È un Paese spaccato in due quello che si appresta a eleggere il prossimo Presidente della Repubblica Federale del Brasile nel ballottaggio del prossimo 30 ottobre tra l’uscente Jair Bolsonaro e l’icona della sinistra sudamericana Luiz Inacio Lula da Silva.
I due – che hanno ottenuto rispettivamente il 43 e il 48% dei voti al primo turno (un divario molto più ridotto di quanto atteso) – si giocheranno l’elezione sul filo. Sebbene una vittoria di Lula rimanga lo scenario più probabile, quasi sicuramente il neo presidente dovrà orientarsi ulteriormente verso il centro e potrebbe essere più difficile per alcune delle sue politiche più estreme trovare i numeri necessari all’approvazione.
Il Brasile è la prima economia del Sud America e la locomotiva dell’intera regione (i titoli brasiliani pesano più del 60% negli indici dedicati all’America Latina). Uno dei principali driver di crescita per l’economia brasiliana è l’energia. L’abbondanza di risorse naturali ha reso il Paese carioca un beneficiario sostanziale del rally dei prezzi delle materie prime. Il grafico sottostante mostra la notevole sovraperformance del mercato azionario brasiliano (+40%) rispetto a quello globale (-12,7%) o anche solo ai mercati emergenti internazionali (-14,5%) dall’inizio dell’anno (dati in euro al 20 ottobre 2022).
“Per quanto riguarda i titoli azionari, ci aspettiamo che il mercato brasiliano cresca con qualsiasi risultato elettorale finale, grazie a diversi fattori”, commenta in una nota Patrice Lemonnier, responsabile azionario mercati emergenti di Amundi. “In primo luogo, riteniamo che la situazione fiscale - un elemento chiave della stabilità finanziaria del Brasile - non sia né buona né catastrofica qualsiasi sia l’esito delle urne. Se Lula dovesse vincere, probabilmente non otterrà un sostegno sufficiente al Congresso per approvare tutte le spese sociali che ha in programma”.
“In secondo luogo, la banca centrale brasiliana ha iniziato il suo ciclo di inasprimento un anno prima della Fed e dovrebbe essere tra i primi Paesi al mondo ad allentare la propria politica monetaria. Questo dovrebbe favorire la ripresa della crescita. Anche le valutazioni sono estremamente convenienti. Il Brasile è isolato dalle turbolenze geopolitiche, è autosufficiente dal punto di vista energetico e dovrebbe beneficiare nel lungo periodo del suo status di potenza agroalimentare”.
Secondo il gestore di Amundi, tuttavia, le azioni brasiliane probabilmente aumenterebbero in misura maggiore in caso di vittoria di Bolsonaro, “poiché le imprese statali e le banche performerebbero meglio”. Ciò è avvalorato dall'annuncio di Lula di voler vendere in patria i carburanti prodotti da Petrobras a un prezzo concordato, anziché ai prezzi internazionali. “A livello settoriale, privilegiamo i beni di consumo e le società che fanno leva sul calo dei tassi di interesse a lungo termine, come quelle delle infrastrutture e del settore immobiliare”, conclude Lemonnier.
Indipendentemente da chi vincerà le elezioni, il prossimo anno sarà probabilmente un “reality check” sulle debolezze macroeconomiche del Brasile, in particolare sulle prospettive strutturali di crescita e sui conti fiscali.
“La crescita brasiliana sembra comunque destinata a rallentare nei prossimi anni a causa della recessione globale”, afferma Edward Glossop, economista dei mercati emergenti di abrdn. “La politica fiscale potrebbe essere allentata, soprattutto con Lula al governo. Ma entrambi i candidati saranno in qualche misura limitati dalla necessità di mantenere la credibilità sui mercati. Nel frattempo, nessuno dei due candidati sembra avere un forte desiderio di interferire con la Banca Centrale Brasiliana, che sembra orientata a ritardare i tagli dei tassi d'interesse finché l'inflazione di base rimarrà stabile”, dice l’economista.
L’offerta italiana
Per gli investitori del Belpaese, sono disponibili sei Exchange traded fund (ETF) facenti parte della categoria Azionari Brasile.
L’MSCI Brazil è il benchmark più comunemente utilizzato; l’indice è composto da 48 titoli e copre l’85% del mercato azionario brasiliano. I componenti sono pesati sulla base della capitalizzazione di mercato aggiustata per il flottante. Le nuove società entranti devono soddisfare dei requisiti minimi di liquidità e di track record. L’indice è rivisto trimestralmente e ribilanciato con cadenza semestrale.
Il benchmark si presenta ampiamente diversificato per settore. Attualmente, il comparto più importante è quello finanziario al 27%, seguito da quello dei materiali e quello energetico (21% e 18%, rispettivamente). C’è una grande concentrazione a livello aziendale (i primi 10 nomi contano per il 61% del portafoglio). Vale (VALE) pesa il 16%, Petrobras (PBR) l’8% e ITAU UNIBANCO (ITUB) il 7,6%.
Il Franklin FTSE Brazil UCITS ETF (FLXB), invece, traccia il FTSE Brazil 30/18 Capped Index, un benchmark esposto a 89 società brasiliane a grande e media capitalizzazione di mercato. La società più grande dell'indice è limitata a un massimo del 30% della capitalizzazione dell'indice, tutti gli altri componenti a un massimo del 18%. Il podio dei nomi più importanti è uguale a quello visto per l’indice MSCI e anche la ripartizione settoriale è simile. In compenso, complice anche il maggior numero di componenti, il portafoglio risulta leggermente più diversificato (i primi 10 titoli pesano il 54% del portafoglio).
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