Secondo gli ultimi dati di Eurostat, il tasso di inflazione nell’area euro ad agosto 2022 ha toccato il valore record del 9,1%, rispetto all'8,9% di luglio (3% ad agosto 2021). Il dato italiano è in perfetta linea con quello dell’Eurozona, mentre nell’Unione europea è stato del 10,1% ad agosto, rispetto al 9,8% di luglio. Insomma, stiamo viaggiando sui livelli più alti da 40 anni a questa parte.
Eppure, se analizziamo i rendimenti dei bond indicizzati all’inflazione europea, scopriamo che stanno perdendo valore. Nel grafico sottostante si mostra l’evoluzione dall’inizio del Bloomberg Barclays Euro Government Inflation-Linked Bond Index, benchmark dell’iShares € Inflation Linked Govt Bond UCITS ETF (IBCI) e del Lyxor Core Euro Government Inflation-Linked Bond (DR) UCITS ETF (EMI), di gran lunga i due ETF più importanti in termini di masse all’interno della propria categoria ed entrambi coperti dalla ricerca qualitativa di Morningstar (il primo ottiene un Analyst Rating pari a Silver e il secondo pari a Gold).
I due ETF (come l’indice) stanno perdendo dall’inizio dell’anno oltre il 7%. Com’è possibile?
Alcuni investitori stanno ricevendo una lezione sulle dinamiche del mercato dei titoli obbligazionari indicizzati dall'inflazione. Il fatto che l'inflazione sia elevata e in aumento non significa che un fondo o un indice inflation-linked guadagni per forza. Anzi, spesso avviene il contrario. Ciò che conta di più, infatti, è quello che si prevede accadrà all'inflazione nei mesi, trimestri e anni a venire.
“Questo è un settore in cui la relazione appare semplice e ovvia: perché non comprarli se l'inflazione sale? In realtà dipende da quello che il mercato prevede che accadrà”, spiega Eric Jacobson, strategist obbligazionario di Morningstar. Insomma, se il mercato ha già prezzato l’aumento attuale dell’inflazione e non prevede altri aumenti in futuro, il valore dei bond legati al costo della vita non ne beneficerà.
Oggi, con l'aumento dell'inflazione, gli investitori si aspettano che la Banca centrale europea agisca in modo più aggressivo per spegnere il fuoco. “Il mercato non reagisce alle notizie sull'inflazione, ma alle aspettative di forza della BCE”, afferma Jacobs. E una BCE prevista in modalità “falco” per i prossimi mesi schiaccia le valutazioni dei bond inflation-linked.
In parole povere, chi ha investito in queste obbligazioni a inizio del 2021, quando non ci si aspettava una fiammata inflazionistica del genere, ne ha sicuramente tratto vantaggio. Chi invece le ha acquistate spinto dalle notizie relative al costo della vita uscite negli ultimi 6-8 mesi non ne sta beneficiando.
Come funzionano
Le obbligazioni indicizzate all’inflazione collegano contrattualmente il capitale e gli interessi dei bond a una misura dell’inflazione riconosciuta su scala nazionale, regionale o globale. Questo tipo di obbligazione è viene tipicamente emesso dal governo di una nazione, e si comporta come un titolo di Stato nominale con cedola periodica e rimborso a scadenza. Tuttavia cedola e rimborso, sono legate all’inflazione, quindi possono crescere nel caso di uno scenario inflazionistico.
Chi investe in un fondo o un ETF, però, è soggetto al valore di mercato dei bond in portafoglio. Da cosa dipende questo valore? Da diverse variabili, ma soprattutto dai tassi d’interesse. Come ogni altro asset obbligazionario, anche i bond indicizzati all’inflazione sono soggetti al rapporto tra duration e tassi d’interesse, solo che in questo caso sono i tassi reali che contano (e non quelli nominali). Ricordiamo che il tasso di interesse reale è il tasso di interesse al netto del tasso di inflazione vigente.
Le giuste domande da porsi
“In questa fase del ciclo di mercato si potrebbe essere tentati di sostituire un portafoglio obbligazionario di base con fondi obbligazionari indicizzati all'inflazione, ma gli investitori dovrebbero essere consapevoli che questi prodotti hanno i loro propri, distinti, meccanismi”, spiega Mara Dobrescu analista obbligazionaria senior di Morningstar. “In particolare, i fondi obbligazionari indicizzati all'inflazione, soprattutto nell'Eurozona e nel Regno Unito, sono solitamente emessi con scadenze più lunghe rispetto ai semplici titoli di Stato. Ciò significa che i fondi obbligazionari indicizzati all'inflazione tendono ad avere una duration molto più lunga, in media, rispetto alle loro controparti obbligazionarie nominali, rendendoli molto più sensibili alle variazioni dei tassi di interesse”.
Questo significa che la loro sensibilità ai tassi potrebbe finire per annullare qualsiasi beneficio derivante dall'indicizzazione all'inflazione, se i tassi di interesse dovessero continuare a salire. “Per gli investitori che desiderano comunque esporsi a questa classe di attività, è meglio limitarla a una porzione minore di un portafoglio più ampio, scegliere un'offerta a basso costo come un fondo indicizzato o un ETF e poi mantenerla a lungo termine, cioè almeno per un intero ciclo di mercato”, prosegue l’analista.
Davanti a una scelta del genere, in primo luogo “l’investitore deve valutare se ritiene più importante proteggere il proprio portafoglio dall'aumento dell'inflazione o da quello dei tassi d'interesse (poiché la scelta di un fondo obbligazionario indicizzato all'inflazione con una duration lunga potrebbe compromettere questo secondo obiettivo). In secondo luogo, nella scelta di un fondo obbligazionario indicizzato all'inflazione, è fondamentale esaminare le commissioni, poiché i prodotti a basse commissioni hanno le migliori possibilità di successo nel lungo periodo”, conclude Dobrescu.
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