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Fusione Ethereum, svolta o ennesima bolla?

Lo scorso 15 settembre è avvenuta la “Merge” della seconda blockchain più famosa, un momento fondamentale per tutto il mondo cripto. Cosa è cambiato? Le valutazioni ai minimi da due anni dopo il crollo del 70-80% fanno gola. Il futuro è pieno di possibilità, ma anche di incognite. Ecco quali.

Valerio Baselli 28/09/2022 | 08:53
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Ethereum

La fatidica fusione di Ethereum è avvenuta con successo lo scorso 15 settembre. Eppure, da allora, il token della blockchain, Ether (ETH), continua a perdere valore. In attesa dell’aggiornamento, Ether veniva scambiato sopra i 1.700 dollari tra il 10 e il 13 settembre, prima di precipitare a 1.574 dollari un giorno prima della fusione. 

Alla chiusura del mercato del 15 settembre il suo valore è sceso a 1.432 dollari e ha continuato a gravitare intorno a quel prezzo fino al 18 settembre. Il giorno successivo, il mercato globale delle criptovalute ha aperto in rosso, spingendo il prezzo di ETH al di sotto dei 1.400 dollari. La riunione della FED del 21 settembre (con un rialzo dei tassi di 75 punti base) ha dato un altro duro colpo alle valute digitali, con Ether scivolata intorno ai 1.250 dollari.

Come mai? La spiegazione più razionale è che il mercato avesse da tempo scontato la buona riuscita dell’operazione (era infatti da mesi che si sapeva che a settembre ci sarebbe stato il “merge”), con gli operatori più accorti che hanno “comprato la voce” (nei mesi scorsi) e “venduto la notizia” a ridosso o subito dopo la fusione.

Ma andiamo con ordine. Che cosa è cambiato per Ethereum?

Più veloce, sicura ed ecologica
Le reti Ethereum (come quelle Bitcoin) hanno utilizzato fino al 15 settembre scorso un meccanismo di consenso proof-of-work, in base al quale molti computer risolvono complessi problemi matematici, in modo da raggruppare nuove transazioni che poi vengono aggiunte al rispettivo database distribuito. Il meccanismo di consenso post-fusione, il proof-of-stake, già implementato su reti come Solana e Cardano, funziona invece in modo diverso.

“Il Merge è l’aggiornamento più ambizioso della blockchain di Ethereum degli ultimi anni, nonché un punto di transizione fondamentale nella storia delle criptovalute e di tutto l’ecosistema che gli ruota intorno, inclusa la finanza decentralizzata (DeFi)”, afferma Stephanie Luzon, Financial Education Expert della fintech tedesca Vivid. “L’obiettivo finale è sempre stato l’adozione di massa, ma Ethereum ha dovuto fare i conti con problemi di scalabilità, efficienza energetica e sicurezza. Con l’aumentare degli utenti, la blockchain si è rivelata ogni giorno più congestionata, rendendo le transazioni lente e costose. Per non parlare della questione energetica, che rimane una delle critiche più insistenti nei confronti delle criptovalute che utilizzano un protocollo proof-of-work”.

“La rete Ethereum utilizzava due blockchain dall’aprile 2022”, spiega Benjamin Dean, Responsabile Digital Assets di WisdomTree. “La blockchain originaria, che adotta un meccanismo di consenso proof-of-work, e la catena ‘faro’, che implementa il proof-of-stake. Da allora è possibile depositare (stake) i propri Ether. Tuttavia, non è possibile ritirarli. Con l’unione delle due blockchain (da cui il termine Merge, Ndr), la situazione è cambiata”.

Il passaggio a questo nuovo protocollo dovrebbe rappresentare l’inizio di una nuova fase che permetterà gradualmente di risolvere le problematiche elencate in precedenza e renderà Ethereum più fruibile per le persone comuni. Transazioni più veloci, una rete più sicura e una riduzione del consumo energetico del 99% sembrano davvero la ricetta vincente per avvicinare la blockchain all’uso nella vita reale.

Sta nascendo infatti una narrazione ESG anche sulle criptovalute: il meccanismo di consenso proof-of-work richiede energia per alimentare i computer che risolvono complessi problemi matematici; il proof-of-stake ne richiede di meno, il che induce qualcuno ad affermare che si tratti di un algoritmo più ‘ESG friendly’. “Questo cambierà il modo in cui molti investitori istituzionali vedono lo spazio degli asset digitali”, afferma Benjamin Dean.

Da “minatori” a “validatori”
“Dal punto di vista tecnico la Merge è stata un successo”, commenta Stefano Bargiacchi di Directa SIM. Le tempistiche sono poi state ottimali, data la crisi energetica che viviamo in Europa. “Lo stesso si può dire riguardo ai ribassi che Ether ha vissuto in queste settimane”, continua Bargiacchi, “che hanno in qualche modo democratizzato l’entrata e soprattutto la possibilità di diventare validatore, rendendola alla portata di un numero maggiore di utenti”.

Nel nuovo protocollo, infatti, i validatori sostituiscono i minatori. Con il vecchio sistema (vale ancora così per Bitcoin) la creazione di nuovi token e la convalida delle transazioni sulla blockchain avveniva attraverso il mining, con il primo miner a risolvere il calcolo computazionale che convalidava la transazione. Ora, invece, su Ethereum i nodi validatori sono scelti con il sistema dello staking. Per diventare staker (cioè validatore) servono un minimo di 32 ETH da depositare. Il validatore verrà poi scelto tramite un sorteggio (che premia però gli utenti con più ETH depositate) e verrà premiato, per farla semplice, con delle commissioni pagate sempre in Ether.

Questo sistema, come detto, è più veloce ed ecologico, ma potenzialmente meno propenso alla “decentralizzazione” tanto cara all’ecosistema blockchain. “Non vedo un pericolo da questo punto di vista”, commenta Stefano Bargiacchi. “I grossi temi del futuro – metaverso, NFT, pagamenti – ci sono tutti”.

Un aspetto da non dimenticare del software open source è che viene modificato nel corso del tempo da comunità attive di sviluppatori; in altri termini il codice base, in questo caso Ethereum, è diverso da quello di qualche anno fa e tra qualche anno sarà diverso da quello attuale. Poi c’è il discorso relativo alla sicurezza informatica, nel caso in cui dovesse verificarsi un bug critico nel codice base aggiornato, e la compatibilità con le tante applicazioni decentralizzate (dApp) che fanno capo al livello di base di Ethereum. “In realtà con la fusione, la sicurezza si è rafforzata”, spiega ancora Bargiacchi. “I punti critici della layer 1 (la blockchain di base) di Ethereum, ad esempio la maggiore lentezza rispetto ad altre piattaforme, sono in realtà i suoi punti di forza da questo punto di vista”.

Opportunità e rischi per gli investitori
“Il mondo delle criptovalute ha vissuto la sua Lehman con il collasso di Terra-Luna lo scorso maggio, perciò sono ottimista sul futuro”, commenta ancora Stefano Bargiacchi. “Credo che per le due principali cripto, Bitcoin ed Ethereum, abbiamo toccato o stiamo per toccare il fondo. Certo, da qui alla fine dell’anno possono esserci altri ribassi, anche importanti, ma questo non toglie che il momento attuale sia decisamente propizio per crearsi una posizione, magari attraverso un PAC mensile o settimanale, su entrambe, ricordando sempre che si dovrebbe dedicare alle valute digitali solo una piccola parte del proprio portafoglio”. Clicca qui per leggere ETP sulle criptovalute, facciamo il punto.

Fino a qui l’investimento in cripto è stato visto come puramente speculativo, ma questa fase di transizione potrebbe cambiare radicalmente la situazione. “Ora su Ethereum si apre davvero la porta a ciò che era una promessa e che adesso è diventata una possibilità concreta: attraverso il sistema di applicazioni decentralizzate, possono entrare su Ethereum altre valute digitali e ovviamente i mercati finanziari regolamentati. Tutte le monete concorrenti, come Solana o Avalanche, prima o poi confluiranno su Ethereum e questo le rende anche meno interessanti, perché alla fine se ho un piede in Ethereum ho un piede anche in molte altre Altcoin”, spiega Bargiacchi.

E Bitcoin, sempre ancorato al protocollo proof-of-work? “Anche Bitcoin sta vivendo una fase di maturazione. Sta scendendo la correlazione con il Nasdaq e a fronte delle politiche monetarie anti-inflazione e della volatilità delle principali valute mondiali - dal dollaro, all’euro, alla sterlina - forse Bitcoin potrebbe davvero assumere il ruolo per cui era stato pensato, cioè di riserva di valore, come un oro digitale”, conclude Stefano Bargiacchi.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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