Secondo l’ultima edizione del Morningstar Sustainability Atlas, i Paesi europei, in particolare quelli del Nord, guidano la classifica dei mercati azionari più sostenibili. Fin qui nessuna novità, queste nazioni sono da sempre un passo avanti su questo fronte, ma non sono le uniche a presentare profili di sostenibilità eccezionalmente solidi. I consulenti finanziari e i gestori patrimoniali possono utilizzare questi dati per individuare i paesi che offrono le migliori opportunità di investimento ESG, nonché i maggiori rischi.
L’Italia, dal canto, suo si piazza dodicesima su 48 mercati azionari presi in considerazione, attraverso l’analisi dei vari costituenti di ciascun indice Paese. I punteggi assegnati a ciascuna società sono tratti da Sustainalytics, che fornisce anche i dati per elaborare il Morningstar Sustainability Rating dei fondi.
Solo 15 società sulle 90 che compongono il benchmark di riferimento – il Morningstar Italy Index – presentano infatti un alto ESG Risk e si tratta, inoltre, di titoli con un peso piuttosto basso. Il nome più importante di questo gruppo (con l’1,08% del portafoglio) è la farmaceutica Recordati SpA. Secondo l’analisi di Sustainalytics, la società è particolarmente esposta al rischio relativo alla Product Governance, cioè come le aziende gestiscono le responsabilità verso i loro clienti.
I rischi di questo tipo per il settore farmaceutico sono particolarmente rilevanti e includono eventuali irregolarità di produzione, effetti collaterali imprevisti e marketing ingannevole. Nel passato, l’incapacità di aderire a regolamenti precisi e a chiari standard di gestione della qualità ha portato a costosi richiami di farmaci, a un aumento del controllo normativo, a costi di conformità e a una generale perdita di fiducia da parte dei clienti. Recordati, comunque, presenta un livello di coinvolgimento in controversie praticamente nullo.
Dall’altro lato, componenti importanti come Intesa Sanpaolo (8,4%), Assicurazioni Generali (6%), CNH Industrial (3,4%) e Terna (2,6%) presentano un ESG Risk giudicato “basso”.
Il titolo più importante dell’indice, Enel, presenta invece un rischio ESG considerato “medio”, così come Eni, Stellantis e Ferrari, che assieme a Intesa sono i cinque componenti di maggior peso nel benchmark.
Piazza Affari poco pronta alla transizione energetica
Morningstar usa il Carbon Risk Score per valutare il grado in cui il valore di una società è a rischio a causa della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
Da questo punto di vista, tra i mercati meglio posizionati troviamo parecchi Paesi europei occidentali. I primi posti sono occupati da Olanda, Svizzera, Danimarca, Francia, Stati Uniti e Belgio. Bene anche Taiwan che si piazza nel primo quintile.
In questa classifica, l’Italia va molto peggio rispetto a quella generale sulla sostenibilità, piazzandosi al trentesimo posto su 48. Borsa Italiana paga in particolare il forte peso del settore energetico e industriale, con ad esempio Eni, Stellantis e SOL SpA – azienda attiva nella produzione, ricerca e distribuzione di gas industriali e per uso medico allo stato liquido e gassoso – che presentano un Carbon Risk considerato “alto” da parte degli analisti di Sustainalytics.
“Anche se presenta opportunità a breve termine nel mercato statunitense, la dipendenza di Stellantis dai modelli SUV può esporla a seri rischi se la legislazione ambientale negli Stati Uniti dovesse diventare più severa, come già successo in Europa”, si legge nel report dedicato alla casa automobilistica nata dalla fusione tra i gruppi PSA e Fiat Chrysler Automobiles. “Questo può venire aggravato anche dall’assenza di una chiara strategia riguardo ai veicoli elettrici e dalla conseguente lenta elettrificazione della sua flotta, nonostante l’azienda stia parzialmente contando sul trasferimento di “tecnologia pulita” da parte di PSA e sui costi di ricerca e sviluppo ridotti grazie alla fusione”.
Per scaricare il report completo del Morningstar Sustainability Atlas, clicca qui.
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