Quis custodiet ipsos custodes? La frase, attribuita al poeta romano Decimo Giunio Giovenale, significa: “Chi sorveglierà i sorveglianti”?
Sebbene in origine la frase si riferisse alle infedeltà dei senatori, nella storia è stata utilizzata molte volte, dando vita al fumetto The Watchmen e comparendo persino come graffito a Washington durante le proteste per l'omicidio di George Floyd nel 2020. In sostanza, è un invito a chiedere conto ai potenti.
Il termine latino custodes riecheggia nel mondo degli investimenti quando si parla di "custodi", un ruolo ben definito nei servizi di investimento. Ma il concetto più ampio di "custodia" è importante per gli investitori, soprattutto alla luce dei recenti crolli e delle frodi sulle criptovalute.
Quando io, come investitore, do i miei soldi a un’istituzione, chi garantisce che siano "sicuri" e a chi mi rivolgo quando le cose si mettono male? Molti governi forniscono forme di tutela dei risparmi fino a un certo livello, a condizione che i prodotti di risparmio/investimento siano regolamentati.
Una volta scottati…
Cominciamo con la definizione in senso stretto di servizi di custodia. I gestori di fondi hanno generalmente esternalizzato le attività di back-office alle banche multinazionali.
Queste attività amministrative comprendono questioni fiscali, la gestione della liquidità, il voto alle assemblee generali e la riscossione dei dividendi. Questo è il lato meno affascinante della gestione patrimoniale, ma importante perché si basa sulla fiducia e sulla competenza.
Dal punto di vista degli investitori retail, si tratta di un ulteriore livello di sicurezza, perché il gestore di un fondo può avere miliardi di asset in gestione (AUM), ma questo denaro non si trova sul suo conto bancario. Le frodi sono rare nella finanza, ma possono avere un impatto enorme, come dimostrano gli esempi di Wirecard e Bernie Madoff.
In molti Paesi, tenere separati i soldi dei clienti da quelli delle società di gestione è un requisito di legge, sebbene anche le banche più grandi a volte non rispettino queste regole e vengano multate (per poi ripetere gli stessi errori).
Con queste nozioni in mente, analizziamo il recente caso di Celsius, una piattaforma di prestiti in criptovalute che ha “congelato” i prelievi degli investitori a giugno e poi ha presentato istanza di fallimento a luglio.
I suoi utenti sono stati avvertiti di aspettarsi il peggio in questo processo, soprattutto perché Celsius "deve" loro 4,7 miliardi di dollari. Nel documento stesso si fa specifico riferimento al "Celsius Custody Service", un prodotto reso disponibile agli utenti statunitensi nell'aprile 2022.
Viene descritto come “l’hub centrale del loro conto per le attività digitali", una sorta di deposito di denaro (non contante) parcheggiato in attesa di essere spostato su opportunità più interessanti - in questo caso, il programma "Earn" che prometteva attraenti rendimenti.
Citando gli accordi tra gli utenti e la società, il documento del tribunale osserva che: “le attività in criptovalute tenute in custodia 'rimarranno in ogni momento con l'[utente]' e 'Celsius non trasferirà, venderà, presterà o ri-ipotecherà in altro modo' le attività digitali in custodia a meno che 'non sia specificamente istruito dagli [utenti], ad eccezione di quanto richiesto da un valido ordine del tribunale, da un'agenzia di regolamentazione competente, da un'agenzia governativa o dalla legge applicabile'”.
Al momento del fallimento della società, 58 mila persone utilizzavano questo servizio di custodia, detenendo 180 milioni di dollari - una passività che corrisponde ad attività nel bilancio. La questione chiave di questa e delle future controversie sulle criptovalute è: dove è custodito il mio denaro e posso recuperarlo?
Un'altra domanda che gli utenti di Celsius si pongono è: cosa ne avete fatto dei miei soldi? La frase contenuta nella documentazione è un chiaro promemoria del potere che gli utenti hanno consegnato alla piattaforma: "Una volta che le criptovalute vengono trasferite a Celsius, ad eccezione degli asset che utilizzano il servizio di custodia, Celsius ha il titolo di proprietà e la completa autorità di utilizzare gli asset come ritiene opportuno" (questa è una mia conclusione).
Questo caso legale è complicato, ma forse servirà a fare un po' di chiarezza sul funzionamento interno di uno dei network di criptovalute più grandi del mondo e sul motivo del suo crollo. Il caso Celsius non è stato un esempio isolato. All'inizio dell'anno la piattaforma di criptovalute Coinbase (COIN), quotata in Borsa, aveva avvertito i suoi utenti che, in caso di fallimento dell'azienda, i loro asset in criptovalute avrebbero potuto essere in pericolo.
Questo è stato uno shock per molti, che avevano pensato che, come qualsiasi altra piattaforma di trading, la società "ospitasse" il loro denaro, agendo di fatto come custode delle loro monete. All'inizio di agosto, un attacco alla rete di criptovalute Solano ha sottratto 6 milioni di dollari da 8.000 portafogli digitali.
Un appello inascoltato
L'industria dei servizi finanziari ha una storia di scandali che, comprensibilmente, ha eroso la fiducia degli investitori. Il Bitcoin è figlio della grande crisi finanziaria e deriva in parte dalla perdita di fiducia nelle banche e in Wall Street.
Ma non abbiamo altra scelta se non quella di utilizzare intermediari che agiscono come custodi del nostro denaro - dal conto bancario su cui viene versato lo stipendio, alla società di previdenza che si occupa dei risparmi per la pensione.
Quando le imprese regolamentate falliscono, i clienti in genere recuperano parte del loro denaro. Le criptovalute, invece, si stanno rivelando un pessimo custode del denaro degli investitori (come ho discusso in questo articolo).
Le autorità avevano avvertito che si trattava di investimenti ad alto rischio, con la possibilità di perdere tutto il proprio denaro. Questo consiglio non è stato ascoltato.
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