Energia: Italia dipendente dall’estero all’80%, cosa serve per cambiare

Secondo Daniele Cat Berro (MainStreet Partners) le parole d’ordine per il futuro sono elettrificazione e rinnovabili. Trivellare il nostro territorio può dare una mano temporanea ma non è un passaggio risolutivo. Mercato dei green bond italiani in crescita, ma serve più diversificazione. 

Valerio Baselli 08/11/2022 | 09:14
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Valerio Baselli: Buongiorno e benvenuti. In occasione della COP27, cioè la 27esima edizione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – che si sta tenendo proprio in questi giorni a Sharm El Sheikh in Egitto – Morningstar pubblica una serie di approfondimenti sul tema dell’energia.

A discuterne con me oggi c’è in collegamento Daniele Cat Berro, analista ESG e investimenti a impatto di MainStreet Partners.

Daniele, voi avete recentemente pubblicato un’analisi molto interessante sull’indipendenza energetica italiana. Partirei dalla fotografia attuale. Qual è oggi la situazione in Italia riguardo all’approvvigionamento energetico?

Daniele Cat Berro: Il fabbisogno energetico italiano, e non parliamo solo di energia elettrica ma anche di altre fonti di energia, quali ad esempio la benzina delle nostre auto, è soddisfatto principalmente dalle seguenti fonti: il 40% da gas, il 35% da petrolio, il 5% da carbone e il 20% da energie rinnovabili. È importante questo 20% perché corrisponde anche a quanto è la nostra autonomia, a livello di fabbisogno energetico siamo dipendenti all’80% da fonti estere, là dove la media dell’UE è del 60%. L’altro numero importante è quel 40% di gas, perché all’interno di questo, fino a pochi mesi fa il 40% derivava dalla Russia, quindi la Russia riforniva per il 16% del nostro fabbisogno energetico totale. Da questi due dati si evince come l’Italia sia stata ed è tuttora in una posizione molto delicata dal punto di vista energetico.

Baselli: Alla luce della forte dipendenza italiana dalle importazioni estere (e anche della situazione geopolitica attuale), quali sono i passi da compiere verso una maggiore autonomia?

Cat Berro: Sicuramente nel medio-lungo termine le parole chiave sono elettrificazione ed energie rinnovabili. Elettrificazione perché come dicevo il fabbisogno non riguarda solo energia elettrica ma anche altre fonti, che sono principalmente fossili, di cui non siamo molto ricchi sfortunatamente e quindi abbiamo bisogno di elettrificare e aumentare fortemente la nostra produzione di energie rinnovabili.

Secondo uno studio sviluppato da Ambrosetti in collaborazione con A2A, nel giro di 10 anni potremmo coprire il 58% circa del fabbisogno tramite fonti di energia rinnovabile quali eolico, idroelettrico e solare, ma anche biometano e l’utilizzo corretto dei rifiuti. Questo va inoltre inserito in un contesto europeo, di cui l’Italia fa parte, dove abbiamo dei vincoli e degli obiettivi, quali per esempio raggiungere il 45% di energia rinnovabile entro il 2030.

Baselli: L’Italia ha un forte potenziale per quanto riguarda l’energia rinnovabile, ma ha anche la possibilità di estrarre gas sul proprio territorio, un’attività che per diverse ragioni è stata progressivamente abbandonata negli anni. Una strada esclude l’altra? O per raggiungere l’obiettivo di una maggiore indipendenza energetica bisogna percorrerle entrambe?

Cat Berro: No, una strada non esclude l’altra, perché come abbiamo detto non è solo fabbisogno di energia elettrica, ma anche di altri tipi, e sicuramente è anche utile sfruttare le risorse che abbiamo noi, anche se non sono così consistenti, perché il gas certo, totale, sul territorio italiano è all’incirca di 90 miliardi di metri cubi. Se pensiamo che l’Italia consuma circa 75 miliardi di metri cubi, possiamo arrivare nel giro di 4-5 anni a estrarre 6, massimo 7, miliardi di metri cubi. Può sicuramente aiutarci, ma non è sicuramente un passaggio risolutivo verso il nostro problema di indipendenza energetica. Forse anche questi numeri supportano il concetto di elettrificazione e delle rinnovabili.

Baselli: La transizione energetica richiede ingenti sforzi e investimenti. Il 2021 è stato un anno record per i green bond italiani. Qual è il vostro outlook su questo settore e quali sono le aziende italiane più attive in questo senso?

Cat Berro: Sì, il mercato italiano è molto rilevante a livello di green bond, perché pesa il 4-5% di quello globale, anche grazie a un’annata record nel 2021 appunto con circa 21 miliardi di emissioni, anche grazie a 8,5 miliardi di emissioni di debito sovrano. Nel 2022 abbiamo iniziato l’anno un pochino più a rilento, soprattutto per quelli che sono gli emittenti d’eccezione nel settore della produzione e trasmissione di energia, quali ad esempio Enel (ENEL), Terna (TRN), A2A (A2A), che hanno avuto un inizio d’anno più lento anche a causa della volatilità sul mercato internazionale dell’energia che è più che plausibile.

Hanno invece compensato un pochino i finanziari in questo contesto, storicamente pesavano il 15% delle emissioni, invece adesso pesano circa il 25% in questa parte di anno. Ci aspettiamo comunque che il 2022 possa essere vicino ai livelli del 2021 in emissioni totali, vista anche un’altra emissione rilevante, da circa 6 miliardi, da parte del governo italiano.

Nel 2023 le società nel campo dell’energia dovrebbero riprendere il loro scettro nel mercato dei green bond italiani e noi ci auspichiamo un aumento della diversificazione nelle emissioni, sia a livello settoriale – abbiamo avuto una bassa diversificazione, con alcuni settori tipo i beni di consumo che si devono ancora affacciare a questo mondo e il Real estate che al momento è stato rappresentato solamente da un’emissione di WeBuild (WBDR) e quindi c’è molto potenziale; la diversificazione è auspicabile anche a livello di emittenti, poiché i 15 emittenti principali fino a ora sono appartenenti o al settore finanziario o a quello di produzione e trasmissione di energia.

Baselli: Grazie ancora a Daniele Cat Berro. Per Morningstar, Valerio Baselli, alla prossima.

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Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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