Le criptovalute sono un asset che gli investitori devono prendere in considerazione? La domanda è tornata di attualità nelle ultime settimane, quando il mercato delle valute virtuali è sceso drammaticamente da inizio anno.
Il Bitcoin (la più famosa delle monete virtuali), ad esempio, in questi giorni è scambiato intorno ai 44mila dollari, lontano dal picco di 68mila dollari raggiunto nel novembre 2021.
Alcuni leggono la situazione legandola al ciclo di halving di Bitcoin. In pratica si tratta del meccanismo mediante il quale si riduce la quantità di monete che è possibile creare attraverso il processo di mining. Il protocollo Bitcoin, infatti, si basa su due concetti correlati con la scarsità. In primo luogo, il numero di moneta in circolazione sarà sempre limitato a 21 milioni. Inoltre, ogni quattro anni il numero di bitcoin aggiunto alla rete viene dimezzato.
Andamento delle criptovalute dopo gli halving
Non va dimenticato l’atteggiamento delle banche centrali. Una bordata alle criptovalute è arrivata di recente dalla Bce con il report “La sfida del Bitcoin: come domare un predatore digitale”. Secondo quanto riportato nell’analisi il Bitcoin è visto come uno strumento di pagamento poco rilevante con transazioni lente e costose che lo rendono scarsamente fruibile come moneta di scambio adottabile su larga scala.
Oltre a un problema di tipo pratico viene anche descritto come molto volatile e pessimo come riserva di valore se paragonato all’oro; chiude il quadro il notevole impatto ambientale ed energetico del suo metodo di pagamento e degli scambi.
“Ciò che ne consegue è che la valutazione di mercato del Bitcoin è puramente basata sulla speculazione”, spiega il report. “Il suo rally di mercato continuerà solo finché potrà essere mantenuta la convinzione della comunità Bitcoin sui suoi presunti vantaggi. Ma l’entusiasmo da solo non è sufficiente nel lungo periodo, poiché il Bitcoin è alla fine solo una catena di numeri e le tecnologie vengono sostituite da tecnologie migliori”.
Banche centrali e monete digitali
La risposta della Bce alle criptovalute è l’euro digitale. Si tratta di un progetto su cui si sta già lavorando e che dovrebbe vedere la luce entro il 2026. In pratica si tratta di una CBDC (Central Bank Digital Currency) cioè una valuta digitale emessa dalla Bce accessibile a tutti i cittadini e alle imprese come le banconote, ma in forma digitale.
L'euro digitale non sarà una criptovaluta: i prezzi delle criptovalute sono volatili perché mancano di valore intrinseco e non esiste un'istituzione affidabile che le supporti. L’euro digitale è, invece, una valuta come l’euro fisico e il suo valore è alla pari con il contante (1 euro è tale sia digitale che fisico). Inoltre, è emesso dalla Bce e questo gli dà un'enorme stabilità rispetto ai contraccolpi di mercato.
La questione CBDC è stata affrontata al G7 di Washington nell’ottobre 2021. Nel corso del summit sono stati fissati tredici principi che le autorità centrali dovranno tenere debitamente in considerazione in caso di emissione di valute digitali a livello centrale.
Si tratta di valori molto diversi fra loro tra cui:
-La stabilità monetaria.
-La concorrenza.
-La mitigazione del rischio di impiego delle criptovalute per scopi illeciti.
-La sostenibilità ambientale.
Criptovalute in portafoglio
Dal punto di vista operativo, l’uso delle criptovalute come strumento di investimento crea diversi problemi.
“L'adozione della criptovaluta continua a crescere, ma questioni come la sostenibilità nel lungo termine, il ruolo della speculazione nei prezzi di mercato e i problemi legati a un ambiente normativo ostile rimangono tutti problemi che, al momento, non hanno soluzioni”, spiega Michael Miller, Equity Analyst di Morningstar. “In uno scenario in cui le authority di regolamentazione fossero permissive proseguirebbero i tassi di emissioni vertiginosi che abbiamo visto in questi anni e il mercato delle criptovalute nel 2030 potrebbe avere una capitalizzazione di 14mila miliardi di dollari”.
La capacità delle valute virtuali di diversificare gli investimenti, inoltre, è tutta da dimostrare. “Gli ultimi due anni hanno dimostrato che lo stress nei mercati azionari si traduce anche in stress nel mercato delle criptovalute”, spiega Florian Ginez, Associate Director della ricerca quantitativa di WisdomTree. “Entrambi sono asset class rischiosi e tendono a cadere insieme quando il consenso peggiora in modo significativo. Le criptovalute rimangono un asset molto più volatile, con alti livelli di leva finanziaria, e non sorprende vedere gli asset digitali muoversi verso il basso in misura maggiore rispetto alle azioni. Detto questo, il mercato delle criptovalute tende anche a decorrellare rapidamente dopo tali cali”.
Bitcoin come l’oro?
In alcune occasioni le cripotovalute – e il bitcoin in particolare - vengono paragonate all’oro. Un accostamento che, in un periodo di inflazione crescente, potrebbe far vedere la moneta elettronica come una protezione simile a quella che si pensa dia il metallo giallo. “Storicamente, l’efficacia dell’oro come protezione dal carovita ha dato risultati contrastanti”, spiega Ami C. Arnett, strategist di Morningstar. “Le persone tendono a considerarlo una riserva di valore a lungo termine perché l'offerta è relativamente limitata. Lo stesso argomento potrebbe valere per il Bitcoin, perché c'è un limite al numero di monete che possono essere emesse. In teoria, dovrebbe essere una buona copertura contro l'inflazione a lungo termine, ma non abbiamo davvero dati sufficienti per trarre una conclusione definitiva al riguardo”.
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