio e idrocarburi (dati riferiti all’anno fiscale 2020). Il suo Carbon risk rating, indicatore del rischio carbon non gestito e non gestibile da Eni è pari ad alto, secondo la metodologia di Sustainalytics, in una scala che va da nullo a severo.
8. Se il cliente predefinito è “uomo”
Questa settimana sono stata invitata a tenere un intervento sulla pianificazione finanziaria al femminile durante i Rankia Italia Awards. Il timing non poteva che essere più perfetto. Proprio in questi giorni è uscita una indagine di BNY Mellon Investment management su 8 mila donne e uomini in 16 mercati, incluso il Belpaese, e 100 gestori globali che gestiscono un patrimonio di 60 mila miliardi di dollari. Il rapporto rivela che se le donne investissero come gli uomini, gli asset in gestione provenienti da privati aumenterebbero di 3.220 miliardi di dollari. Purtroppo, però, l’industria del risparmio ha “in testa gli uomini”. Quasi 9 società su dieci dicono che il loro cliente di default è “uomo” e tre quarti dichiara che la gamma di prodotti è destinata a un target maschile, con un’attenzione alle caratteristiche e ai benefici che interessano di più questi ultimi.
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