Lo sprint dell’America latina nel mese di ottobre aumenta ulteriormente il gap della regione nei confronti dei mercati globali. Lo scorso mese, l’indice Morningstar Emerging Americas ha guadagnato l’8,5% (in euro) sovraperformando di oltre 300 punti base il benchmark Morningstar Global Markets. Dopo questo risultato la performance complessiva dei paesi dell’America emergente da inizio anno è salita a +21,09%, circa 30 punti percentuali in più rispetto alla media dei listini globali e quasi 40 punti meglio del mercato europeo.
Le performance ai raggi X
Il contributo maggiore a questo risultato è arrivato dai listini brasiliani, che pesano per il 64% circa della capitalizzazione di mercato complessiva dell’indice della regione e che nel periodo preso in considerazione sono saliti del 37% (in euro). Il Messico, che conta per il 24,3% della performance del benchmark, ha guadagnato il 15%, mentre il Cile (che incide per il 6,5%) ha registrato il secondo risultato migliore guadagnando il 34%. L’unica nota stonata tra i mercati dell’America emergente è quella della Colombia (-11%), il cui peso sulla capitalizzazione di Borsa dell’indice non raggiunge il 4%.
Il Brasile è la prima economia del sud America e uno dei principali driver della crescita del Prodotto interno lordo del paese sono le materie prime. L’abbondanza di risorse naturali ha permesso al Brasile di beneficiare del rally dei prezzi delle commodity, come dimostra il forte contributo dei settori energia e basic materials alla performance complessiva dell’indice Morningstar Brazil. I due comparti pesano complessivamente per circa un terzo della capitalizzazione di mercato del benchmark e nel periodo preso in considerazione hanno guadagnato rispettivamente l’80% e il 12% (in euro). I finanziari, che invece rappresentano il 25% dell’indice Morningstar Brazil, sono saliti del 50% grazie ai rendimenti stellari di Itau Unibanco Holding (+81%) e B3 SA - Brasil Bolsa Balcao (+71%).
Il Messico, diversamente dalla maggior parte dei paesi della regione, ha un’economia che non si regge sulle materie prime, pur essendo il dodicesimo produttore al mondo di petrolio, ma sul settore manifatturiero e dei servizi, in particolare quelli finanziari. I titoli industriali e finanziari, che insieme contano per circa il 30% della capitalizzazione di mercato dell’indice Morningstar Mexico, hanno guadagnato da inizio anno rispettivamente il 40% e il 23%. Ma è stato il comparto consumer defensive che, con il suo peso del 30% e un rendimento del 21%, ha dato il maggior contributo alla performance del benchmark da inizio anno.
L’indice Morningstar Chile è stato trainato dai settori materie prime e finanza, che pesano complessivamente per circa il 60% della capitalizzazione di Borsa del benchmark e che hanno guadagnato da inizio anno rispettivamente il 95% e il 30% (in euro). A spingere le performance di questi comparti sono stati soprattutto i rialzi del titolo Sociedad Quimica Y Minera De Chile, tra le commodity, che ha fatto segnare +125%, e di quello Banco de Chile, tra i finanziari, che è salito del 43%.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi
L’economia brasiliana è cresciuta del 4,6% nel 2021 e il ministero dell'Economia a maggio ha aggiornato le previsioni di crescita del Pil per il 2022 portandole dall’1,5 al 2%. In questi due anni il paese ha beneficiato degli alti prezzi delle materie prime che hanno spinto le esportazioni ma, dicono gli analisti di Deloitte, nei prossimi mesi il quadro macroeconomico potrebbe peggiorare: “Se da una parte i miglioramenti nel mercato del lavoro e l’allentamento della stretta della Banca centrale sui tassi di interesse promettono di spingere la domanda interna, dall’altra, il rischio di una recessione globale potrebbe frenare l’export, che invece è stato il motore dell’economia carioca negli ultimi due anni”, dice Michael Wolf, Global economist di Deloitte.
Discorso analogo vale anche per il Messico. Gli analisti di BBVA hanno alzato le stime di crescita per il 2022 da 1,2% al 2%, ma si aspettano per i prossimi mesi un rallentamento dell’economia del paese. “Le interruzioni delle supply chain a causa dell’esplosione del Covid e, ancora prima, le tensioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cina, hanno reso il Messico un partner commercial privilegiato per le aziende statunitensi, un fenomeno che è confortato dai dati relativi alla crescita del settore manifatturiero nel paese e della correlazione tra gli indici della produzione industriale di Messico e Usa. Tuttavia, il rischio dell’avvio di una fase di recessione negli Stati Uniti potrebbe mettere un freno a questo importante driver di crescita, mentre l’impennata dell’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse minacciano di contrarre i consumi e gli investimenti interni. Per questa ragione abbiamo tagliato la stima di crescita del Pil per il 2023 dal 2,1% all’1,6%”, dice Javier Amador, Principal Economist di BBVA.
Il Cile è stato uno dei primi paesi della regione in grado di far tornare l’economia sui livelli pre-Covid. Già nel 2021 il Pil del paese aveva superato dell’8% i valori registrati prima della pandemia grazie a un progresso dell’11,9% (anno/anno) spinto dalla forte crescita dei consumi interni. Ma già nel 2022 è previsto un brusco rallentamento dell’economia, a +1,4%, mentre nel 2023 è attesa una crescita piatta a +0,1% (dati OCSE, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, a giugno 2022).
Secondo gli analisti dell’OCSE, infatti, l'inflazione elevata, l'aggressiva posizione restrittiva della Banca centrale e il ritiro delle misure fiscali straordinarie del Governo limiteranno i consumi delle famiglie, mentre l’aumento dei tassi di interesse e l'incertezza che circonda i progetti di riforma della costituzione avranno l’effetto di frenare gli investimenti delle imprese.
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