In base alle attuali quotazioni di mercato, le utility europee sono scambiate mediamente a un tasso di sconto di circa il 15% rispetto al loro fair value. Negli ultimi cinque anni, il comparto non è mai stato così sottovalutato dal mercato, mentre il Price/Earning medio del settore ha toccato il punto più basso da 10 anni a questa parte a quota 11,3.
L’indice Morningstar DM Europe Utility ha ceduto il 15% circa da inizio anno (al 31/10/2022 in euro), sovraperformando di poco il risultato registrato dal mercato europeo. Questo dato sorprende perché, diversamente dalla maggior parte dei comparti economici, il settore delle utility è stato meno esposto alla crescita dell’inflazione per via dell’aumento dei prezzi all’ingrosso dell'energia e dell’indicizzazione all’inflazione della maggior parte dei ricavi dei gestori delle reti elettriche.
Figura 1:
Effetto tassi di interesse
Come si spiegano, quindi, le basse valutazioni delle utility europee? Gli analisti di Morningstar individuano due fattori che potrebbero in qualche modo giustificare la recente performance del segmento: la risalita dei tassi di interesse e la crescita del rischio politico.
In Europa, le utility sono il secondo settore maggiormente indebitato dietro a quello immobiliare. In base ai dati raccolti da PitchBook a fine 2021, infatti, le aziende di pubblica utilità hanno mediamente un rapporto Debito/Ebitda (leva finanziaria) pari a 3,2, il più alto dopo il 5,5 delle aziende del real estate. E questo spiegherebbe l’elevata sensibilità ai tassi di interesse dei titoli del comparto dopo un periodo molto lungo in cui il costo del denaro è stato ai minimi storici.
L’aumento del costo del denaro, e dunque degli oneri finanziari, ha costretto gli analisti a tagliare le previsioni sulla crescita media degli utili per azione per i prossimi cinque anni delle società del comparto dal 4,5% al 2,3%, ma questo, tuttavia, non sarebbe comunque sufficiente a spiegare l’eccessivo scetticismo da parte del mercato.
L’aumento dei tassi di interesse, comunque, non ha avuto gli stessi effetti su tutte le aziende del settore. Le società attive nei paesi del Mediterraneo, come Enel, e le utility maggiormente esposte al segmento delle rinnovabili, come Orsted, sono quelle che hanno accusato maggiormente l’effetto della risalita dei tassi di interesse nel Vecchio continente a causa del loro elevato livello di indebitamento, salito per finanziare gli investimenti in energie alternative. Dall’altra parte, invece, ci sono società come Veolia e Centrica che hanno una leva finanziaria più bassa e che hanno pianificato un ulteriore riduzione dell’indebitamento nei prossimi anni grazie agli elevati flussi di cassa prodotti.
Lo yield è meno attraente
Il secondo effetto negativo riconducibile alla risalita dei tassi di interesse è legato alla crescita del rendimento dei titoli governativi, che rende meno attraenti i dividend yield delle utility. Il valore mediano dello yield offerto dai titoli del settore è in linea con quello medio registrato negli ultimi 20 anni, pari al 4,5%. Ma quello che è cambiato è il premio offerto da queste azioni, in termini di rendimento rispetto ai bond governativi a dieci anni, che è sceso all’1,5% rispetto a una media del 2,7 degli ultimi 18 anni. Stando alle stime degli analisti di Morningstar, il quadro potrebbe peggiorare in futuro. Il payout medio del settore dovrebbe aver toccato il picco massimo nel 2022, grazie all’aumento dei prezzi dell’energia, ma è destinato a scendere progressivamente a causa della contrazione degli utili prodotta dalla risalita dei tassi di interesse.
Il titolo più interessante dal punto di vista del dividendo, secondo gli analisti di Morningstar, è Endesa. “L’azienda ha tagliato la cedola nel 2021 in seguito alla riduzione del payout dall’80% al 70%, ma adesso quest’ultimo si è stabilizzato e in base alle nostre previsioni la cedola dovrebbe salire a un ritmo del 4,8% nei prossimi cinque anni, mentre al momento il titolo garantisce uno yield del 6,1%”, dice Tancrede Fulop, analista azionario di Morningstar.
Il rischio politico
Il secondo fattore che deprime le valutazioni di mercato delle utility europee è la crescita del rischio paese, a causa delle dinamiche tipiche di questo settore. Quello che succede, infatti, è che quando i prezzi del gas o dell’energia elettrica crollano, come è successo in passato, ad esempio tra il 2009 e il 2016, gli effetti di tali variazioni impattano quasi esclusivamente sulle aziende, e quindi anche sui loro azionisti, mentre quando i prezzi salgono i governi intervengono per proteggere l'utente finale attraverso l’introduzione di un tetto al prezzo o di tasse sui profitti societari, come sta succedendo in questi mesi. E questo ha delle ripercussioni sui conti delle utility. Anche in questo caso il quadro europeo è molto variegato, si passa da mercati in cui il rischio paese è più accentuato, come nel caso di Italia e Spagna, ad altri in cui l’intervento dello Stato non ha penalizzato i risultati delle società, come nel caso della Germania. Questo aspetto, dicono gli analisti, è importante nel processo di selezione dei titoli.
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