Enel è tra le peggiori utility europee nel 2022. Da inizio anno il titolo ha perso circa il 30% (in euro al 4 novembre 2022), sottoperfomando largamente la media dei competitor della regione (rappresentati dall’indice Morningstar DM Europe Utility).
Figura 1
A pesare sulla negativa performance di Borsa di Enel sono stati in particolar modo la sua più bassa sensibilità alla crescita del prezzo dell’energia, una maggior esposizione al rischio politico, cioè a misure governative volte a ridurre l’impatto del caro bollette sui consumatori, e la possibilità di un taglio del dividendo in seguito al forte indebitamento del gruppo.
Il peso del debito
La sostenibilità finanziaria è storicamente un punto debole di Enel ed è sempre stata sotto osservazione da parte del mercato da quando il debito dell’azienda è lievitato per finanziare l’acquisizione di Endesa nel 2007, un’operazione molto costosa perché finalizzata a prezzi di mercato molto elevati.
Uno scenario simile sembra ripetersi in questi anni. Ogni anno, nel mese di novembre, Enel pubblica i suoi obiettivi finanziari per i tre anni successivi e quello che succede da quattro anni a questa parte, ovvero dal business plan 2018-2020, è che il management è sempre stato costretto a rivedere al rialzo le stime sul debito. Questi capitali stanno finanziando i crescenti investimenti nel settore delle energie rinnovabili, ma se fino a poco tempo fa l’azienda poteva contare su tassi di interesse molto bassi, ora il costo del denaro è in costante aumento.
Le guidance del gruppo relative all’indebitamento netto previsto per il 2022 implicano un rapporto Debito netto/Ebitda pari a 3,2, più alto rispetto al 2,9 inserito nel piano strategico 2022-24, e prevediamo che il management corregga al rialzo anche le stime che pubblicherà nel prossimo business plan 2023-25.
Considerate queste prospettive, riteniamo probabile un downgrade del merito creditizio dell’azienda da parte delle agenzie di rating. S&P ha già espresso la possibilità di un taglio del rating di Enel se il rapporto Flussi di cassa netti/Debito netto non dovesse salire al 20% entro il 2022, cosa che potrebbe verificarsi se il gruppo si trovasse ad affrontare un contesto regolamentare e fiscale avverso nei suoi mercati principali.
Cosa succederà alla cedola?
Il dubbio, quindi, è se Enel sarà in grado di portare avanti il suo piano di investimenti e di continuare a pagare il dividendo nonostante i maggiori costi di finanziamento causati dall’aumento dei tassi di interesse e dal deterioramento del suo merito creditizio. A nostro avviso, sarà difficile per l’azienda evitare di fare delle correzioni in una direzione o nell’altra.
Le azioni Enel offrono un dividend yield attorno all’8%, molto più alto del rendimento dei titoli di Stato italiani con scadenza a 10 anni, ma nel business plan pubblicato lo scorso novembre il management ha acceso una spia d’allarme per gli azionisti: in base al piano aziendale, infatti, è stimata una crescita piatta della cedola nel 2024 (anno/anno), e questa sarebbe la prima volta dal 2013 che Enel non aumenta il dividendo e darebbe un segnale al mercato che siamo vicini a un punto di svolta.
La decisione di tagliare la nostra valutazione del fair value del 10%, da 8 a 7,2 euro per azione (in vigore dal 26 ottobre 2022), deriva dal forte aumento degli oneri finanziari atteso per i prossimi anni, a causa del maggiore indebitamento, che ci ha spinto a rivedere al ribasso le stime sulla crescita futura degli utili del gruppo. Nel terzo trimestre, infatti, l’azienda ha riportato un calo dell’utile netto del 9% e ha abbassato la sua guidance per il risultato di fine anno.
Enel resta la seconda utility più sottovalutata dal mercato tra quelle coperte dalla nostra analisi, dietro solo alla britannica Centrica, con un rapporto Prezzo/Fair value di 0,63, e ipotizziamo che le azioni perderanno ulteriore terreno nelle prossime settimane, quando l’azienda, nel suo consueto appuntamento annuale del Capital Markets Day, potrebbe tagliare le stime sugli utili attesi nel 2023 e nel 2024.
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