Se il futuro dell’energia è nelle rinnovabili, il presente è ancora legato alle fonti fossili. In base ai dati pubblicati da British Petroleum a fine giugno 2022, il 36% dell’energia prodotta a livello mondiale nel 2021 derivava dal carbone, il 23% dal gas naturale e il 4% dal petrolio.
In molti paesi stanno aumentano l’impegno per accelerare i tempi dell'eliminazione graduale del carbone. La sua produzione, infatti, è stabile dal 2012 nonostante il costante aumento del consumo di energia nel mondo, e questo grazie ai tagli decisi in Europa (-35%) e negli Stati Uniti (-43%). Inoltre, 40 paesi, tra cui l’Italia, hanno firmato alla COP26 di Glasgow il patto “Global Coal to Clean Power Tranistion Statement” per l’eliminazione del carbone come fonte di energia entro il 2030, per gli stati più avanzati, ed entro il 2040 per quelli emergenti.
L'aumento del prezzo del gas naturale, seguito allo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, ha prodotto un recente aumento della produzione di carbone, ma l’espansione delle energie rinnovabili è ormai incanalata su binari di crescita di lungo periodo. Secondo gli esperti del settore, il vento sarà in prima linea in questo processo di transizione e gli analisti di Morningstar stimano tassi di crescita elevati per l’industria dell’eolico.
Ma perché tutti puntano su questa fonte energetica? La risposta sta nel suo impatto ambientale e nella sua economicità.
La fonte di energia più pulita ed economica
Il vento è una delle fonti energetiche più pulite e sicure, in quanto permette di convertire l'energia cinetica dal vento in elettricità senza emissioni. Se prendiamo in considerazione l’intero ciclo di vita, dalla costruzione delle infrastrutture alla dismissione degli impianti, il vento emette circa 70 volte in meno CO2 rispetto al carbone e 40 volte in meno rispetto al gas.
Figura 1: Emissioni di CO2 delle fonti energetiche
Solo l'energia nucleare compete con l'eolico, ma la maggior parte dei governi rimane riluttante a perseguire questa opzione per motivi legati alla sicurezza, ai costi di capitale elevati e alle tempistiche nella costruzione delle centrali. Per queste ragioni l’eolico è il chiaro favorito per essere il principale beneficiario degli investimenti nella transizione energetica.
Relativamente ai costi, nella maggior parte delle regioni del mondo la costruzione e la gestione di parchi eolici su larga scala è più economica delle fonti energetiche alimentate a combustibili fossili. Il “levelized cost of energy” (LCOE, ovvero il costo livellato dell'energia), che misura il costo attuale netto medio dell'elettricità generata nel corso della vita di un impianto, è una metrica utile per misurare la competitività delle diverse fonti di produzione di energia elettrica e nell'ultimo decennio, tra il 2009 e il 2021, si è registrato un crollo dell'LCOE dell'eolico onshore e offshore di circa il 50% per effetto del calo dei costi delle apparecchiature e dei guadagni di efficienza delle turbine eoliche.
Indipendenza energetica e competitività sui mercati
Investire nelle rinnovabili ha in questa fase storica anche un’importanza politica ed economica. Prima dello scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, quasi il 40% del gas naturale, il 20% del carbone e il 25% del petrolio consumati in Europa provenivano da Mosca. Numeri, questi, che dimostrano come l'indipendenza energetica offra ai paesi dell’Unione europea un maggior grado di libertà nel valutare anche le questioni geopolitiche e nel ridefinire i rapporti di forza tra le potenze del pianeta.
C'è poi anche un incentivo economico ad aumentare la quota di energia eolica. Considerando che l'automazione è destinata a essere il futuro della produzione manifatturiera, l'elettricità diventerà la componente di costo più importante per le aziende. Questo significa che le imprese che riusciranno a minimizzare il costo dell’energia saranno in grado di produrre nel modo più efficiente e dunque essere più competitive sul mercato. Il costo dell'elettricità per le aziende cinesi è inferiore del 20% rispetto a quelle statunitensi e ancora più basso rispetto a molte società europee, e tale vantaggio competitivo è destinato a consolidarsi man mano che la Cina sposterà il mix energetico verso le rinnovabili.
Queste considerazioni fanno prefigurare una forte crescita del settore dell’eolico nei prossimi anni. Dal 2010 al 2020, la capacità eolica globale è cresciuta a un tasso annualizzato del 15% grazie al forte contributo della Cina, dove il progresso annuo nello stesso periodo è stato del 25%. Gli analisti di Morningstar prevedono che essa possa continuare a salire a un tasso medio dell'11% fino al 2030, raggiungendo la soglia dei 2.400 GW a livello globale, e che il segmento dell'offshore darà il maggiore contributo a questa crescita raddoppiando il suo peso rispetto al 2020. Tali aspettative sono molto conservative poiché implicano un'installazione media annua di circa 165 GW all'anno, che è più di 2 volte inferiore ai 390 GW di installazioni annuali, ovvero il valore che l'Agenzia internazionale per l'energia stima sarà necessaria per raggiungere entro questo decennio l’obiettivo di zero emissioni nette.
Figura 2: Crescita del settore eolico
A beneficiare dell’espansione di questo business saranno i produttori di turbine eoliche, gli sviluppatori di energia eolica e le utility (alcune di queste sono integrate verticalmente e si occupano anche delle attività di sviluppo), ma secondo gli analisti di Morningstar il modo migliore per cavalcare questo trend di lungo periodo è quello di posizionarsi sulle utility europee come Orsted e RWE, mentre i produttori di turbine eoliche continueranno a mantenere una bassa redditività a causa della forte concorrenza sui prezzi e del basso grado di differenziazione del prodotto.
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