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Alla canna del gas: come ci siamo arrivati e cosa ci aspetta

La struttura del mercato è mutata negli ultimi dieci anni. Il meccanismo alla base del TTF rende i prezzi più volatili, ma la realtà è che nel 2021 i fondamentali sono profondamente cambiati. Le continue minacce tra Bruxelles e Mosca (tra cui il price cap) potrebbero avere conseguenze serie, con Putin che ha il coltello dalla parte del manico. L’Europa, per ora, ha opzioni limitate.

Valerio Baselli 07/09/2022 | 11:41
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Gas 

Winter is coming, amavano ripetere i personaggi di una notissima serie TV. L’inverno è davvero alle porte e il prossimo si prospetta particolarmente duro a prescindere dal meteo. Oltre a rispolverare il pigiama in flanella e le calze termiche per le nostre serate casalinghe, dovremo abituarci anche a passeggiare in città sempre più buie.

Molti negozianti (ad esempio nella centralissima Corso Buenos Aires a Milano) hanno infatti deciso già da diversi giorni di tenere insegne e vetrine spente durante l’orario di chiusura. Contemporaneamente, sempre più bar e ristoranti scelgono di non utilizzare le luci durante i servizi, puntando sul lume di candela. Nessuna reminiscenza romantica in stile San Valentino, bensì una scelta obbligata per risparmiare sulla bolletta e per dare un segnale di protesta. Altri, invece, fanno orario ridotto perché “non conviene nemmeno stare aperti con questi costi energetici”.

Insomma, la prima grave crisi del mercato del gas globalizzato e del sistema dei prezzi a breve termine basato sulla gas-to-gas competition (il che significa in sostanza il rapporto tra domanda e offerta in tempo reale), sta già mietendo le prime vittime e, potenzialmente, potrebbe mettere in ginocchio interi settori produttivi europei.

Prima di immaginare cosa ci aspetti (nell’attesa del consiglio straordinario UE per l’energia il prossimo 9 settembre), facciamo un passo indietro per capire come ci siamo finiti, in una tale situazione.

Il mondo nuovo
C’era una volta il mercato energetico europeo, fatto essenzialmente di contratti a lungo termine e di utility a proprietà pubblica. Gli anni ’90 cambiarono le carte in tavola, con la loro ondata di privatizzazioni e liberalizzazioni.

Storicamente, infatti, le importazioni europee di metano si sono sviluppate sulla base di contratti a lungo termine contenenti prezzi indicizzati - sulla base di medie mobili - a quelli dei prodotti petroliferi e clausole take-or-pay (ai sensi delle quali – a fronte di un prezzo più o meno stabile – l’acquirente è tenuto a corrispondere comunque, interamente o parzialmente, il prezzo contrattuale di una quantità minima di gas prevista dal contratto, anche nell’eventualità che non ritiri il gas).

Tale modello ha incominciato a indebolirsi dagli anni post-2008, quando la diminuzione dei consumi industriali e termoelettrici per la crisi economico-finanziaria e per lo sviluppo delle fonti rinnovabili ha determinato surplus di offerta, maggiore concorrenza e aumento progressivo dei volumi di gas offerti a breve termine.

Con il pieno favore dell’Unione Europea (UE) e dei regolatori, quindi, le transazioni spot sono diventate gradualmente il principale riferimento dei mercati all’ingrosso e al consumo, in particolare quelle formate sul TTF.

TTF, cos’è e come funziona?
ll TTF (Title Transfer Facility) è nato del 2003 con l’intento di creare un punto di scambio virtuale di gas naturale in Olanda (che – oltre ad essere un produttore di gas – è, per ragioni storiche, da sempre un importante snodo commerciale e di contrattazione a livello europeo).

Il TTF – pur non essendo l’unico mercato sul quale vengono scambiati contratti di compravendita di gas in Europa (quello italiano si chiama PSV, Punto di Scambio Virtuale) – si è imposto in questi ultimi 20 anni come hub di riferimento per i prezzi di tutta Europa.

Secondo i dati dell’IGU (International Gas Union), già nel 2019, l’80% del gas consumato in Europa si basava su dei prezzi “di mercato” e solo il 20% su dei contratti a lungo termine.

Questo sistema di prezzi orientato al breve termine ha funzionato per diversi anni in un contesto caratterizzato da una sovrabbondanza di offerta che ha raggiunto il suo culmine nel 2020 con la pandemia, quando le quotazioni hanno toccato i loro minimi storici.

Sul TTF operano produttori di gas, società di stoccaggio, distributori e operatori di rete, oltre a società finanziarie e trader, i quali scambiano soprattutto contratti futures. Questo tipo di contratto, però, non è appannaggio dei soli trader: anche aziende e governi in realtà li usano al fine di anticipare i propri acquisiti o chiudere dei contratti di fornitura in anticipo.

Questo rende l’intero sistema più esposto alle speculazioni di mercato. Gli ultimi mesi, infatti, ci dimostrano che di fronte a condizioni “anomale”, la libera contrattazione è esposta a una volatilità potenzialmente incontrollata.

La “tempesta perfetta” dietro all’esplosione dei prezzi
Dal grafico precedente si nota chiaramente che la corsa del mercato del gas è in realtà cominciata a settembre del 2021.

“L’anno scorso abbiamo assistito a quella che io ho definito la tempesta perfetta sul mercato del gas”, spiega Massimo Nicolazzi, professore di Economia delle Fonti Energetiche all’Università di Torino. “Estate calda e tanta aria condizionata, con gli stoccaggi per l’inverno che anche per questo si riempiono di meno; una manutenzione straordinaria dei gasdotti dopo il Covid che ha creato problemi di approvvigionamento, oltre a qualche guasto e incendio alle infrastrutture. Senza dimenticare la sottoperformance di altre fonti di energia: il Brasile praticamente senza idroelettrico, il vento che abbandona l’Inghilterra. E poi la domanda cinese che ha toccato nel secondo trimestre del 2021 il picco di sempre per volume di importazioni”. Insomma, tutte le condizioni per un’esplosione del mercato ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina.

“La guerra si è innestata su di un mercato già molto corto”, prosegue il professor Nicolazzi, “e se in una situazione del genere taglio il 10% dell’offerta globale e contemporaneamente ho un sistema marginale dei prezzi, beh, eccola la tempesta perfetta”.

Il ruolo della speculazione
Il picco toccato dal gas nel 2021 è stato di 180 euro (il 21 dicembre); tantissimo, se confrontato con i 18 euro di inizio anno, eppure un livello molto più basso dei prezzi raggiunti nell’agosto di quest’anno.

Tornando al 2022, infatti, nei mesi estivi la domanda di gas europea è rimasta tutto sommato a livelli normali, anzi è leggermente diminuita rispetto all’anno precedente. Sul piano dell’offerta, mentre è stata riaffermata la necessità di avviare il processo di indipendenza dalla Russia, i flussi di approvvigionamento da Mosca sono stati pressoché costanti fino a oggi, salvo qualche momento di crisi, dovuto alle fermate temporanee del gasdotto Nord Stream 1 per problemi tecnici, o presunti tali.

“In questo quadro, il valore del TTF sopra i 300 €/MWh (il record è stato toccato lo scorso 26 agosto a 341€, Ndr) appare assolutamente privo di riferimento al mercato reale del gas e quindi essenzialmente il frutto di gigantesche speculazioni”, afferma Salvatore Carollo, analista e trader specializzato nel settore Oil & Energy, nonché ex dirigente ENI, in una sua analisi pubblicata su RivistaEnergia.it, un blog scientifico-divulgativo.  

Carollo non le manda a dire: “forse è arrivato il momento di ammettere chiaramente che il vero elemento anomalo, malato, del sistema di formazione del prezzo del gas è proprio il TTF generato nella Borsa di Amsterdam. Se non ci liberiamo di questo parametro finiremo con il subire una crisi generata artificialmente da un pugno di speculatori internazionali che giocano in una specie di fiera paesana, che usurpa il nome di Borsa del gas europeo”.

“Chiariamo alcuni elementi importanti” – continua l’analista – “a Londra esiste la Borsa del Brent, dove ogni giorno vengono scambiati contratti di acquisto e vendita di petrolio per un valore di circa 2.000 miliardi di dollari. Qualunque operatore petrolifero è in grado, in ogni momento, di effettuare acquisti e vendite nonché operazioni di copertura del rischio trovando la liquidità necessaria”.

Sebbene i volumi fisici di gas consumati siano paragonabili a quelli del petrolio, la cosiddetta Borsa del gas di Amsterdam vede scambi di contratti per circa 1-2 miliardi di euro al giorno, ovvero migliaia di volte meno di quella petrolifera.

Insomma, data la poca liquidità del TTF, causata dal basso numero di operatori che ci operano, anche un numero esiguo di contratti può provocare importanti oscillazioni di prezzo in un senso o nell’altro.

Le mosse (limitate) dell’Europa
“L’Europa sta cercando di trovare un sostituto al gas russo, che rappresentava prima della guerra il 40% delle importazioni”, afferma Allen Good, strategist del settore energia di Morningstar. “Anche la Russia, dal lato suo, ha ridotto le esportazioni e in alcuni momenti ha interrotto completamente le forniture”.

“Non abbiamo previsioni esplicitamente dedicate al prezzo del natural gas in Europa. Ci limitiamo a ipotizzare che i prezzi dovrebbero attestarsi in media sui prezzi delle importazioni di GNL (gas naturale liquefatto) e sui livelli di pareggio nel lungo periodo. Ovviamente l'Europa è ben al di sopra di questi livelli attualmente. Ma ci vorrà tempo per sostituire completamente la Russia, quindi i prezzi potrebbero rimanere alti per un paio d'anni”, continua Good.

Già a luglio gli analisti di Morningstar avevano previsto che, al fine di favorire obiettivi militari o geopolitici, la Russia avrebbe potuto modificare i flussi in modo inaspettato, mantenendo l’UE in disequilibrio e massimizzando al tempo stesso le entrate di gas grazie a forti aumenti del prezzo, come abbiamo visto nelle ultime settimane.

“Detto questo, per ragioni di pressione, il gasdotto non può operare al di sotto del 30% della capacità nel lungo periodo, il che fa pensare a periodi temporanei di basso utilizzo, probabilmente durante l'inverno, quando il picco della domanda si rivelerà più difficile da gestire per l’UE”, afferma Stephen Ellis, analista energy & utility di Morningstar.

In risposta alla crisi in corso, l'Unione Europea ha presentato un piano di riduzione della domanda di gas del 15%, che avrà effetto tra il 1° agosto 2022 e il 31 marzo 2023. “Riteniamo che il piano è la conseguenza del fatto che l'UE ha poche o nessuna altra opzione da utilizzare in questa fase. Il piano è un invito ad agire ora, ma l'UE si è riservata il diritto di imporre riduzioni obbligatorie della domanda di gas se necessario”, spiega Ellis.

“Tali iniziative includono l'utilizzo di più carbone, nucleare, petrolio o fonti rinnovabili, se disponibili, mandati più severi sulle temperature negli edifici pubblici e accordi di condivisione delle forniture tra i Paesi. Il nuovo sforzo sembra essere in contrasto con l'uso da parte di alcuni Paesi di tetti ai prezzi dell'energia elettrica e di rimborsi ai consumatori, che stanno di fatto andando nella direzione opposta: incentivare la domanda, piuttosto che ridurla”, conclude Ellis.

Price cap: muoia Sansone con tutti i Filistei?
“L’idea di un tetto al prezzo del gas, comunque la si intenda - e ancora non è chiaro come la si debba intendere - desta più di una perplessità”, commenta il Massimo Nicolazzi. “Parliamoci chiaro, mica ci possiamo fare l’autosconto! Chi lo va a dire all’Algeria che abbiamo deciso unilateralmente di pagarla di meno?”, si chiede il professore.

“E anche qualora riguardasse solo il gas russo, sarebbe come giocare col fuoco. Non dico che non sia percorribile, soprattutto se ci fosse unanimità a livello europeo, ma avrebbe delle conseguenze. Una di queste potrebbe ‘spingere’ Mosca a chiudere davvero il rubinetto”.

Per Vladimir Putin, infatti, questa è la condizione ideale. Ci vende meno gas, ma guadagna più di prima. E poi una situazione in cui l’inflazione continua a salire e il sistema industriale vacilla rende l’Europa molto meno forte davanti alla Russia.

“Ho sempre sostenuto che se il rubinetto avesse mai chiuso sarebbe stato per decisione nostra e non loro.  Sono un Paese in via di inviluppo per cui esportare fossili è ragione di vita. Il problema è che ogni volta che ci dichiariamo pubblicamente minacciati o ricattati dalla prospettiva della chiusura, il prezzo sale”, afferma Nicolazzi.

“Ho l’impressione che con i suoi annunci, Bruxelles possa stimolare la sindrome di Sansone, come se qualcuno avesse deciso un embargo totale sul gas russo, volendo però poter dire che sono stati i russi a deciderlo. Pensiamo alla storia dei pagamenti in rubli. Se fossimo stati allineati sulla linea ufficiale dell’UE, non ci sarebbe più stato gas da molti mesi”.

Autunno caldo… si spera
Dopodomani si terrà il consiglio straordinario tra i ministri dell’energia EU. Cosa ci dobbiamo attendere? “Le uniche cose realistiche e fattibili ora come ora sono razionamento della domande e disaccoppiamento tra prezzo del gas e prezzo dell’energia elettrica”, risponde il professor Nicolazzi. “Stiamo già assistendo a una distruzione della domanda industriale con centinaia di aziende in cassa integrazione a causa del caro energia. Per quanto riguarda le famiglie, la prossima bolletta potrebbe essere uno shock”.

Insomma, winter is coming, ma prima ci si aspetta un “autunno caldo” sul fronte economico e occupazionale; speriamo anche dal punto di vista meteorologico.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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