Perché il calcio è diventato un investimento?

Marchio, stadio e tifoseria possono rendere i club calcistici un asset di valore, ma senza trofei in bacheca anche le migliori squadre del mondo possono produrre performance deludenti in portafoglio.

James Gard 13/12/2022 | 11:40
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Portugal having a meltdown

Con una Coppa del Mondo invernale in pieno svolgimento, il calcio è sotto la luce dei riflettori e le star del football, come Lionel Messi e Kylian Mbappé, sono all'altezza del loro clamore e dei loro prezzi, per la gioia del loro club.

Uno di questi due giocatori potrebbe alzare la Coppa del Mondo tra qualche giorno, il che senza dubbio frutterà nuove opportunità di sponsorizzazione, branding e merchandising per i singoli – e aumenterà il valore del loro team, il Paris Saint-Germain, club francese gestito dall'uomo d'affari del Qatar Nasser Al-Khelaifi. Il valore di una squadra è maggiore rispetto alla somma del valore dei singoli componenti, ovviamente, ma avere una squadra di superstar aiuta enormemente in questa fase ricca di M&A nel settore dello sport. 

La parola d'ordine degli Stati Uniti
Il calcio ha sempre un forte appeal, specie nell’anno dei mondiali, e questo, dunque, sembra essere un momento propizio per mettere in vendita un club di calcio. Il 2022 è stato un anno impegnativo per il mercato delle squadre di calcio e, con il Chelsea FC e l’AC Milan già fuori dai giochi, le prossime a passare di mano potrebbero essere il Liverpool e il Manchester United, quest’ultima quotata a New York. 

Storicamente, l'acquisto di una squadra di calcio è stato sempre appannaggio di miliardari che cercavano di guadagnare influenza e legittimità attraverso il football. Così cantavano i Pink Floyd nel pezzo Money: "macchina nuova, caviale, un sogno a occhi aperti a quattro stelle. Penso che mi comprerò una squadra di calcio". Ai giorni nostri, i soldi degli uomini facoltosi fanno ancora la loro parte, ma è cresciuto enormemente il ruolo dei fondi di private equity.

Ma perché i club vengono venduti a somme così alte? Un anno deludente per gli asset convenzionali e per le criptovalute potrebbe essere una delle cause.

Le IPO sono state scarse, le criptovalute sono crollate e questo potrebbe aver indotto chi detiene capitali elevati a guardare verso asset alternativi o "reali". È vero che i club hanno uscite elevate a causa del monte ingaggi, ma portano con sé anche molte entrate (pandemia a parte) e redditizie opportunità di brand/marketing/sponsorizzazione.

Nessun investimento è per definizione a prova di inflazione o recessione, ma gli appassionati di calcio sono sempre disposti a spendere per la loro squadra del cuore. Negli ultimi 20 anni, ad esempio, la domanda per gli abbonamenti della Premier League si è dimostrata scarsamente elastica al prezzo (varia poco al variare del prezzo), e per la stagione in corso la media di un abbonamento annuale è di circa 1.000 sterline.

Bisogna inoltre sottolineare come ci sia stato uno spostamento del potere finanziario dagli investitori cinesi/russi a quelli del nord America e del Medio Oriente, con questi ultimi che hanno beneficiato del forte aumento del prezzo del petrolio. 

Il nord America, inoltre, ospiterà la prossima Coppa del Mondo nel 2026 e i magnati della regione sono profondamente coinvolti nel calcio europeo: il Liverpool è di proprietà di John W. Henry tramite Fenway Sports Group, il miliardario Todd Boehly faceva parte del consorzio che ha acquistato il Chelsea FC. E sia Henry che Boehly hanno esperienza nell’investire nello sport attraverso squadre di baseball di successo come i Boston Red Sox e gli LA Dodgers.

Inoltre, i fondi di private equity statunitensi sono in prima linea nell’investire nuovi capitali nel football: la società californiana Clearlake si è aggiudicata la proprietà del Chelsea FC e RedBird Capital, con sede a New York, ha acquistato l’AC Milan.

Perché il calcio e perché adesso?
“Ci sono diverse ragioni a favore dell’investimento in una squadra di calcio”, sostiene Luis García Álvarez, portfolio manager del MAPFRE AM Behavioral Fund e co-direttore dell'Executive Program on Investment in Value and Behavioral Finance dell’ICADE Business School. “Rispetto al passato, alcuni club (sfortunatamente non tutti) sono gestiti bene dal punto di vista finanziario e i manager delle società (fuori e dentro il campo) sono sempre più professionali e ben preparati. Poi, c’è da considerare il fattore della scarsità.

Questo arrivo in massa di nuovi investitori in un mercato in cui l'offerta è quasi completamente anelastica (il che significa che è praticamente impossibile creare nuove squadre di calcio da zero), sta causando un forte aumento dei prezzi di questi asset e questa tendenza potrebbe continuare. Secondo noi, questo afflusso di nuovo denaro dovrebbe tradursi in rendimenti interessanti per coloro che sono in grado di guardare avanti e selezionare gli asset giusti”.

Anche la concezione degli stadi come a vere e proprie risorse infrastrutturali aiuta a rendere l’investimento più attraente. "Se gli stadi includono spazi adatti ad ospitare convegni, concerti o altri eventi sportivi, perché i club proprietari di queste strutture dovrebbero limitare le loro attività commerciali a ospitare una partita una volta ogni due settimane?"

D’altro canto, però, la vasta eco mediatica del calcio potrebbe essere un'arma a doppio taglio. Da una parte fa salire l'attenzione verso eventi come la Coppa del Mondo o gli Europei (ogni quattro anni), ma dall’altra potrebbe indurre gli investitori a pagare più del dovuto, perché sedotti dalla qualità delle star, dalla forza del marchio o dalla fedeltà dei fan.

Avere un numero elevato di sostenitori e un brand di valore può essere importante, ma i trofei sono l'unica metrica chiave nel mondo del calcio: club storici come Manchester United e AC Milan non vincono la Champions League dal 2007-2008, mentre il Manchester City (non in vendita) ha vinto la Premier League cinque volte negli ultimi 10 anni. E il Paris Saint Germain? Può avere giocatori e soldi, ma nella sua bacheca non c’è ancora una Champions League.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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James Gard  Editor di Morningstar

 

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