-Gli hedge fund hanno scommesso contro il debito pubblico italiano.
-Le preoccupazioni per la direzione economica del futuro governo potrebbero essere esagerate.
-I titoli di Stato italiani non sono un porto sicuro perché soffrono nelle fasi di stress dei mercati.
I mercati finanziari sembrano guardare con preoccupazione alle elezioni del 25 settembre. Ma esiste davvero un rischio Italia?
In un articolo del 25 agosto, il Financial Times scriveva che gli hedge fund hanno fatto “la più grande scommessa contro il debito pubblico italiano dal 2008”. Secondo i dati di S&P Global Market Intelligence, il valore totale delle obbligazioni del Belpaese prese in prestito per scommettere su un calo dei prezzi supererebbe i 39 miliardi di euro (in gergo si parla di “andare corto” o “short”).
Non c’è dubbio che l’Italia si trovi nel bel mezzo di un’agguerrita campagna elettorale proprio in un momento in cui aumentano i timori di un rallentamento economico a causa dell’impennata del prezzo del gas naturale. E’ quindi probabile che la situazione di incertezza non piaccia agli investitori.
Tra estremismi e realtà
Tuttavia, per Carlo Capuano, vice president sovereign rating di DBRS Morningstar, “le preoccupazioni per la direzione economica che il futuro governo italiano prenderà potrebbero essere esagerate”.
“A nostro avviso, sul fronte politico è fondamentale scindere ciò che è fattibile da ciò che non lo è”, dice. “La politica italiana dimostra spesso che dopo una serie di tentativi di spingersi in una direzione più estrema, la realtà bussa alla porta”.
In sostanza, spiega Capuano, la disciplina dei mercati finanziari, esemplificata dal recente posizionamento degli hedge fund, aiuta a rimettere in riga la politica economica e fiscale.
“Il Pil italiano sta registrando un andamento migliore rispetto a quello degli altri Paesi e l'attuale governo ha compiuto buoni progressi nella diversificazione delle forniture di gas senza dover sostenere nuovi costi infrastrutturali significativi”, conclude Capuano. “I prezzi dell'energia offuscano le prospettive economiche come per la maggior parte degli altri Paesi europei”.
L’indicatore ciclico coincidente dell'economia italiana (Ita-coin), prodotto da Banca d'Italia, fornisce in tempo reale una stima mensile dell'evoluzione tendenziale dell'attività economica.
Secondo le stime Istat, il Prodotto interno lordo italiano è cresciuto dell’1% nel secondo trimestre, contro una media dell’area euro dello 0,6%. Nell’aggiornamento di luglio del World Economic Outlook, il Fondo monetario internazionale aveva rivisto al rialzo le previsioni di crescita dell’Italia nel 2022 (+3%), mentre per il 2023 le proiezioni sono state corrette al ribasso sia per il Belpaese sia per il resto dell’Eurozona.
Debito pubblico e investitori esteri
L’Italia, tuttavia, non può ignorare il sentiment dei mercati internazionali perché ha un elevato debito pubblico, che è detenuto per circa il 30% da soggetti non residenti (la Banca d’Italia ne ha circa il 25% e le altre banche e istituti finanziari e monetari oltre il 30%).
Fonte: Banca d’Italia.
A giugno, il debito pubblico ha toccato il livello record di 2.766 miliardi di euro, in crescita dai 2.756 miliardi di maggio. Anche se il peso degli investitori esteri è sceso molto rispetto a quando è scoppiata la crisi finanziaria nel 2011, il loro sostegno rimane importante. “Quando questo supporto, per qualunque motivo, cala, lo spread aumenta rendendo il servizio del debito italiano ancora più costoso e mettendo il Paese a rischio di perdere la capacità di finanziarsi”, spiega Michele Morra, gestore di portafoglio di Moneyfarm.
Il termometro del rischio percepito dagli investitori è lo spread, ossia il differenziale tra i titoli di Stato decennali italiani (BTP) e tedeschi (Bund). Tra il 2011 e il 2012, quando l’Italia fu colpita dalla speculazione, superò i 500 punti base. Oggi siamo lontani da quei livelli, ma è intorno ai 230 punti, in aumento di oltre il 60% dall’inizio dell’anno.
Le cause sono diverse. Innanzitutto, la crescita e le finanze pubbliche rimangono particolarmente sensibili agli shock macroeconomici, dopo i pesanti effetti sull’economia del Covid-19. In secondo luogo, esiste, secondo Morra, “un fattore imponderabile, legato alla percezione internazionale del ruolo dell’Italia che fa aumentare i tassi”.
“L’incertezza del quadro politico e la mancanza di misure espansive efficaci sono elementi che potrebbero generare ulteriore sfiducia verso il Paese, incrementandone la fragilità finanziaria, che potrebbe essere innescata da un peggioramento della situazione economica internazionale”, afferma Morra.
Titoli di Stato italiani: un porto sicuro?
La maggiore sensibilità dei titoli governativi italiani al ciclo economico, che si riflette nello spread BTP-Bund, è un fattore rilevante nelle scelte degli investitori.
“Le classi di attivo cicliche offrono rendimenti migliori quando le aspettative di crescita ed inflazione sono stabili e positive, mentre tendono a soffrire nei momenti di rallentamento e incertezza, come quelli che stiamo vivendo oggi”, spiega Nicolò Bragazza, senior investment analyst di MIM (Morningstar Investment Management).
“All’interno di un portafoglio obbligazionario, i titoli di Stato italiani non possono assolvere al ruolo di ‘porto sicuro’, perché tendono ad offrire rendimenti inferiori nelle fasi di stress di mercato e, generalmente, non forniscono un’efficace diversificazione. Al contrario, possono offrire un reddito interessante, dati i tassi mediamente più elevati di quelli di molti altri Paesi dell’area euro”.
Ciascun investitore valuterà quale posto dare ai governativi italiani all’interno del portafoglio, in base ai suoi obiettivi finanziari. “Rischi e volatilità, però, non vanno sottovalutati”, conclude Bragazza, “perché, pur essendo titoli di Stato, difficilmente possono offrire una protezione maggiore delle emissioni tedesche o francesi”.
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